La Turchia ha rimandato in Siria circa 600 rifugiati. Queste persone vivevano nel campo di Akcakale, nella provincia di Sanliurfa, al confine con la Siria, quando è scoppiata una rivolta, probabilmente contro le condizioni di vita nel campo.
La decisione della Turchia ha suscitato preoccupazione presso l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati che ha affermato attraverso la portavoce Melissa Fleming che “se queste deportazioni sono avvenute realmente, sono contrarie ai principi della legge internazionale”.
Anche Amnesty International ha definito l’evento “un gesto di profondo disprezzo per l’incolumità delle persone” e ha sollecitato le autorità turche ad “assicurare che non vi siano ulteriori rimpatri forzati, che sottoporrebbero le persone interessate ad un altissimo rischio di subire violazioni dei diritti umani una volta in territorio siriano”.
Di fronte la pressione internazionale, il ministero degli esteri turco ha negato l’espulsione dei profughi siriani, precisando che “circa 50 o 60 rifugiati sono rientrati volontariamente in Siria”.
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