Facevano irruzione nelle case dei civili. Talvolta in tre, altre volte erano anche di più, gruppi da cinque, sei persone: sfondate le porte d’ingresso delle abitazioni, si lasciavano andare a stupri e violenze di gruppo, accanendosi su donne e bambine. I soldati congolesi, stando all’ultimo rapporto dell’Ufficio Diritti Umani Onu pubblicato lo scorso mercoledì, si sarebbero macchiati di crimini terribili quali “stupri di massa, uccisioni, esecuzioni arbitrarie e vasti saccheggi” mentre fuggivano dai ribelli M23.
I fatti risalgono allo scorso novembre, a seguito della cacciata dei soldati da Goma. A subire il passaggio devastante delle truppe, alcuni distretti della Repubblica Democratica del Congo. Stando ai dati ufficiali, 97 donne e 33 i bambine, e tra questi anche minori di sei anni, avrebbero subìto le violenze dei militari. Tra i carnefici, anche il “Battaglione 391”, formatosi sotto la guida degli americani nel 2010: i soldati scelti, in pratica le truppe migliori dell’esercito.
Nel report delle Nazioni Unite si susseguono, con dettagliata precisione, i particolari sui crimini perpetrati a danno dei civili: “Gli attacchi sono stati compiuti in maniera sistematica e con estrema violenza, la maggior parte delle vittime è stata stuprata da più di un soldato. Durante l’assedio a Goma, almeno 11 civili sono stati arbitrariamente giustiziati e 58 donne violentate”. A fornire la prova di queste atroci verità, la testimonianza di non meno di 350 persone che hanno assistito agli attacchi. Nelle denunce si è parlato di aggressioni rapide, minacce e stupri, uccisioni e violenze carnali.
La folle ritirata dell’esercito ha causato una totale dispersione del controllo da parte dei comandanti, che non sono riusciti a mantenere l’ordine tra i loro uomini. Giunti a Minova, piccola città che sorge nei pressi del lago Kivu, a 50 chilometri dal capoluogo della provincia del Kivu, sono esplose le violenze sommarie.
Gli stupri, le uccisioni, i furti e le rapine sarebbero stati la devastante reazione alla sconfitta inflitta dai ribelli. Stando alla ricostruzione dell’intera vicenda, solo quando i capi dell’esercito sono riusciti a ristabilire l’ordine è stato possibile individuare i colpevoli, il cui numero esiguo desta, tuttavia, non pochi sospetti sulla efficacia degli interventi repressivi.
I dati emanati dall’Onu parlano, infatti, di appena 11 soldati arrestati. Soltanto due sarebbero, invece, gli accusati di stupro. Insieme con loro, sono stati sospesi i comandanti dei due battaglioni coinvolti. Interventi che non convincono, se si pensa a quanto accaduto. L’unica certezza è che “i responsabili di questi crimini devono sapere che saranno perseguiti”: questa la promessa di Navi Pillay, l’Alto Commissario per i Diritti Umani.
Emilio Garofalo
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