Un paesaggio esotico e una ricca fauna marina. L’Isola Kabung ha un grande potenziale, con i suoi palmeti e le sue colline piene di chiodi di garofano e noce moscata; la saggezza della gente locale ha inoltre reso le attività tradizionali di pesca un forte richiamo per gli amanti della natura.PARTE SECONDA (vedi qui la prima parte)
“Sono di due tipi le acciughe che vengono comunemente raccolte dai pescatori dell’isola Kabung, le acciughe lisce e quelle ruvide,” spiega Deki Septiani, 22 anni, residente del posto e pescatore di professione.
Dopo aver parlato con Deki, nel pomeriggio facciamo un’escursione in canoa, dirigendoci verso una Bagan, per osservare da vicino il processo di lavorazione del pesce, che viene messo sotto sale secondo il metodo tradizionale.
Per prima cosa la Sungkur, ovvero una rete di forma rettangolare, viene calata in mare ad una profondità di circa 8 metri, utilizzando uno strumento rotante costituito da aste di legno. Poi due luci vengono abbassate sul pelo dell’acqua, ma senza toccarla, a circa tre metri di distanza dalla superficie. L’obiettivo è di catturare l’attenzione dei pesci, attratti dalla luce, per raccoglierli sotto la Bagan. Tuttavia i pesci non si riuniranno immediatamente, è necessario attendere 1 o 2 ore.
Quando una gran quantità di pesci si annida sotto la luce delle lampade, queste vanno rimosse il più in fretta possibile, ed anche la Sungkur viene recuperata grazie al movimento rotante. Poi il pesce viene raccolto utilizzando il Serok, e viene poi inserito nei Ragak, che sono costituiti da bambù intrecciato. Quando è molto – comunemente per ottenere un buon numero di acciughe e seppie si lavora da mezzanotte sino al mattino – il pesce viene raccolto nei Keranjang.
“In una notte posso raccogliere acciughe fino a riempire 10 cesti. Un cesto è in grado di contenere fino a 16 kg di pesce. Ma le condizioni sono diverse da luglio ad ottobre, il bottino dei pescatori è consistente. Perché in quei mesi il clima è molto tranquillo, tanto che si devono adoperare più cesti,” dichiara Deki.
Dopo essere portati al villaggio, il pesce e le seppie sono pronti per essere lavorati e messi sotto sale. In questa fase per prima cosa il pesce dev’essere lavato con acqua di mare, per rimuovere lo sporco e le squame attaccatesi al pesce. In seguito viene cotto nel Pawon, un forno apposito. Nel corso di questo processo viene aggiunto il sale. Dopo la bollitura, il prodotto è rimosso ed asciugato. Poi viene messo ad essiccare al sole.
“Se il tempo è bello, allora il processo richiede solamente 6 ore all’incirca. Se l’essiccatura inizia alle 7 del mattino, verso mezzogiorno si può ritirare il pesce,” spiega Deki. E quando tutto il pesce è stato essiccato, le acciughe vengono rimesse nei cesti e sono pronte per essere portate al mercato.
Per le seppie essiccate il processo di lavorazione è leggermente diverso. Secondo Deki esistono due tipologie di lavorazione, si possono bollire oppure no. “Le seppie non cotte non necessitano di sale, ma vengono solamente prelevate e poi asciugate al sole sino ad essiccatura avvenuta,” aggiunge il giovane, padre di un bambino.
I chiodi di garofano, un prodotto delle piantagioni
Oltre al pescato, l’isola Kabung possiede anche un prodotto di spicco per quanto riguarda le piantagioni, stiamo parlando dei chiodi di garofano. Questa pianta, il cui nome latino è Syzygium aromaticum, appartiene alla famiglia delle jambu (Myrtaceae), un tipo di vegetazione di origine indonesiana, che domina ogni angolo dell’isola, sino in cima alle colline.
Sono due i generi di piante che crescono in questa zona, i chiodi di garofano di Zanzibar e quelli locali, che la popolazione chiama chiodi di garofano della foresta. Tuttavia quelli di Zanzibar sono preferiti ai prodotti locali. Oltre alle grandi dimensioni dei frutti, i cespugli fioriti sono lussureggianti, dando origine a frutti può abbondanti.
“Le piante della varietà di Zanzibar sono più produttive, circa 50 contro i 20 chilogrammi dei chiodi di garofano della foresta, inoltre il prezzo di vendita è anche più alto,” spiega Andi Baharudin, agricoltore di chiodi di garofano dell’isola. “Per un chilo di chiodi di garofano di Zanzibar il costo è di 90 mila rupie, meno di 9 euro, e se il prezzo si abbassa, non scende comunque di molto, c’è una bella differenza con il costo dei chiodi di garofano della foresta,” aggiunge ancora.
Decidiamo poi di osservare da vicino il processo di scelta di questi frutti, sino all’essiccazione secondo il metodo tradizionale della popolazione locale. La strada è fangosa a causa della pioggia scesa la notte precedente, il sentiero in collina è ripido per arrivare alle piantagioni di chiodi di garofano.
Sull’albero vediamo i chiodi di garofano che vengono tolti uno ad uno dallo stelo. Ma bisogna fare attenzione a salire su quest’albero, poiché i rami della pianta di chiodi di garofano sono famosi per essere molto fragili, perciò è necessario muovere le gambe con agilità, altrimenti si rischia di cadere. In seguito i chiodi di garofano raccolti vengono posti nel ‘Penyedok’, uno strumento tradizionale per il trasporto dei prodotti delle piantagioni, come i frutti del raccolto, fatto dello stesso materiale delle ‘Sungkur’.
Quando il ‘Penyedok’ è pieno, i chiodi di garofano vengono riportati al villaggio per il procedimento successivo. Si tratta del Biting, la procedura per separare il gambo dai chiodi di garofano. Questa operazione può essere svolta da chiunque. Ma richiede una certa velocità di movimento. “In un’ora si dovrebbe essere in grado di completare il lavoro per 10 chili di chiodi di garofano,” afferma un residente.
Quando il processo di Biting è concluso, i chiodi di garofano vengono essiccati per due giorni al sole. Una volta secco, il prodotto è pronto per il mercato, per essere poi utilizzato come spezia in cucina, come materiale per le sigarette e molto altro.
Forse questo non è il periodo giusto per osservare le attività di raccolta dei chiodi di garofano, ci ricordano che non è ancora giunto il tempo propizio per il raccolto. Perché solitamente i proprietari terrieri non sono in grado si raccogliere i chiodi di garofano da solo. In genere assumono qualche lavoratore stagionale, da cinque a dieci persone per ogni terreno. “E se fossimo nella stagione del grande raccolto, in un giorno potremmo ricavare ben 200 chilogrammi di chiodi di garofano per ogni appezzamento,” afferma un cittadino locale.
Profilo dell'autore
- Sono nato e vivo tutt'ora in Indonesia. Una nazione plurale, multiforme, con migliaia di isole, migliaia di tradizioni, di etnie, di lingue locali. Sono 11 anni che lavoro nel mondo del giornalismo, ho iniziato da un piccolo giornale locale, per poi diventare inviato televisivo per un'emittente nazionale. Ora, oltre a scrivere per Frontiere News, lavoro come giornalista full time per un rivista internazionale, e faccio anche il Freelance. Sono sposato con una donna italiana, che mi continua a dare l'energia per scrivere. Non sono un amante della politica, ma nei miei articoli cerco di trasmettere il mio amore per la natura, le tradizioni e le usanze dei popoli.
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