Alessandria d’Egitto, centro delle pulsioni e degli scontri, fisici e ideali, dell’Egitto in rivolta. Una città conservatrice quanto rivoluzionaria. Emblema delle tensioni e pulsioni che attraversano l’Egitto post Mubarak.
di Stefano Zambon (@Stefano_Zambon)
Perché Alessandria è più importante di altre città egiziane, al-Cairo compresa? Perché questa metropoli da 4 milioni di abitanti presenta tante e diverse facce dell’Egitto odierno, quello rivoluzionario (vedasi le rivolte di questi giorni) e quello conservatore. Ma non solo: Alessandria è anche la sede del patriarcato copto e una delle città più multiculturali d’Egitto.
I NUMERI. Partiamo dai dati di fatto: Alessandria è una città divisa più di ogni altra città egiziana. Ci basti osservare i risultati delle elezioni parlamentari e presidenziali egiziane del 2012. Le elezioni parlamentari, nel gennaio 2012, videro un vittoria, schiacciante, dei partiti islamisti (si legga a tal proposito il Limes del 2 febbraio 2013): Giustizia e Libertà, braccio politico dei Fratelli Musulmani, ottenne il 35% alla Camera Bassa e il 45% alla Camera Alta, dati in linea con le medie nazionali; L’exploit fu dei salafiti. Al-Nur, principale formazione politica salafita, guadagnò alla Camera Bassa il 31% dei seggi e il 35% alla Camera Alta, un dato superiore di sei punti alla media nazionale.
Così non fu quattro mesi dopo alle elezioni presidenziali. Il vincitore ad Alessandria fu Hamdin Sabbahi, leader del Partito della Dignità, di ispirazione laica e socialista, che raggiunse il 31,6% delle preferenze, contro il candidato di al-Nur, Abu al-Futuh, (21,45%) e Morsi (17%).
LE REALTÀ. Alessandria è un città capace di improvvisi ribaltamenti perché plurale: teatro dei più feroci scontri anti-Morsi e, allo stesso tempo, sede di al-Da’wa al-Salafiyya, la più importante organizzazione salafita egiziana, vicina al partito al-Nur.
Le stesse opposizioni a Morsi in questa città sono divise. Il Fronte di Salvezza Nazionale, partito che fa da coperta ai principali movimenti anti-Morsi, non riesce a tutt’oggi a radicarsi in questa città. Questo ci segnala un’ulteriore divisione all’interno dell’opposizione: quella tra i giovani rivoluzionari e il Fronte, considerato “aristocratico” e poco pragmatico. Un elitarismo che tiene ancora distante la classe operaia da questa formazione, forse per la mancanza di un sindacato forte che non sia alle dipendenza statali.
La Chiesa Copta alessandrina, nella città in cui risiede il suo Papato, rappresenta invece una realtà a sé stante. Elemento di opposizione a livello nazionale, in questa città si presenta lontana dalla vita pubblica e con una grande difficoltà a dialogare con le realtà locali. Qui, i giovani copti sono ancora “estranei” ai moti egiziani, come invece non accade nella capitale, al-Cairo, e in altre città.
Non c’è da stupirsi che Alessandria sia il centro degli scontri tra sostenitori e oppositori di Morsi essendo questa città lo specchio di un Egitto, diviso, in rivolta. Una lente d’ingrandimento per un paese che, da più di 2 anni (dalle sommosse del 25 gennaio 2011), non trova stabilità e coesione sociale.
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