Il 3 luglio scorso l’Assemblea Nazionale del Gambia ha emendato il “Decreto delle Informazione e delle Comunicazioni” nel quale infligge pene di reclusione fino a 15 anni e multe fino a 3 milioni di Dalasi -circa € 65,000 – per la diffusione su internet di notizie false o critiche nei confronti del governo.
Secondo il ministro delle comunicazione Nana Grey-Johnson, alcuni cittadini avrebbero in precedenza effettuato attività di propaganda al fine di incitare il popolo ad atteggiamenti poco pattriottici diffondendo notizie false e diffamanti circa i pubblici ufficiali. Come afferma il ministro, questo decreto vuole fornire un deterrente a coloro che minacciano la sicurezza del Gambia sia all’interno che al di fuori del Paese.
In realtà si tratta di una vera e propria violazione della libertà di espressione, un ulteriore pretesto per difendersi dalle critiche. Il vice-direttore di Amnesty International Africa, Lucy Freeman, rende noto che il governo del Gambia ha chiuso emittenti radiofoniche, testate di quotidiani, nonché espulso giornalisti stranieri ed incarcerato attivisti politici che hanno criticato apertamente il governo. Non ultimo è in corso un serrato controllo sulla diffusione di notizie tramite internet.
Il decreto renderà ancora più aspra la già presente censura gambiana nella quale internet rappresentava l’unico strumento di libera informazione. D’ora in poi però anche questa libertà sarà vigilata e quindi negata ai cittadini gambiani tramite detenzioni e multe. L’ONG Reporter Senza Frontiere chiede che questa legge venga ritirata, in quanto costituisce un bavaglio ai media nel nome della sicurezza del Paese, il cui presidente Yahya Jammeh, è considerato da un suo rapporto un “predatore della libertà di stampa”. Nella classifica mondiale della libertà di stampa, realizzata da RSF, il Gambia è al 152esimo posto su un elenco 179 paesi.
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