”E’ un dovere morale dirlo. Non è il governo di Bashar al-Assad ad avere utilizzato il gas sarin o un altro gas nella periferia di Damasco”. Sono queste le clamorose dichiarazioni rilasciate alla radio belga Bel RTL da Pierre Piccinin, compagno di prigionia del giornalista de ‘La Stampa’ Domenico Quirico, liberato ieri in Siria. Piccinin e Quirico avrebbero sviluppato questa certezza dopo aver ascoltato una conversazione tra i ribelli che li tenevano prigionieri. Piccinin ha poi aggiunto “ammetterlo mi costa perchè da maggio 2012 sostengo con decisione l’esercito libero siriano nella sua giusta lotta per la democrazia”‘. ”Per il momento – ha poi proseguito – per una questione di etica, Domenico ed io siamo determinati a non fare uscire (i dettagli di) questa informazione. Quando ‘La Stampa’ riterrà che è venuto il momento di dare dettagli su questa informazione, lo farò anche io in Belgio”, ha spiegato l’insegnante e storico belga. Piccinin ha poi raccontato le sensazioni che hanno provato lo scorso 30 agosto, quando lui e Quirico hanno sentito dell’intenzione degli Usa di intervenire in Siria in seguito all’uso delle armi chimiche attribuito al regime: ”avevamo la testa in fiamme. Eravamo prigionieri laggiù, bloccati con questa informazione e per noi era impossibile darla”.
Poi Piccinin ha raccontato la sua prigionia, “E’ stata un’odissea terrificante lungo tutta la Siria con diversi spostamenti. Non era sempre lo stesso gruppo che ci teneva prigionieri e questi gruppi erano molto violenti, molto anti-occidentali e islamici anti-cristiani”. Al quotidiano “Le Soir” Piccinin ha anche raccontato come è iniziato il sequestro: “Il 6 aprile siamo entrati in Siria. Due giorni dopo eravamo a Qusseir, ed è là che l’esercito siriano libero ci ha arrestato e poi passati alla brigata Abu Ammar, dal nome del suo capo”. “E’ gente mezza pazza – ha spiegato Piccinin – più banditi che islamici, più o meno legati al movimento Al-Farouk, uno dei principali gruppi ribelli anche se è un pò scoppiato in questi ultimi tempi”. “Abbiamo subito violenze molto dure – ha raccontato lo studioso belga a radio Bel RTL – Ora fisicamente va bene, nonostante le orribili torture che abbiamo patito, Domenico ed io: umiliazioni, vessazioni, false esecuzioni. Domenico ha subito due false esecuzioni con una pistola. Ad un certo punto abbiamo pensato che ci avrebbero uccisi perché ci hanno detto che eravamo diventati un problema e che si sarebbero dovuti liberare di noi”. “Con Quirico – ha concluso Piccinin – abbiamo cercato di scappare due volte. Una volta, abbiamo approfittato del momento della preghiera e ci siamo impadroniti di due Kalashnikov. Per due giorni abbiamo attraversato la campagna prima di ricadere nelle mani dei rapitori che ci hanno punito seriamente per questo tentativo d’evasione”.
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