di Loredana De Pace
Si chiama La misura del paesaggio ed è il primo festival di fotografia organizzato a Pentadattilo (RC), dal 26 ottobre al 3 novembre scorso, con il proposito di diventare un palcoscenico annuale per incrementare la riflessione, necessaria quanto rigenerante, sul territorio e sulla sua valenza sociale, economica, culturale e ambientale. Ambizioso? Probabilmente sì, ma a ragion veduta.
Se esiste una scuola di pensiero sulla fotografia italiana, riconosciuta in patria quanto all’estero, questa è indiscutibilmente legata al paesaggio. Non è un caso, infatti, che nel 2007, anno in cui l’Italia è stata l’ospite d’onore della fiera francese Paris Photo, il curatore incaricato Walter Guadagnini per rappresentare la nostra nazione, aveva scelto proprio il paesaggio, declinato a seconda della personalità degli autori invitati a esporre.
Sono molti gli esempi iconografici che la storia del Belpaese può portare sul “banco dei testimoni” per sostenere quanto detto: dai contrastati bianconeri di Mario Giacomelli, ai colori saturi e le forme essenziali di Franco Fontana, fino alle recenti sperimentazioni e alle visioni urbane dei più giovani Francesco Jodice e Luca Campigotto, solo per fare qualche esempio. La fotografia italiana, insomma, si è nutrita e tuttora lo fa, delle immagini prodotte dai grandi autori e dalle nuove leve che hanno adottato come leitmotiv della loro carriera le problematiche legate al territorio.
Questi argomenti sono oggetto d’interesse e riflessione da parte di un pubblico sempre più attento e di autori sensibili al tema. Anche a Pentadattilo, in provincia di Reggio Calabria, si è sentita la necessità di organizzare un festival, chiamato La misura del Paesaggio, che fosse un’occasione per fare luce su vizi e virtù del territorio.
Con buona pace degli amanti di altri generi, ugualmente importanti, quello del paesaggio resta un tema vincente, specie in una nazione come la nostra nella quale ancora non risulta chiaro a chi di dovere il nesso che esiste fra la tutela del paesaggio (e delle sue risorse), e il benessere collettivo, sia attuale sia delle generazioni future. Troppo spesso la cronaca riporta circostanze volte a danneggiare indiscriminatamente il territorio, allo scopo di assecondare gli interessi dei singoli o dei potenti, a discapito proprio di quella terra che, invece, tutti dovremmo proteggere. Un festival che “misura” il valore del paesaggio, quindi, trova appieno la sua ragion d’essere nella nostra nazione, e ancor più in Calabria, regione ricca e controversa sotto vari aspetti, ambientali e sociali.
“Eravamo alla ricerca di qualcosa che stimolasse una profonda riflessione sul territorio”, ci racconta Teodora Malavenda, una delle curatrici dell’evento. A tal proposito puntualizza: “Con il termine paesaggio intendiamo un sistema articolato di relazioni sociali, architettoniche, culturali, religiose, politiche, antropologiche”. E prosegue: “Il nostro fine non era solo quello di proporre delle foto gradevoli da un punto di vista estetico-compositivo, ma soprattutto far conoscere i progetti che testimoniano l’influenza dell’uomo sul contesto che lo ospita”.
Il festival, nato sotto l’egida dell’Agenzia dei Borghi Solidali, Nonsense e Servizifotografici.net, con il sostegno di Fondazione con il Sud, è stato curato, oltre che da Teodora Malavenda, anche da Alessandro Mallamaci ed Elena Trunfio.
Il paesaggio “misurato” in occasione della manifestazione ha trovato tre testimoni d’eccellenza della fotografia italiana, chiamati a esporre particolari “talenti” sui quali vale la pena soffermarsi: il primo, quello della contemplazione è espresso nei dittici di Marco Rigamonti, che racconta i mutamenti prodotti dall’uomo sulla costa francese, e avvenuti di fronte al suo obiettivo e sul medesimo paesaggio, ma in momenti diversi dell’anno, ovvero nei mesi estivi e, poi, in quelli invernali. Stessa spiaggia, stesso mare è il titolo della sua mostra, divenuta recentemente anche un libro, edito per i tipi di Postcart.
Il talento della testimonianza, invece, è proposto dal progetto 106 Statale Jonica di Filippo Romano. Si legge nel testo di presentazione della mostra: “Questo lavoro cattura la bellezza di un paesaggio naturale (…) che attraversa la costa jonica, da Taranto a Reggio Calabria, continuamente devastato dall’abusivismo edilizio. Agli scheletri di case mai finite e alle strade coperte di spazzatura si alternano scogliere mozzafiato, resti di templi greci e panorami incantevoli”.
Il terzo talento, proprio come un dono consegnato dai tre giovani organizzatori al pubblico che ha visitato la rassegna, è stato quello della condivisione, ed è stato proposto da Alessandro Grassani con il lavoro Migranti Ambientali: l’ultima illusione. A causa dei cambiamenti climatici l’uomo sta abbandonando la campagna, e le città limitrofe sono ormai colme di nuovi poveri, i migranti ambientali per l’appunto, disadattati e senza futuro. Condividere questo dramma sociale, destinato a diventare una condizione comune a duecento milioni di profughi, serve a fabbricare consapevolezza collettiva, indispensabile per la ricerca di soluzioni alternative per il futuro di tutti.
“Durante il festival c’è stata una grande partecipazione e anche una particolare attenzione da parte della stampa nazionale”, spiega Teodora alla quale abbiamo chiesto anche di spiegarci le ragioni che l’hanno indotta a organizzare un festival sul paesaggio. “Il sud, e la Calabria in particolare, prosegue, hanno l’esigenza di uscire dagli stereotipi che li vedono citati dai media solo per questioni legate alla malavita o ai fatti di cronaca. Andare oltre la superficie delle cose, quindi, è uno degli obiettivi del festival. Fra i principali intenti, seguita la curatrice, c’è quello di instaurare fruttuose collaborazioni con le altre manifestazioni italiane e, perché no, in futuro anche con quelle organizzate oltre confine”. Saranno necessari tempo, costanza e tenacia, ma con la passione, la determinazione e l’ostinazione che ci contraddistinguono riusciremo a trasformare questo “numero zero” in un appuntamento annuale, atteso dal pubblico dei fotoamatori, dei fotografi professionisti, ma anche dei non addetti ai lavori.
Insomma, c’è ancora molto da dire sul paesaggio e, tramite questo genere, tanto si può anche testimoniare, denunciare, dimostrare, dichiarare, esprimere.
Durante le giornate del festival si sono tenute anche diverse presentazioni editoriali, alcuni seminari e workshop, come quello curato da Marco Olivotto, professionista della postproduzione fotografica.
E ora? Domandiamo in ultimo a Teodora: “Stiamo lavorando all’edizione 2014”, ci risponde. E prosegue: “Per il prossimo anno ci auguriamo di poter ospitare un numero maggiore di autori, vogliamo organizzare anche le letture portfolio, ampliare l’offerta di presentazioni editoriali, inspessire la proposta dei workshop e delle proiezioni, ma soprattutto ci aspettiamo una maggiore affluenza extra regionale. Incrociamo tutti le dita, quindi, e diamoci da fare!”
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