“Come può il Libano volgere le spalle ai chi ha perso la propria casa, i parenti, i propri mezzi di sostentamento e a chi sta scappando dalla guerra per salvarsi la vita?” – Joe Stork, responsabile dell’area mediorientale per Human Rights Watch.
Il governo del Libano ha impedito l’ingresso nel Paese a circa 200 palestinesi provenienti dalla Siria. La negazione del diritto d’asilo – raccontata a Human Rights Watch da alcuni dei palestinesi che hanno tentato di entrare in Libano, tra cui bambini, donne, anziani e malati – è dovuta alle nuove misure del Direttorato generale della sicurezza del Libano che, dal 6 agosto, ha imposto specificatamente per i palestinesi residenti in Siria.
Ufficialmente non c’è stato nessun comunicato ma, stando a quanto i richiedenti asilo hanno raccontato, le guardie di confine hanno ricevuto una chiamata proprio dall’ufficio del Direttorato per comunicare che da quel momento “nessun palestinese di Siria” sarebbe dovuto più “entrare nel territorio libanese”. Gli unici palestinesi ammessi nel territorio libanese sarebbero quelli con moglie o madre libanese oppure quelli con un biglietto con cui lasciare Beirut lo stesso giorno d’ingresso. Fino ad ora, dal 2011, il Libano ha accolto oltre 60mila profughi palestinesi in fuga dalla Siria.
“Come può il Libano volgere le spalle ai chi ha perso la propria casa, i parenti, i propri mezzi di sostentamento e a chi sta scappando dalla guerra per salvarsi la vita?”, ha dichiarato Joe Stork, responsabile dell’area mediorientale per Human Rights Watch. “Il Libano”, ha continuato Stork, “non dovrebbe respingerli verso un luogo in cui la loro vita e la loro sicurezza sono a serio rischio”.
La nuova politica libanese è una chiara violazione del principio di nonrefoulement, garantito dal diritto internazionale, secondo il quale i governi non dovrebbero respingere richiedenti asilo verso la terra d’0rigine se questo dovesse mettere in pericolo la loro libertà o la loro stessa vita.
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