di Alessandro Carboni – CAPITOLO TRE (Leggi il anche secondo capitolo di questo reportage a puntate)
Osservo attentamente la mappa di Hong Kong. Il mio sguardo segue il dito che si muove tra le strade, i quartieri, i palazzi, le vallate, il mare, le isole: Kowloon, New Territories, Sha Tin ed ecco Tai Wai. Riprendo la mia esplorazione proprio da qui, ma stavolta non mi dirigo verso la montagna, ma verso la Sha Tin New town. Inizio l’esplorazione dal ponte in cui si incrociano le strade, la ferrovia, le piste ciclabili e il percorso dei pedoni. Noto come questo punto sia nodale perché segna il confine tra l’ area urbana di Tai Wai e un’ altra zona completamente diversa. Inoltre il fiume in questo punto cambia forma. Mi trovo sotto il ponte, schiacciato dal suono, dalla quantità di cemento che è stata utilizzata per creare questo passaggio. La giornata è soleggiata e le ombre delle strutture proiettate sul cemento sono più scure che mai. Ci sono anche due aironi bianchi che camminano lentamente nel fiume. Le ombre allungate dei loro corpi affusolati entrano ed escono tra la le luci e le ombre delle strutture. I treni della Mtr, continuano a passare senza sosta sopra la mia testa. Ogni tanto devo controllare il livello di registrazione audio per andare in distorsione. A destra, non lontano dagli aironi, un signore, con il volto coperto, è immobile e osserva il fiume. Si trova nel punto in cui il fiume, che fino ad ora era una linea sottile d’acqua su un letto larghissimo di cemento, si allarga e si riempie, diventando maestoso. Vedo che in questo punto si creano delle correnti strane che accumulano nel fondo sabbie e detriti di diversi colori. Invece in superficie, schiume, foglie e altri materiali non identificabili creano una patina multicolore. Osservo il paesaggio, cercando di capire tutti i livelli spaziali che si sovrappongono. Sono incuriosito dal signore con il volto coperto che, indaffarato, si prepara a pescare.
L’acqua del fiume è nera, una materia oleosa scura che sembra inchiostro. Ci sono anche dei pesci che nuotano in superficie come in uno quei dipinti cinesi su carta. Il movimento dell’acqua è minimo, i palazzi proiettati sembrano essere riflessi da uno specchio. Cammino, lasciandomi alle spalle il rumore dei treni della Mtr. In basso c’è una strada abbastanza larga e in alto una sopraelevata in cui scorrono i treni della Mtr che da Tai Wai vanno a Wu Kai Sha, verso est.
Sulla mia destra vedo in lontanza il Che Kung Temple con le sue bandiere e i fumi che arrivano dal centro dell’edificio. Continuo a camminare fino al ponte pedonale che mi permette di attraversare il fiume e andare dall’altra parte di fronte al National Heritage Museum. Decido di non entrare al Museo, ma di seguire il mio viaggio nei sentieri urbani. Proseguo lateralmente al museo, e mi ritrovo di fronte ad un benzinaio e nuovamente sotto un incrocio di sopraelevate, percorsi pedonali, strade e ferrovie. Sono vicino alla stazione di Sha Tin. Continuo, ascoltando il paesaggio sonoro che al centro della sopraelevata, si frammenta in più punti. Un autobus da destra verso sinistra, un treno, un’ altra auto ecc. Il suono si sposta da un punto ad un altro creando una tridimensionalità spaziale su più livelli di prossimità molto interessante. Il passaggio è molto basso, quindi riesco a vedere da molto vicino, la struttura del cemento che compone la sopraelevata. In certi punti la vernice è spaccata, in altri è solida, perfettamente lucida. Tra i pilastri, la vegetazione, tra cui alberi, cespugli, foglie, sembra quella di una foresta tropicale. A differenza della sopraelevata che avevo incontrato a Tai Wai, questa non ha una dimensione Gotica. Ha piuttosto una struttura paelocristiana-romanica, che si sviluppa per cripte e lunghi passaggi in orizzontale. Dopo alcune centinaia di metri, arrivo alla rete di protezione della ferrovia. Qui posso seguire un sentiero che si trova esattamente tra la ferrovia e una strada molto trafficata. Su entrambi i lati ci sono alberi e vegetazione pazientemente classificata, arbusto dopo arbusto, e monitorata dal biuro ecc.
Il sentiero finisce in passaggio pedonale che a destra prosegue verso la stazione della Mtr e a sinistra verso la montagna. Proseguo verso sinistra e mi ritrovo davanti ad una scalinata. Dopo i primi passi, mi fermo e osservo in lontananza il peaesaggio: vedo il muro di edifici dell’aera residenziale di Sha Tin, la stazione dell’Mtr adiacente al Sha Tin Plaza, il flusso di treni che si incrociano come in una griglia. Continuo verso sinistra e salgo ancora sulle scale. Dopo alcuni metri, dietro la vegetazione che accompagnava la scalinata, noto che ci sono delle case. Queste sono arrocate sulla montagna, precisamente su una piccola valle che si incanala verso la ferrovia. Dal passaggio pedonale questa area è invisibile. Proseguendo per le scale, le recinzioni delle case si fanno sempre più basse permettendomi di vedere cosa c’è all’interno. Le case sembrano essere quelle di un villaggio indigeno. La stratificazione di segni, materiali, colori e oggetti, mi permette di leggere il tempo e la storia di questo luogo vicino al piccolo villaggio di Pai Tau. Noto con meraviglia che gran parte dei giardini sono popolati da Bonsai. Piccoli paesaggi in miniatura che si inseriscono nel paesaggio urbano. Questo posto è incredibile! I giardini in realtà sono dei laboratori in cui i Bonsai Master potano e creano le loro opere in miniatura. Da questo punto, la visione del paesaggio è fantastica: l’urbano in lontananza con le sue macro scale e qui di fronte a me un paesaggio in miniatura ricreato dai Bonsai. Rifletto alle mie ricerche sulla miniatura e sulla rappresentazione dello spazio, dei luoghi. Rifletto sulla mappa come astrazione come processo di miniaturizzazione dello spazio, dei rapporti di scala tra micro e macro. Questo punto di osservazione sembra riassumere tutte le teorie, ricerche e idee che avevo esplorato nell’ultimo periodo.
Rimango per ancora qualche minuto e improvvisamente decido di scendere velocemente le scale e andare diritto verso l’agglomerato urbano che vedo di fronte a me. Attraverso nuovamente il ponte di passaggio, ma stavolta senza fermarmi. Arrivo direttamente ad una porta di vetro, lucida e trasperente. La apro ed entro: sono all’interno dello Sha Tin Plaza, il centro commerciale. Colori, suoni, dimensioni, tutto viene ribaltato. Le proporzioni cambiano, le forme inafferrabili. Penetro gli spazi, la folla che fuoriesce dalle scale mobili e si innestano nel flusso dei negozi, dei ristoranti. Continuo a camminare velocemente cercando di entrare ed uscire dai flussi generati delle persone che si muovuono in massa tra la stazione, il centro commerciale e le residenze: un unico movimento. Finalmente arrivo al passaggio che mi porta verso il Lek Yuen Estate, il primo complesso di case popolari costruito sulla baia di Sha Tin Hoi.
Lo Sha Tin Plaza è posizionato tra due mondi, il villaggio di Pai Tau e Lek Yuen Estate. Non sembra esistere una divisione netta tra i due, ma piuttosto in entrambi percepisco una vita di comunità molto forte. Il Lek Yuen Estate è un agglomerato molto grande articolato e complesso. Le diverse unità dipinte di verde e bianco, si sviluppano su più livelli e sono dislocate tra piazzette interne, passaggi pedonali, ristoranti, scale, negozi ecc. Le persone, soprattutto gli anziani, si muovono fluidamente in questi spazi creando dei piccoli gruppi che si ritrovano nelle piazzette e nei portici. Allo stesso modo nel villaggio di Pai Tau, noto come l’esigenza di ritrovarsi in piccoli gruppi che formano delle comunità sia altrettanto forte. Cerco di mettere a confronto i due luoghi che ho visitato cercando di capire le differenze nelle due diverse scale spaziali osservate nel villaggio di Pai Tau e Lek Yuen Estate. Penso al corpo che, pur migrando e agendo su diverse scale, riesce comunque a manipolare la struttura spaziale ricreando ovunque il proprio spazio. Penso all’incontro con i Bonsai nelle scalinate dei Pai Tau village e alla tecnica sopraffina dei maestri del Bonsai in grado di miniaturizzare un albero e controllare la natura. Chiudo questo diario con diverse questioni aperte che spero si possano risolvere con la prossima esplorazione.
www.progressivearchive.com
Learning Curves/Shing Mun River
da Overlapping Discrete Boundaries – Asia
un progetto Alessandro Carboni – 2013
realizzato all’interno Library – SoundPocket, Hong Kong
con il supporto dell’Istituto Italiano di Cultura e il Consolato Generale dell’Italia ad Hong Kong.
Profilo dell'autore
- Dal 2011 raccontiamo il mondo dal punto di vista degli ultimi.
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