“La rivolta è iniziata con il sangue del popolo, ribelle, e ha dipinto la liberazione sui volti di ogni essere vivo.
Sappiamo che faranno ciò che vogliono e sappiamo che tutte le vittorie portano con sé eventi tragici,
ma povero quel paese che fa dell’ignoranza il suo governante e crede nella forza delle forze americane
e povero quel paese che affama il suo popolo mentre il governo gioisce dei successi economici e povero quel paese i cui cittadini si addormentano con la cittadinanza e si svegliano senza e povero quel sistema che eredita repressione.”
Questi sono alcuni versi di una delle più famose poesie del poeta 36enne qatariota Muhammad al-Ajami uno dei poeti che hanno cantano le “primavere arabe” che a partire dal dicembre 2010 hanno scosso il Medio Oriente e il Nord Africa.
Perdonatemi la, triste, vena poetica, ma “il cantore della rivoluzione è presto finito in prigione”. Il 16 novembre 2011 al-Ajami è stato arrestato mentre era in procinto di incontrare a Doha, capitale del Qatar, le autorità di sicurezza dell’emirato. Da quel momento si è aperto un processo per 5 volte rimandato che, dopo 5 mesi di isolamento nelle patrie galere, è giunto alla propria conclusione, almeno per quanto riguarda il primo grado, il 29 novembre 2012 con una condanna shock: l’ergastolo.
L’accusa mossa verso il poeta è “attentato ai simboli dello Stato” per aver insultato l’emiro del Qatar Hamad bin Khalifa Al Thani, per i riferimenti di in una delle sue poesie a “sceicchi che giocano con le loro Play Station”. Il secondo capo di imputazione è “incitamento a sovvertire il potere” per la poesia “Gelsomino tunisino” che trovate, in versione completa alla fine di questo articolo. “Un oltraggioso tradimento della libertà di parola”, questa era stata la reazione di Amnesty International alla notizia della condanna di al-Ajami, di cui vi avevamo già parlato in un articolo datato 30 novembre 2012. Si tratta proprio di un “Tradimento” se consideriamo che il Qatar è la base operativa della principale emittente indipendente del Medio Oriente, ovvero al-Jazeera.
Il caso al-Ajami ha però avuto una svolta nella giornata di ieri: una Corte di Appello di Doha, secondo quanto riportato da Misna (Missionary international service news agency), avrebbe ridotto la pena del “poeta dei gelsomini” dall’ergastolo a 15 anni di detenzione. Secondo l’avvocato di al-Ajami, Najib al-Naimi ex ministro della Giustizia qatariota, commenta la sentenza sostenendo che: “Dietro questa decisione c’è la politica. […] vogliono dimostrare ai cittadini del Qatar che chiunque aprirà la bocca subirà lo stesso trattamento”.
Al-Naimi ha inoltre annunciato che ci sarà un ricorso in terzo grado alla Corte di Cassazione, ultimo grado di giudizio del sistema dell’emirato. Non ci resta che sperare in un risultato migliore dei precedenti perché come sostenne lo scrittore francese Jean Giono “Il poeta deve essere un professore di speranza”.
Di seguito il testo integrale della poesia “Gelsomino Tunisino”, tradotta dal sito Osservatorio Iraq.
Stefano Zambon
Gelsomino Tunisino
“Oh signor primo ministro, oh Mohammad al-Ghannoushi
se guardiamo al tuo potere, esso non deriva dalla Costituzione.
Non piangiamo Ben Ali, nè piangiamo la sua epoca, che rappresenta solo un piccolo punto nella linea della storia.
La dittatura è un sistema repressivo e tirannico la Tunisia ha annunciato la sua rivolta popolare.
Se critichiamo, critichiamo solo ciò che è meschino e infimo,
se cantiamo lodi, lo facciamo in prima persona.
La rivolta è iniziata con il sangue del popolo, ribelle, e ha dipinto la liberazione sui volti di ogni essere vivo.
Sappiamo che faranno ciò che vogliono e sappiamo che tutte le vittorie portano con sé eventi tragici,
ma povero quel paese che fa dell’ignoranza il suo governante e crede nella forza delle forze americane
e povero quel paese che affama il suo popolo mentre il governo gioisce dei successi economici e povero quel paese i cui cittadini si addormentano con la cittadinanza e si svegliano senza e povero quel sistema che eredita repressione.
Fino a quando sarete schiavi di tanto egoismo?
Quando il popolo prenderà coscienza del suo vero valore?
Quel valore che gli viene nascosto e che presto dimentica?
Perché i governi non scelgono mai il modo per porre fine al sistema del potere tirannico che sa della sua malattia e insieme avvelena il suo popolo che sa che domani sulla sua sedia si siederà il suo successore.
Non tiene in conto che la patria porta il nome suo, e della sua famiglia, quella stessa patria che conserva la sua gloria nelle glorie del popolo, quel popolo che risponde con una voce sola ad un solo destino: siamo tutti tunisini davanti all’oppressore!
I governi arabi, e chi li guida, tutti, ugualmente, ladri.
Quella domanda che toglie il sonno a chi se la pone, non troverà risposta in chi incarna l’ufficiale.
Se possiamo importare ogni cosa dall’Occidente, perché non importiamo anche i diritti e la libertà?”
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