Il film “Anija – la nave“, del regista albanese Roland Sejko, si è aggiudicato il David di Donatello come Miglior documentario. La produzione racconta il dramma delle migliaia di cittadini albanesi che nei primi anni Novanta hanno voluto lasciare il proprio Paese, devastato dal regime comunista di Enver Hoxha, per raggiungere l’Italia, all’epoca considerata terra del benessere e in cui fare fortuna. Un racconto sviscerato tramite l’esperienza diretta di chi, sfidando la repressione del regime e le estreme condizioni di viaggio, ha compiuto quell’esodo cercando di costruire una vita nuova in Italia. Le interviste ai protagonisti sono alternate a immagini di repertorio, telegiornali dell’epoca e video registrati dai reporter che si trovavano in Albania. Una sapiente miscela che mostra i volti e le storie di un’intera generazione di persone che, seppur vittime del tentativo da parte del potere di privarli del diritto di sognare, provano con ostinazione – e rischiando tutto ciò che hanno – a dare un senso alla propria esistenza.
“Se gli italiani sono soliti chiedere ad un albanese appena incontrato “Come ti trovi in Italia?”, gli albanesi tra di loro rompono il ghiaccio chiedendo “Come sei arrivato in Italia?” – scrive il regista Roland Sejko su Regesta. “C’è un certo orgoglio quando la risposta è “Sono arrivato con le navi dell’esodo”. La domanda che segue è di rito. “Con quale nave?” Che sia Legend, Vlora, Kallmi, Lirija, Skenderbeu, Kavaja, Drashovica, Kater i Rades o altra non c’è occasione che l’interlocutore, se non è stato sulla tua stessa nave, non abbia avuto un fratello, un cugino, un parente, un vicino di casa su quella nave. Come se si rivendicasse un’appartenenza collettiva, addirittura nazionale, alle navi dell’esodo, all’arrembaggio, all’attraversamento del mare, al viaggio. Poche ore prima che diventassero ‘immigrati.’ Quando eravamo, ancora, fuggiaschi“.
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