Viaggio in Benin, paese in cui venivano convogliati e da cui partivano gli schiavi diretti nelle Americhe e Paese in cui i nuovi schiavi sono i bambini, venduti per pochi soldi dalle stesse famiglie povere.
di Marihz
Mercato di Dantokpa. Cammino con attenzione per non calpestare mucchi d’indumenti accatastati in ogni dove, spazi angusti pieni di cose, donne con i bambini sulla schiena sedute a terra che cuciono, aggiustano, separano; poco più in là altre donne friggono banane, cucinano riso e carne, intanto parlano a voce alta chiamando attenzione al loro cibo. Il selciato di catrame raccoglie nelle buche l’acqua ormai putrida rimasta dall’ultimo violento acquazzone.
Accompagnata da un locale mi addentro lentamente con molta discrezione e circospezione, sentendomi un’intrusa, nel cuore del grande mercato. Il gran vociare generale di donne e uomini che contrattano e bambini che strillano viene sovrastato dal rumore ritmico, martellante e assordante di ferro battuto; passo dopo passo cerco di non calpestare le lastre di metallo arrugginito ai lati delle baracche; l’odore intenso e acre della lamiera permea l’aria già irrespirabile. Giovani uomini lavorano a ridurre in lastre pentole vecchie, pezzi di auto arrugginiti e utensili abbandonati, lattine vuote.
Li scorgo, tanti, tantissimi bambini, dagli 8 ai 15 anni. Tanti smaglianti sorrisi, tra gioia e stupore mi accolgono, senza distogliere le mani dal lavoro. Ci ricevono mostrandoci orgogliosi i loro bellissimi e artistici manufatti: angioletti colorati fatti con le lattine riciclate, aeroplanini e motociclette costruiti con lamiera zincata saldata attorno alle candele di vecchie automobili, lanterne costruite con lampadine e pezzi di lattine colorate. Tra i mucchi di ferro ammassati qua e là, alcuni di loro inventano al momento danze al ritmo di un canto improvvisato, tanta è la gioia per la nostra visita.
Qualche giorno dopo ritorniamo al Mercato di Dantokpa per intervistare i ragazzi che lavorano il ferro. Si trovano all’interno di un vecchio container arrugginito collocato nel mercato e adibito ad aula. Due mattine alla settimana per due ore consecutive i bambini ricevono un po’ d’istruzione ed hanno la possibilità di un confronto aperto tra di loro e con la maestra (progetto finanziato da una Onlus). A volte cantano e ballano, altre ascoltano poesie, s’impara un po’ di numeri, un po’ di francese, comunque troppo poco.
All’interno della baracca il caldo è opprimente, dal tetto rotto rivoli di pioggia colano giù sui banchi. Poco dopo qualcuno porta un ventilatore. La lamiera del vecchio container è rovente, ma i bambini sono contenti di riceverci. Abbiamo portato un cartone di merendine che vengono subito distribuite equamente a tutti i bambini dalla maestra. Chi infila le barrette nella cinta dei pantaloni, chi nelle tasche, al sicuro.
Cominciamo l’intervista. Justine traduce le nostre domande in fon ai bambini e poi ci riporta le risposte in francese. Alcuni di loro raccontano le loro esperienze. Pochi hanno studiato per due o tre anni poi la famiglia non aveva più soldi per mantenerli quindi sono dovuti entrare al mercato a servizio di un “padrone”. Altri sono arrivati al mercato da piccolini e non sono mai più usciti. Lavorano tutti i giorni tranne la domenica. Ricevono una piccola paga giornaliera che usano per comperarsi da mangiare, a volte i soldi non bastano ad assicurare un piatto di cibo. Alla domanda cosa vorreste per migliorare la vostra condizione, rispondono: “Studiare, imparare il francese per poter trattare con le persone al mercato, un pallone per giocare, un ventilatore e che sia riparato il tetto della baracca.”
“Quando vi ammalate o vi ferite cosa succede?” A questa domanda tanti di loro mostrano dita della mano tumefatte, ferite alle gambe e al volto, noto anche lesioni infette; “Quando ci facciamo male il padrone aspetta che la ferita guarisca da sola, solo se non passa va a prendere la medicina.”
Sareste disposti a uscire dal Mercato di Dantokpa per ricevere una formazione al lavoro? “Si certo imparare un mestiere che ci permetta di lavorare per comperarci da mangiare ma anche studiare.”
Il mercato internazionale di Dantokpa é un’icona rappresentativa della città di Cotonou, la capitale economica del Benin. E’ il più importante mercato dell’Africa dell’Ovest sia per il flusso dei prodotti commercializzati che per il numero degli acquirenti. Si estende spontaneamente in modo quasi tentacolare e invade i quartieri adiacenti che ormai si confondono con Dantokpa. Questo complesso, costruito nel 1963 ora si estende su 18 ettari, è gestito dalla Società di gestione dei mercati autonomi (SOGEMA) un organismo che dipende dal ministero degli interni. E’ formato da una grande costruzione di 66 mt x 44 mt, a tre piani con 1100 spazi di vendita costituiti da box in affitto e da negozi. Attaccati all’edificio principale ci sono degli “apatams” piccole baracche in legno e latta che costituiscono circa 5000 punti vendita. Il Mercato presenta parecchi problemi di sicurezza e d’insalubrità.
La fama del Mercato è notevole soprattutto nella regione dell’Africa dell’Ovest, in quanto numerosi commercianti della Nigeria, del Mali del Burkina Faso, del Niger e della costa d’Avorio vengono ad acquistare merci, e anche parecchie commercianti del Cameroun e di altri paesi dell’Africa centrale sono frequentatrici di questo Mercato.
Un fenomeno che purtroppo si può osservare a Dantokpa e che non è stato ancora sufficientemente studiato è lo sfruttamento economico di un numero scandaloso di bambine e bambini in tenera età da parte di tutrici, padroni di atelier e mercanti che ignorano quasi del tutto i diritti dei bambini.
SETTORI. Il Mercato di Dantokpa è diviso in molti settori specifici e ciascuno di questi ha dei responsabili. I diversi settori sono :
- Pièce sodji, dove si vendono i pezzi di ricambio delle moto;
- Hangar mê, dove si vendono bigiotteria e ornamenti vari;
- Adjégounle, dove si vendono medicinali tradizionali;
- Kpodji, dove si vendono sacchi di mais e di fagioli;
- Gbo Sodji, dove si vendono i montoni e dove di notte si pratica la prostituzione;
- Wedemè Sodji, dove si vendono condimenti e spezie, cipolle;
- la grande costruzione centrale ove si vendono stoffe e gioielli;
- Todomey, dove si vendono il peperoncino i pomodori, le patate dolci, i pesci e la manioca e i feticci caratteristici del vodun;
- Tévi Sodji, dove si vendono gli igname;
- Sofladoto, dove si vendono noci di cola e pomodori;
- Mawulè, parco dei grandi trasportatori che vengono dal nord Benin.
Il mercato si anima tutti i giorni e per un gran numero di persone 24 ore su 24. Tra i commercianti e le commercianti (la maggior parte sono donne) la maggioranza possiede un luogo stabile di vendita, pochi sono ambulanti.
BAMBINI E BAMBINE. Nel mercato si trovano moltissimi bambini e soprattutto bambine, o ambulanti o fissi, sul luogo di vendita. Questi bambini fanno un po’ di tutto. In alcuni luoghi come sul parco Nord Zou e presso Mawule, alla vigilia di Tokpa (ogni cinque giorni il mercato é più vasto e frequentato e prende il nome di Tokpa) si può assistere, a partire dalla mezzanotte, a un vero traffico e scambio di bambine e bambini che vengono dal Togo e dal nord Benin. Ci sono donne che mercanteggiano il prezzo dei bambini e pagano i trafficanti. Molti bambini prendono poi la strada della Nigeria. Si tratta soprattutto di minori, la maggior parte in età dagli 11 ai 16 anni.
Ci sono altre categorie di bambini:
- I forgerons, i piccoli fabbri che lavorano trasformando le latte già utilizzate in oggetti di uso domestico (imbuti, fornellini, setacci, ecc.) o in piccoli oggetti decorativi;
- I ragazzini che trasportano la mercanzia per conto degli acquirenti;
- Le ragazzine che puliscono il mercato;
- Le ragazzine che aiutano a preparare il cibo che la gente mangia nel mercato;
- I piccoli artigiani (per la maggior parte minori) che lavorano presso meccanici, fabbri o falegnami.
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È vergognoso una cosa del genere e bisogna denunciare…. solo che il mondo resta in silenzio o chi dovrebbe fare qualcosa non fa nulla. Basta
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