Quando nel settembre scorso vi avevamo dato la notizia della condanna all’ergastolo dei due assassini di Vittorio Arrigoni, tanto per l’ammontare della pena quanto per il fatto che si era evitata la pena di morte, sembrava che giustizia fosse fatta. Ma oggi, 19 febbraio, la decisione del Tribunale Militare di Gaza ha rovesciato gli esiti della scorsa sentenza.
“L’alta corte militare ha accettato l’appello presentato da Mahmud al-Salfiti e Tamer al-Husasna per la riduzione della loro pena dai lavori forzati e dall’ergastolo a 15 anni di reclusione”. Queste le parole con cui, secondo quanto sostiene al-Jazeera, un giudice del tribunale militare di Gaza ha accolto l’appello presentato dai due radicali salafiti accusati di essere gli autori del sequestro e dell’omicidio avvenuto il 14 aprile 2011, dell’attivista italiano “Vik”.
Un’udienza di una durata totale di 5 minuti, come spiega la cooperante Meri Cavelli a Nena-news, che fa facilmente intuire come le parti avessero già raggiunto un accordo precedente alla seduta del tribunale. L’alleggerimento della pena, come spiega l’avvocato dei due imputati Mohammed Zaqut, la cui richiesta iniziale in appello di riduzione della pena era a 10 anni, è connaturato al fatto che la condanna dei due salafiti è ora limitata al solo sequestro di Arrigoni e non più al suo omicidio.
Una decisione che fa gridare allo scandalo tanto per la drastica diminuzione della pena quanto per le prospettive che questa depenalizzazione potrebbe portare: Questa sentenza del Tribunale Militare potrebbe infatti aprire la strada ad una rapida scarcerazione dei due in caso di buona condotta.
Pare inoltre che sia stato presentato un ulteriore ricorso da parte del terzo imputato per il sequestro-omicidio di Vittorio Arrigoni, Khader Jram, precedentemente condannato a 10 anni di reclusione. Il suo caso sarà analizzato la prossima settimana, precisamente domenica. Nel caso le istanze dell’imputato vengano accolte potrebbe portare ad una sua immediata scarcerazione in virtù del fatto che Jram ha già scontato un anno e mezzo di galera.
Stefano Zambon
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