Dal 4 giugno 2013 i giornalisti giordani protestano ad Amman dopo la chiusura di 263 siti internet appartenenti a giornali on line, affermando l’ anticostituzionalità dell’iniziativa.
Le autorità si difendono dicendo che le licenze non erano regolari. Human Rights Watch ha chiesto alle autorità che il provvedimento venga immediatamente sospeso.
Il giornalista Basel Ekour, ha dichiarato di avere pronta una denuncia contro lo Stato per danni economici e di immagine.
Ma la notizia non è una novità, infatti, già a settembre 2012 un ‘ altra protesta contro la revisione della legge sulla stampa e la pubblicazione, durò giorni. I gruppi parlamentari mandatari della revisione legislativa ritennero necessario il provvedimento per ” difendere i nostri figli dalla pornografia dilagante su internet “.
Di fatto non è altro che censura di Stato, dato che si obbligano blogger e giornali on line a registrarsi presso il Ministero delle Comunicazioni, con costi elevatissimi ( dai 1.000 ai 10.000 dinari, poco più in euro ), dove è stato istituito un registro per annotare tutto il traffico dati proveniente dai siti; inoltre la moderazione dei commenti deve essere fatta da personale deputato (censori).
La battaglia dei giornalisti giordani non avrà pace, dichiarano nei loro slogan ” avete assassinato la libertà di comunicazione ” e così con le bocche bendate da un cerotto e una bara portata a spalle, proseguono la corsa verso la libertà .
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