Per il quinto giorno consecutivo le periferie di Stoccolma sono state messe a ferro e fuoco da centinaia di giovani. Ad innescare gli scontri sarebbe stata l’uccisione da parte della polizia di un uomo di 69 anni nel quartiere periferico di Husby, abitato in maggioranza da comunità provenienti da Iraq, Libano, Siria e Somalia. Al momento sono centinaia le auto date alle fiamme e si ha notizia di assalti alle stazioni di polizia ed alle scuole. La situazione sembra essere sfuggita di mano alle forze dell’ordine della capitale svedese che hanno dovuto chiedere i rinforzi.
Un po’ come nel film “L’odio” di Mathieu Kassovitz, la rivolta coinvolge per la maggior parte comunità straniere e seconde generazioni che vivono nelle periferie più povere della città. Nonostante il sistema di welfare svedese sia uno dei migliori in Europa, gli scontri hanno fatto luce sulle grandi differenze esistenti tra una maggioranza della popolazione benestante e una minoranza che non trova lavoro e fatica ad integrarsi. Un recente studio del Governo ha mostrato, infatti, come un terzo dei giovani delle aree più svantaggiate delle grandi città di età compresa tra i 16 ed i 29 anni non studia e non lavora. Le statistiche parlano di una nazione a due velocità con la quasi piena occupazione per i cittadini svedesi, ma con la metà degli immigrati disoccupati.
A questo si aggiunge l’emergenza rifugiati: nel 2012 più di 40.000 persone hanno fatto domanda di asilo politico in Svezia contro le 15.000 pervenute in Italia. Questo ha messo a dura prova il sistema di accoglienza svedese che non riesce più a garantire un alloggio a tutti i rifugiati. Con un costo della vita altissimo, chi rimane escluso si ritrova a vivere nei sobborghi dove già risiedono da anni migliaia di cittadini di origine straniera e seconde generazioni. E’ questa la polveriera che sembra essere esplosa in questi giorni e il rischio è ora quello che la rivolta si allarghi: è infatti di queste ore la notizia di due auto date alle fiamme nella città di Malmoe.
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