Cisgiordania, tensione alle stelle a Hebron. Netanyahu: via libera a nuove colonie

Hebron vista dai tetti della città vecchia

Da qualche giorno a Hebron, nel sud della Cisgiordania, si respira un’aria di grande tensione a causa di numerosi scontri che si sono verificati tra palestinesi e coloni israeliani. Simbolo del conflitto, la città è anche uno dei più grandi ostacoli al processo di pace, poiché contesa da ebrei e musulmani. Al suo interno vivono circa 200.000 palestinesi e una comunità di 7.000 coloni israeliani, in insediamenti illegali, completamente circondati da un esercito di 5.000 soldati (solo nella città vecchia).

Le ostilità sono state innescate dall’uccisione di un soldato israeliano, che nella giornata di domenica 22 settembre stava scortando un gruppo di coloni su uno dei luoghi contesi da ebrei e musulmani: la tomba di Abramo. Il soldato, Gabriel Koby, 20 anni, è stato ucciso da un cecchino nei pressi della tomba ed è morto poco dopo in un ospedale di Gerusalemme.

Me’arat ha-Machpela (la Grotta di Machpela) per gli ebrei e al-masjid al-Ibrāhīmī (la Moschea di Abramo) per i musulmani è una struttura religiosa divisa a metà da un vetro antiproiettile e che prevede entrate separate per ebrei e musulmani con controlli di sicurezza per questi ultimi. Dall’inizio di questa settimana si celebra la festa ebraica di Sukkot, un pellegrinaggio di 8 giorni che ricorda il viaggio degli ebrei verso la terra promessa e durante questo periodo molti ebrei sono entrati nella città palestinese per pregare sulla tomba di Abramo. L’esercito ha imposto a molti negozianti di chiudere le loro attività per permettere il passaggio dei coloni ebrei in visita.

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Controlli militari per accedere alla Moschea di Abramo

In risposta all’uccisione del soldato, Israele ha blindado la città e chiuso le strade ai palestinesi, i militari hanno fatto incursione nelle case, alla ricerca del cecchino non ancora intercettato, fermando e arrestando i civili. Amare liti si sono verificate anche tra le famiglie palestinesi e i coloni.

Nonostante Abbas abbia condannato l’uccisione del soldato (e quella di un altro militare morto qualche giorno prima a Qalqilya), Netanyahu ha dato il via a nuovi insediamenti di coloni nella città palestinese all’interno della Machpela House, edificio di proprietà palestinese, adiacente alla tomba di Abramo, occupato illegalmente lo scorso anno da 15 coloni, evacuati poi su ordine della Corte Suprema. Altre minacce arrivano dal ministro Naftali Bennett (del partito della Casa Ebraica) che ha chiesto di interrompere la scarcerazione di 104 prigionieri palestinesi dalle carceri israeliane, scarcerazione che è parte del dialogo ripreso lo scorso agosto.

Le ripercussioni sulla popolazione palestinese di Hebron non saranno dunque blande e si andranno ad aggiungere a tutta una serie di vendette perpretate da Tel Aviv ai danni dei palestinesi: negozi chiusi perché troppo vicini alla colonia, case occupate, aggressioni quotidiane contro i residenti e misure di sicurezza umilianti che i palestinesi sono costretti a prendere, come l’istallazione della rete metallica che sovrasta il mercato arabo per proteggerlo da immondizia, pietre e rifiuti di ogni genere che vengono lanciati dagli appartamenti dei coloni (espropriati ai palestinesi). Una vita umiliante, degradante e indegna per i palestinesi di Hebron, esempio lampante dell’Apartheidche sono costretti a vivere ogni giorno in Cisgiordania.

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L’accesso alla colonia e alla parte ebrea della tomba di Abramo

Il timore dell’Autorità Nazionale Palestinese intanto è che avvenimenti come quello di domenica possano dare a Israele la scusa per interrompere il dialogo per il processo di pace. Processo già appeso a un filo ma che da parte sua l’ANP ha sempre desiderato portare avanti, nonostante i 16 palestinesi uccisi per mano di israeliani nel corso del 2013 (ricordiamo i tre ragazzi del campo profughi di Qalandia, Ramallah, morti ad agosto a seguito di un raid di militari in abiti civili).


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