Da Chernobyl a Fukushima: l’unica certezza sul nucleare. Intervista a Pierpaolo Mittica

Foto di Pierpaolo Mittica

Pierpaolo Mittica, fotografo umanista, ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali ed è attualmente distribuito dalla Trolley di Londra. Nel 1990 consegue il diploma in conservazione, tecnica e storia della fotografia indetto dal CRAF. Studia con Charles – Henri Favrod, Naomi Rosenblum e Walter Rosenblum, suo padre spirituale della fotografia. Ha fotografato in Italia, Cina, Cuba, Vietnam, Bosnia, Kosovo, Serbia, Ucraina, Bielorussia, India, Indonesia, Bangladesh, Giappone. Le sue foto sono state esposte in Europa e Stati Uniti e la mostra “Chernobyl l’eredità nascosta” è stata scelta nel 2006 dal Chernobyl National Museum di Kiev in Ucraina come mostra ufficiale per le celebrazioni del ventennale del disastro di Chernobyl.
www.pierpaolomittica.com

Ti definisci “fotografo umanista”. In che senso?
Sicuramente per il modo di sentire ed interpretare la fotografia. Questo deriva dall’insegnamento ricevuto da Walter Rosenblum in primis, che ho avuto la fortuna di avere oltre che come maestro anche come grande amico, e da altri maestri “virtuali” che non ho mai conosciuto personalmente ma che ho sempre studiato per lo stile e l’approccio alla fotografia, come Salgado.
Nei miei lavori cerco sempre di indagare i vari aspetti dell’umanità, siano negativi come nel caso di Chernobyl e Fukushima, siano invece positivi. E mi riferisco per esempio all’umanità e alla solidarietà che lega assieme gli esseri umani nelle situazioni più tragiche.
Infine umanista per il modo in cui mi approccio ai soggetti che ritraggo. Cerco sempre di conferire loro dignità e rispetto. Per me è importante realizzare una fotografia che non sia solo documento, ma che racconti la vita e ne metta in luce poesia e bellezza, anche nelle situazioni più disperate.

Quanto e in che modo il tuo percorso di studi (Pierpaolo è un odontoiatra ndr) ha influito sul tuo lavoro?
Ha influito molto soprattutto quando ho iniziato ad occuparmi di nucleare. Nel lavoro di Chernobyl ho anche abbinato alle immagini dei testi scientifici che servissero da ulteriore approfondimento.

Prima di documentare il disastro di Fukushima hai lavorato alle conseguenze del disastro di Chernobyl. Entrambi i progetti puntano l’attenzione sul nucleare. Il tuo punto di vista sull’argomento?
Ho iniziato a occuparmi di Chernobyl nel 2002 quando le mie conoscenze sull’argomento erano ancora molto generiche. Poi lavorando sul campo ho indagato a fondo la questione scoprendo aspetti sconosciuti alla maggior parte. Ho capito che il nucleare è un affare per pochi ma un danno per tutti. Oltre alle ripercussioni sanitarie e ambientali, è bene sottolineare gli elevati costi di gestione delle scorie che la rendono una fonte energetica eccessivamente dispendiosa.

Fukushima 25 anni dopo Chernobyl. Cos’è cambiato in tutto questo tempo?
Chernobyl ha inquinato tutto l’emisfero nord del pianeta e ancora oggi ne sono rilevabili le tracce. La contaminazione di Fukushima si è propagata anche in mare disperdendosi nelle acque e rendendo difficile una sua quantificazione.
Dal punto di vista politico invece, nonostante a Chernobyl ci fosse l’Unione Sovietica e quindi la dittatura, e in Giappone la democrazia, abbiamo assistito allo stesso “trattamento” del problema. Entrambi gli stati hanno cercato fino alla fine di minimizzare la gravità della situazione. Addirittura il governo giapponese ha innalzato subito la soglia del livello di inquinamento che la popolazione poteva assorbire evitando l’evacuazione di circa 2 milioni di persone che sono state  esposte  al rischio di gravi patologie.

L’editoria è in crisi e il fotogiornalismo ne paga le conseguenze. Occorre reinventarsi. Secondo te in che modo?
I lavori su commissione sono sempre meno e malpagati. Gli editori sfruttano la rete e si accontentano di avere il documento. Non interessa più la foto d’autore soprattutto se questo significa investire soldi. Questo atteggiamento ha abbassato la qualità dei lavori e sta ostacolando la produzione di nuove storie. Credo che non sia il fotoreporter a doversi reinventarsi ma l’editoria che deve tornare a puntare sulla qualità del lavoro, elemento che rende importante una pubblicazione.

Il nome di un fotografo, di uno scrittore e di un regista.
Difficile dire solo un nome. Per il fotografo Walter Rosenblum che mi ha insegnato tutto quello che so sulla fotografia. Per lo scrittore George Orwell che con il libro 1984 ha predetto il futuro. Per il regista…sono più legato ai singoli film che ad un autore in particolare, per cui preferisco citare un titolo: Blade Runner.

Progetti futuri?
Continuerò sicuramente ad indagare il filone ecologico-ambientale e a collaborare con Alessandro Tesei, il regista di Fukushame (la fotografia è di Pierpaolo ndr).

Fino al 30 aprile sarà possibile visitare presso la Galleria Glenda Cinquegrana di Milano la mostra FUKUSHIMA ‘No-Go Zone’

di Teodora Malavenda

 



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