“Il carcere l’ha inventato qualcuno che non c’era mai stato” commentava amareggiato Marco, uno dei protagonisti di Riso Amaro, il film di De Santis del 1949. E forse è davvero così, visto le condizioni in cui vertono la maggior parte delle prigioni nel mondo, comprese quelle italiane.
Per cercare di migliorare la situazione all’interno delle carceri, per lo meno dal punto di vista dell’accoglienza, i detenuti americani hanno deciso di recensire alcuni aspetti delle loro “sistemazioni”: pasti, comportamento del personale, sicurezza, pulizia. Come per un Bed&Breakfast dopo una vacanza, ma in una sistemazione decisamente meno accogliente e per un periodo meno circoscritto.
Una volta compilata, la pagella viene affidata ai familiari e pubblicata sui siti online – molti detenuti infatti, non hanno accesso alla rete per motivi di sicurezza. Il sito prescelto è quello di Yelp, famoso per raccogliere recensioni in giro per il mondo: in effetti, sul sito è possibile criticare qualsiasi tipo di azienda che abbia una sede a patto che venga fatto secondo le regole.
Un’iniziativa che è partita direttamente dai detenuti e che ha già fatto scattare accuse pesanti contro alcuni penitenziari in cui il tenore di vita è al di sotto della decenza umana, rendendo così finalmente partecipe anche l’opinione pubblica. Accolta con favore anche da David Fathi direttore del National Prison Project of the American Civil Liberties Union, che ha raccontato quanto succede ogni giorno nella sua associazione:”il mio gruppo riceve da 300 a 400 reclami scritti ogni mese sulle condizioni carcerarie del Paese. E in questo numero non sono incluse mail e telefonate. Quasi nessuno di questi reclami arriva in tribunale. Siti come Yelp diventano importanti quindi, perché le prigioni sono istituzioni chiuse dove la mancanza di un controllo esterno e di controllo può facilitare maltrattamenti e abusi”.
A non aver bisogno di una pagella, invece, è il nuovo carcere norvegese di Halden: 30 ettari di bosco, studio di registrazione, percorsi benessere, palestra con campo di basket e parete per roccia, depandance per i parenti in visita. Con la possibilità di accogliere 252 detenuti, il nuovo carcere inaugurato agli inizi di aprile incarna i principi guida del sistema penale norvegese che crede che trattare con umanità i prigionieri aumenti la loro possibilità di reinserimento nella società.
“Vogliamo credere in loro, dare loro fiducia attraverso l’istruzione e il lavoro – ha spiegato Are Hoidal, direttore della prigione – in modo che diventino persone migliori una volta usciti da qui”. A progettare il carcere un team di architetti che ha puntato sulla scelta di materiali “umani” in un tutt’uno con l’ambiente circostante, per evitare la sensazione costante di essere “imprigionati”: mattoni, acciaio, larice. Perfino il muro di protezione è stato “arrotondato” per renderlo meno ostile e decorato con le opere dello street artist Dolk.
Finestre verticali per far entrare più luce dentro le celle – che nulla hanno a che fare con quelle a cui siamo abituati, soggiorno e cucina in comune, divani per riposare e corsi di cucina per futuri chef. Insomma, tutto un altro mondo.
“Molti dei nostri detenuti sono spacciatori, assassini, stupratori e molto spesso questo dipende dall’assenza di una famiglia alle loro spalle – ha spiegato l’architetto Per Höjgaard Nielsen – Proprio per questo abbiamo cercato di ricreare un senso di famiglia: le guardie mangiano e fanno sporti con i detenuti e non sono previste armi”.
Tutta questa attenzione per i diritti umani e per il rispetto dei carcerati, si traduce in un tasso di criminalità molto basso: solo il 20% dei detenuti norvegesi ci ricasca, contro il 50% di America e Inghilterra.
di Ilaria Bortot
Profilo dell'autore
- Dal 2011 raccontiamo il mondo dal punto di vista degli ultimi.
Dello stesso autore
- Americhe20 Dicembre 2024Usare l’AI per ridare un’identità a 10 milioni di schiavi afroamericani
- Centro e Sud America20 Dicembre 2024Capoeira, la ‘danza’ che preparava gli schiavi alla libertà
- Nord America19 Dicembre 2024La vita straordinaria di Elizabeth Miller, da Vogue a reporter di guerra
- Europa19 Dicembre 2024La doppia vita di Solomon Perel, nella Hitlerjugend per sopravvivere all’Olocausto