L’appuntamento é per le nove di mattina alla fermata di Hatton Cross, l’ultima della Piccadilly line prima di arrivare ad Heathrow, periferia di Londra e terzo aeroporto al mondo per traffico passeggeri. Elegante e da subito con metodi cortesi, si rivela di una semplicità disarmante a dispetto dell’importanza del ruolo che ormai ricopre. Con quasi due ore di volo siamo venuti fin qua a scoprire questo ragazzo che da Pistoia, con una laurea in Filosofia, decise di lasciare la sua città e l’Italia a causa, come dice lui stesso, “della mancanza di trasparenza e meritocrazia“.
Siamo in compagnia di Francesco Fabbroni, pistoiese doc («Ah le colazioni la mattina, quando il babbo mi portava alla pasticceria Valiani!»), oltre Manica da circa dieci anni – dopo un percorso ricco di soddisfazioni partendo da cameriere a capo delle Risorse Umane della DB Schenker (il ramo trasporti e logistica di Deutsche Bahn, secondo operatore al mondo nel loro settore), dove siede nel Board of Directors.
Non rimpiange l’Italia, anzi; se potesse andrebbe ancora più lontano. E nonostante la posizione raggiunta, la voglia di apprendere sembra non passargli mai: dopo un primo Master adesso sta prendendo parte ad un secondo (”Nel fine settimana; é un corso fatto apposta per chi lavora”), oltre a mantenersi in ottima forma con la sua corsa quasi quotidiana nel parco vicino casa. Giusto, la casa: in città a Londra, mentre gli uffici li raggiunge in periferia (”Uso spesso la metropolitana, così posso leggere”).
Ci fa accomodare sulla sua auto e quasi imbarazzato per tanto interesse, ci conduce alla Schenker House, lungo la Great South West Road di Feltham. Saliamo al suo ufficio dove notiamo la scarsa presenza di mura tra un ufficio e l’altro, separati spesso da grandi vetrate («Qui non manca certo la trasparenza»). Moquette, arredo semplice, due chiacchiere con un paio di segretarie, una sbirciatina al cellulare, e poi sarà tutto nostro. Da cameriere a Capo Risorse umane, ne avrà di cose da raccontare!
GLI INIZI – Alla fine degli anni ’90 ero stufo dell’Italia, nel senso che non mi piaceva la mancanza di trasparenza e di meritocrazia. Decisi di lasciare l’Italia e di venire a Londra, dove ero stato tre o quattro volte, perché era sempre stata nelle mie idee come una città dove si potessero realizzare i sogni. Iniziai a fare il cameriere: fu un’esperienza dura perché si lavorava 12-14 ore al giorno ed il trattamento non era dei migliori. Il mio obiettivo era lavorare nelle risorse umane ma non avendo mai lavorato prima in Inghilterra in questo settore era difficile e quindi mi offrii gratuitamente ad un’azienda inglese nel settore alberghiero ed iniziai a lavorare gratis per 3-4 mesi, lavorando sempre al ristorante. Mi offrirono presto un contratto e al quel punto diventai dipendente fisso e lasciai il ristorante: Londra é un posto dove se lavori duro e ti impegni ci sono opportunità, sempre e comunque. Imparai il mestiere, le leggi che regolano il lavoro ed i vari aspetti ad esso legati. Poi cominciai anche a cercare qualcos’altro perché volevo crescere.
Prima di arrivare alla Schenker lavoravo alla IHG, la compagnia che gestisce gli hotels Intercontinental o gli Holiday Inn ed ero responsabile per la zona EMEA (Europe, Middle East, Africa), anche questa un’azienda con più di 300.000 dipendenti e circa 4500 hotels nel mondo.
Quando si arriva a certi livelli si può essere anche cercati dai cosiddetti headhunters (cacciatori di teste). Spesso ti chiamano, vogliono sapere se sei interessato in un’altra posizione. Diventa quasi una cosa automatica, non devi più nemmeno fare un grande sforzo per cercare il prossimo lavoro.
Che ricordi hai di quando sei arrivato qui a Londra ed eri il classico cameriere italiano? Guardando tutta la strada che hai fatto, quanto sei orgoglioso di quello che hai fatto?
Non so se chiamarlo orgoglio. Fa piacere vedere che se ti impegni qualcosa succede. Guardando indietro ho saputo fare cose che sono state apprezzate, partendo da cameriere. Anche quando ho cominciato in ufficio facendo le fotocopie. Fa piacere vedere che ho fatto qualcosa, mi sono impegnato, ho lavorato duro e che tutto questo é sono stato apprezzato.
LA CRISI – Ci sono alcuni Paesi che sono stati maggiormente colpiti dalla crisi e, coincidenza o no, questi Paesi sono Irlanda, Portogallo, Spagna, Italia, Grecia, tutti Paesi di fede cattolica. Mentre Paesi protestanti tipo Finlandia, Germania, Olanda non hanno risentito della crisi nello stesso modo. Ci puo’ essere secondo te un fattore cattolico-religioso dietro questa crisi? Si puo’ dire che il perdonismo, che é alla base della religione cattolica, abbia avuto un’incidenza?
Secondo me non é quello il solo fattore ma uno dei fattori. Questi sono fenomeni sociali complessi, quindi c’é sempre una combinazione di fattori. Sicuramente la religione riveste un ruolo fondamentale nelle culture europee. In particolare, una differenza tra il cattolicesimo e la religione protestante é che nelle religioni protestanti c’é uno spiccato senso della responsabilità individuale ossia la gente si assume la responsabilità di quello che fa e non cerca di scaricare la colpa su altri, sulla società, sul sistema. Mentre nei Paesi cattolici si cerca sempre di giustificare le conseguenze negative delle nostre azioni alla luce di una responsabilità generale.
POLITICA E INFORMAZIONE – La casta politica, che tutti odiano in Italia, in realtà é un riflesso della popolazione. Non é che la casta sia atterrata un giorno da Marte e si sia insediata a Montecitorio. E’ una selezione del popolo italiano. Dobbiamo accettare il fatto che questa gente é parte integrante della società del popolo italiano e riflette il modo di essere. Il fatto é che queste persone operano sotto i riflettori, con grandi somme di denaro quindi é tutto amplificato.
– In Italia, ad esempio, quando vai dal dentista che ti propone la classica scelta «800 euro, pero’ senza fattura 500 euro» accetti di pagare 500€ ed in quel momento stai evadendo le tasse e sei parte del sistema. Quell’atteggiamento moltiplicato un milione di volte va a contribuire al deficit e ne sei perfettamente complice. La differenza é che te operi su una scala minore e puoi soltanto appropriarti di importi minori; quelli della casta gestiscono milioni e lo fanno su una scala maggiore.
– L’informazione in Italia non é imparziale. Guardando la BBC ed il modo con cui viene fatta informazione in Italia, non ho le parole per descrivere la differenza abissale tra i due sistemi. Senza volerla glorificare ma alla BBC l’informazione viene fatta in maniera trasparente. Percepisci che chi fa informazione non cerca di manipolare l’informazione. Possono avere idee ma il loro scopo é quello di essere il più obiettivi possibile. In Italia é quasi l’opposto; si cerca di manipolare l’informazione e di gestirla in maniera di ottenere uno scopo. E chiaro che questo determina il modo con cui la gente si immagina la realtà. E una cosa ovvia al di fuori dell’Italia dove nessun privato puo’ possedere più del 30-40% di una rete televisiva.
Il mio capo é islandese e alcuni mesi fa mi chiese «Ma Francesco, é vero che Berlusconi si ricandida?» Era esterrefatto. «Si é vero, l’ho sentito anch’io». E questo é un esempio ma te ne potrei fare a centinaia di persone che mi hanno fatto questa domanda. E’ difficile spiegarsi il motivo per cui in Italia ha ottenuto il 30% (alle ultime elezioni, ndr). Io non giudico, la gente é libera di votare chi vuole, ma é difficile dare una spiegazione per le promesse che sono state fatte e per quelle che non sono state mantenute, per il modo in cui ha operato. Se mi chiedessi per quale motivo questo 30% di elettori, e stiamo parlando di milioni di persone, hanno continuato a votarlo, secondo me perché molte persone in Italia apprezzano coloro che sanno fare il proprio interesse.
UNIVERSITA’ E CV – Quando ho studiato all’università di Firenze c’erano dei professori di ottimo livello, persone molto intelligenti, con una cultura sterminata che mi hanno insegnato tante cose. Non manca la qualità degli insegnanti anche se l’università italiana é un po’ come una Torre d’avorio, un mondo a se’ che non ha un gran contatto col mondo reale. L’Università deve avere un più stretto contatto col mondo del lavoro ma anche con la vita quotidiana.
In principio sono favorevole al numero chiuso. Mi spiego: ci deve essere la possibilità di fare gli studi per tutti ma il numero chiuso genera competizione . La competizione e la selezione dei migliori é importante non solo per chi viene selezionato ma anche per il Paese perché l’economia e la società avanzano quando i migliori portano il loro valore aggiunto nelle loro attività, permettendo a tutti di beneficiarne.
Di CV penso di averne visti milioni. Il curriculum deve essere conciso e chiaro. Poi dipende da quanta esperienza si ha ma massimo deve essere composto da due pagine in cui in maniera molto concisa si fa una cronologia dell’esperienza lavorativa e degli studi effettuati. E’ importante essere specifici in relazione a quello che si é svolto nei precedenti lavori, in modo che che si capisca subito quello che questa persona ha fatto per poter essere preso in considerazione.
Al momento del colloquio il segreto é essere se stessi e non cercare di essere qualcosa di diverso perché poi la gente con cui parli se ne rende conto. E’ importante avere l’atteggiamento giusto: quello che i datori di lavoro apprezzano é la volontà di fare, l’atteggiamento positivo.
FLESSIBILITA’ E SINDACATI – Introdurre flessibilità nel mondo del lavoro, anche se nel breve termine ci possono essere consequenze negative, nel lungo termine costituisce un incentivo ad assumere ed é dimostrato che dove c’é più flessibilità le aziende assumono di più. Questo aspetto in Italia é molto ingessato ed introdurre flessibilità porterà sicuramente benefici. Ho lavorato molto col modello anglosassone dove la flessibilità é ancora maggiore, e questo fa si che l’economia sia più fluida. L’economia ha bisogno di fluidità per fiorire. Ci sono altri modelli che funzionano bene, come quello tedesco che é più vicino a quello italiano e dove non é facile licenziare. Quel modello funziona bene in Germania mentre da noi non funzionerebbe perché i sindacati in Germania sono più responsabili, più moderni e più collaborativi. In Italia sono ideologicizzati e quindi difende il fannullone sempre e comunque senza rendersi conto che quello che quel fannullone non fa ricadrà sulle spalle di tutti. Quando invece i sindacati hanno un atteggiamento responsabile, collaborativo e moderno, non lo difenderebbero mai.
Perché un’azienda tedesca, svedese o inglese é reticente a venire ad investire in Italia?
Il costo del lavoro non rappresenta un grosso ostacolo perché noi siamo in un’economia avanzata e quindi produciamo prodotti e servizi di un altro livello. Non é il nostro il settore manufatturiero della Cina. Una persona che ha intenzione di investire in un Paese straniero guarda a cose molto semplici. L’investitore dice: «Vado in quel Paese, voglio investire, voglio avere controllo su quello che accade, quindi ho bisogno di semplicità e di trasparenza. Se ho bisogno di una licenza, voglio sapere quanto mi costa e sapere il giorno, in maniera rapida, che posso ritirarla. Devo sapere se ho bisogno di 50 persone, se devo ridurre il personale, eccetera. L’imprenditore ha bisogno di un sistema di regole chiaro, trasparente, semplice. Parlavo recentemente con un professore di economia e mi diceva che gli imprenditori non vanno in Italia perché non sanno quando le cose avvengono. C’é questo grande buco nero della burocrazia e te puoi solo metterti li ad aspettare e pregare. E questo é esattamente cio’ che l’imprenditore non vuole. Per gestire le risorse in maniera efficace un imprenditore ha bisogno di assoluta trasparenza e certezza del futuro. E poi in Italia c’é la mancanza di certezza e di stabilità politica; cinquanta governi in cinquant’anni! Poi c’é l’aspetto della corruzione, della criminalità. Se apro un negozio o un ufficio voglio essere rassicurato che nessuno un giorno possa venire in ufficio e chiedermi soldi per continuare.
SCRIVERE, LA MIA PASSIONE – La mia vera passione é lo scrivere. Ho sempre scritto. Prima un romanzo e poi recentemente anche un saggio, relativo ai temi che abbiamo discusso, un italiano a Londra. Prende spunto dalla mia esperienza ma potrebbe essere l’esperienza di chiunque, lo scopo non é parlare di me. Lo scopo é quello di cercare di capire cosa potremmo imparare da questa cultura. Una cosa la voglio dire: fino adesso abbiamo parlato degli italiani in termini negativi. In realtà ci sono aspetti molto positivi. Ho incontrato molti italiani di un’intelligenza sopraffina; la creatività italiana non é seconda a nessuno, la nostra storia, l’arte, i geni. Lo scopo di questo saggio é dire: «Guardate, abbiamo un bagaglio di qualità di primissimo ordine e lo stiamo rovinando con questi atteggiamenti stupidi». Se solo riuscissimo ad imparare da altri popoli come quello inglese o quelli scandinavi, potremmo mettere a frutto le nostre qualità e potenzialmente saremmo un Paese che trascina il mondo.
Ti rivedremo in Italia, hai intenzione di ritornare o per il momento resti all’estero?
No al momento no. A parte ovviamente per tornare a trovare amici e famiglia. Anzi, se dovessi muovermi da Londra mi piacerebbe andare in un’altra città: New York o Hong Kong.
La conversazione con Francesco potrebbe andare avanti per ore e sui più svariati argomenti. Ci rendiamo pero’ conto di essere andati oltre il tempo concordato: la sua accoglienza, la sua loquacità, la ricchezza dei contenuti e la sua modestia hanno reso l’incontro particolarmente gradevole, facendo volare il tempo. Riponiamo i nostri strumenti del mestiere contenti ed orgogliosi di aver incontrato colui che, utilizzando un’espressione di una volta, avremmo definito ”una persona per bene”. Riprendiamo il nostro cammino verso il centro di Londra e nel vagone della metro ci domandiamo:”Chissà se rimanendo in Italia avrebbe fatto la stessa carriera?”. I nostri sguardi si incrociano e senza dir niente, abbiamo già la risposta. Ed immaginiamo la Regina che, ascoltandoci, ringrazi il nostro Paese per quanto si é lasciato sfuggire. Beh, che dire!? …. God save Francesco!
Alberto Scarsi
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