PECHINO – Nella notte fra il 3 e il 4 giugno 1989, i carri armati agli ordini del governo comunista cinese fecero irruzione a Piazza Tienanmen per mettere fine con la violenza alle proteste che da un mese e mezzo studenti e manifestanti portavano avanti pacificamente contro la dittatura. Fu la fine della breve primavera cinese, che pur fallendo ha dato il là alle successive rivolte nei paesi dei regimi comunisti, influenzando le successive rivolte nei paesi satelliti dei regimi comunisti.
L’INZIO DELLA PROTESTA – Dopo la morte dell’amato segretario del Partito Comunista Hu Yaobang, il 15 aprile 1989 iniziarono le manifestazioni, di carattere pacifico e volte unicamente alla commemorazione del leader scomparso. Eppure il presidente Li Peng e il leader Deng Xiaoping, convinti che il popolo stesse complottando contro il loro governo, decisero di dare via a una repressione che inasprì i rapporti con il popolo.
Le proteste, sempre di tipo pacifico, durarono per tutto il mese di maggio, con una sola interruzione durante la storica visita del presidente sovietico Michail Gorbaciov. Successivamente all’interruzione gli studenti decisero di iniziare uno sciopero della fame e di occupare piazza Tienanmen. L’ultimo tentativo pacifico del regime fu quello del segretario generale del Partito Comunista Zhao Zyiang che decise di parlare direttamente alla folla in piazza.
L’INIZIO DELLE VIOLENZE – La notte del 3 giugno il leader Deng Xiaoping diede l’ordine di sgomberare (con la violenza e senza risparmiare nessuno) la piazza entro l’alba. Fu l’inizio della repressione violenta dei manifestanti. Ad oggi non esistono immagini di quello che accadde, né ricostruzioni tramite testimonianze dirette, tantomeno bilanci certi dei morti e dispersi. Di sicuro la mattina del 4 maggio a Piazza Tienanmen non c’era più nessuno. Secondo le ricostruzioni del regime, gli studenti avevano attaccato i carri armati provocando la reazione dei soldati che spararono sulla folla. Il giorno dopo i parenti delle vittime provarono a entrare nella piazza, ma vennero fucilati dai militari. Le stime del governo cinese riportarono circa 200 morti, ma i dati della Cia parlanrono di un numero variabile tra i 440 e gli 800, mentre quelli della Croce Rossa riportarono dati ben più gravi: 2600 morti e 30.000 feriti.
L’immagine simbolo della protesta è quella del Rivoltoso Sconosciuto che, all’indomani del massacro, si parò davanti ai carri armati e salì su uno di essi per parlare con i soldati. Non se ne conosce il nome, né la sorte, ma è stato incluso tra le persone più influenti del XX secolo.
MEDIA – Oggi in Cina è vietato parlare di quanto accadde a Piazza Tienanmen. Le commemorazioni sono clandestine e il governo ha vietato Twitter e Facebook per commemorare o parlare di ciò che accadde quella notte. Notte che è rimasta comunque nella storia e che ha influenzato altre grandi rivolte come quella araba e le ben più recenti e attuali che sono in corso in Siria e Turchia.
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