Lo sciamano prepara l’occorrente per il rituale, accende una candela, poi si mette a sedere sull’altalena. Scuotendo il corpo, ad occhi chiusi, la sua bocca si muove seguitando a formulare mantra…
Vi è una cerimonia tradizionale unica nel suo genere nell’entroterra del borgo di Tokot, Borneo Occidentale. Una tradizione ancestrale che viene ancora portata avanti dalla tribù dayak Beka’eh, un ramo dell’etnia dayak Bidayuh; stiamo parlando dello Ngolink.
Questo rito è un cerimoniale per la coltura del nuovo riso, rivolto ai proprietari dei campi dove il riso è pronto per la raccolta. È obbligatorio tenerlo prima dell’attività del grande raccolto complessivo. L’obiettivo è quello di invocare la benedizione di Dio o Jubata per tutti i frutti della terra che si andranno a cogliere.
Durante la sua attuazione, il rituale Ngolink non viene eseguito in modo casuale, poiché implica l’uso di oggetti che devono avere delle determinate caratteristiche. Inoltre bisogna coinvolgere anche uno sciamano, il quale avrà il compito di guidare la cerimonia, ed il quale non solo conosce i pro e i contro del rituale, ma è anche uno specialista, nominato da tutta la comunità del villaggio.
Sono diverse le fasi della cerimonia che debbono essere superate nel corso del rito Ngolink. Ed ognuna di queste ha un significato ed una potenza simbolica per coloro che vi credono. Cosicché attraverso la riflessione vengono a manifestarsi le attività e lo spirito degli antenati, correlati trascendentalmente con la grandezza di Jubata.
Per prima cosa si preparano i materiali che verranno poi utilizzati come mezzi per il rituale. Tra questi il tamburo lungo (tite’ek), il gong (o agong), un’altalena costituita da corteccia, un panno rosso (tino’et), due bastoncini di bambù, che vengono tagliati a cono alle estremità, il copricapo (o sie’et) che verrà poi utilizzato dallo sciamano, il sarong, la nervatura centrale di una pianta, il machete o mannaia (pono’et), ed il Tampik.
Per quanto riguarda il machete, Amou, lo sciamano che guida il processo del rituale, suggerisce di usare una lama speciale, fatta appositamente per la cerimonia tradizionale dello Ngolink. “Poiché se così non fosse, non potrei lavorare,” afferma.
Inoltre vi sono le pietanze. Tra queste un uovo bollito, riso glutinoso (pega’at), foglie di betel (bo’et), riso, gallette di riso o riso pestato, riso vecchio, ovvero quello proveniente dal raccolto precedente, olio di cocco e vino di palma (un liquore tipico della tribù dayak a base di riso).
Prima che la cerimonia abbia inizio, si apre il tutto bevendo il vino. In questa fase vi sono delle procedure specifiche che devono essere compiute prima di bere. Per prima cosa s’intinge un dito a sinistra nel bicchiere pieno di liquore, per poi schizzarlo verso il basso. Ciò viene compiuto per sbarazzarsi degli spiriti maligni. In seguito si gira il dito verso destra, immergendolo nuovamente e spruzzando il vino verso l’alto. Qui lo scopo è quello di evocare gli spiriti buoni.
Dopodiché il signor Amou estrae delle pietre, che si ritiene abbiano dei poteri magici, e sputa le foglie di betel, in precedenza masticate, sulle piccole rocce, appoggia poi le pietre sulla fronte degli agricoltori che si appresteranno a raccogliere il riso e di tutta la loro famiglia. Da non dimenticare è anche l’olio di cocco, applicato anch’esso. Questa fase mira a far riconoscere queste persone da Jubata.
Viene successivamente accesa una lampada a petrolio, l’uovo viene aperto ed il signor Amou strofina il proprio corpo con l’olio di cocco. È il segnale che la cerimonia tradizionale Ngolink ha avuto inizio. Gli strumenti musicali tradizionali, il gong ed il lungo tamburo, vengono suonati. Accompagnato dal loro ritmo Amou prende posto sull’altalena. Comincia a tremare, pronunciando mantra, stringendo tra le mani il tino’et.
“Dal momento in cui si siede sull’altalena, la musica non può essere fermata o suonata erroneamente, poiché la sua funzione è quella di aprire la strada agli spiriti buoni che desiderano venire,” spiega un abitante del villaggio che ha assistito alla cerimonia tradizionale.
La musica continua a farsi sentire. Allora il riso vecchio viene sparso sul pavimento ed un panno dotato di piccoli punti metallici viene scosso, in modo da produrre un suono tintinnante. Poi si indossa il sarong.
Dopo l’oscillazione sull’altalena, si entra nella fase intermedia di incoraggiamento dello spirito, leggendo incantesimi pronunciati dal signor Amou per i contadini e le loro famiglie. Non sono da dimenticare l’uovo, il riso ed il riso glutinoso, applicati sulle teste di questi ultimi ad uno ad uno.
L’ultima fase consiste nell’indirizzare la nervatura centrale della pianta verso Ovest. Ciò viene fatto poiché il rituale si svolge la sera. E la popolazione spera che in quel momento gli spiriti buoni siano in viaggio. Gli spiriti torneranno a casa la mattina seguente, per cui la nervatura deve essere poi spostata, rivolgendola verso Est.
Secondo il signor Amou, in realtà sono tre le tappe che costituiscono la cerimonia tradizionale Ngolink. Dapprima, il rito si svolge nei campi. Si parte con l’attività del pantak, un mezzo di interazione con gli spiriti costituito da un legno di forma rettangolare. Una volta che questo viene decorato con giovani foglie di palma, il pantak è creato utilizzando bambù e spezie formate da foglie. L’evento si conclude poi con il taglio di un pollo e di un maiale da cui si preleva il sangue, custoditi poi nel pantak pronunciando mantra, ed infine mangiati.
“Per quanto riguarda queste tre fasi, esse non sono molto diverse dal modo si è svolto questo rituale. Soltanto che tale rito si svolge al mattino e la nervatura centrale della pianta che prima puntava verso occidente viene rivolta verso Est,” racconta Amou.
Aggiunge inoltre, a proposito del riso raccolto, che non tutto viene mangiato, è necessario infatti tenerne un po’ da parte per farne le sementi. Solitamente viene selezionato il riso dalla superficie luminosa e fresca. “E per il processo in cui il chicco diventa seme, la popolazione del villaggio qui ha un suo metodo tradizionale,” dichiara l’anziano uomo.
Il riso selezionato viene essiccato al sole, assieme ad alcune foglie di bambù. Quando le foglie appassiscono ed il loro colore tende al bianco, quello è l’indicatore che il riso è diventato semente, ed è pronto per essere piantato.
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