Ogni giorno 300 immigrati vengono isolati in 50 carceri per due settimane o più, fino a 75 giorni, senza nessun contatto con il mondo esterno. Accade nella democratica America. La maggior parte di loro è accusata di infrazioni disciplinari, come rispondere alle guardie o non rispettare le regole carcerarie. Lo riporta il New York Times basandosi su fonti del governo federale.
Anche se l’ I.C.E, Immigration and Customs Enforcement, applica la misura dell’isolamento solo all’1% degli immigrati in carcere, “la pratica – scrive il New York Times – è ugualmente allarmante perché la stragrande maggioranza delle persone coinvolte è detenuta per rispondere di reati civili e non penali. Per questo non dovrebbero essere puniti, sono in prigione solo per essere sicuri che siano presenti all’udienza che li riguarda”.
Il New York Times riporta anche alcuni casi: Rashed BinRashed, yemenita, è stato rinchiuso nel centro di detenzione a Juneau nel Wisconsin perché clandestino, poi è finito in isolamento perché si rifiutava di mangiare alla mensa durante il Ramadan; Delfino Qurioz, immigrato messicano omosessuale, è stato messo 4 mesi in isolamento “per garantire la sua incolumità”, ed è caduto in depressione.
“I.C.E. usa una forza eccessiva – ha spiegato al NYT il dottor Terry Kupers, del Wright Institute – perché si tratta di detenzioni civili e questo rende l’isolamento un abuso dei diritti umani”. Ma una portavoce dell’Ufficio Immigrazione parla di una misura “presa solo come ultima risorsa, quando tutte le altre opzioni non sono possibili”.
Spesso i detenuti vengono lasciati 22-23 ore al giorno in celle piccole senza finestre. Vengono permesse visite solo di notte, quando è difficile che avvengano; hanno solo un’ora d’aria al giorno ma sempre rinchiusi dentro quella che viene chiamata “la gabbia”, come animali.
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