“Qahera”, eroina in hijab contro Femen e predicatori misogini

di Claudia Corbo

MOLESTIE, AMARO PANE QUOTIDIANO – C’è un elemento che, più di ogni altro, unisce quasi tutte le donne egiziane: almeno una volta nella vita il 99,3% di loro ha subito delle molestie di natura sessuale. Questo dato raccapricciante ci viene fornito da un recente rapporto delle Nazioni Unite, il quale ci mostra in maniera evidente che si tratta di un fenomeno di ampia portata che coinvolge donne di ogni età e classe sociale. «Non importa nemmeno se copri il tuo corpo o meno – ci dice una ragazza egiziana, M. A. – è una malattia che non fa differenza, colpisce quasi tutte noi». Dai volgari apprezzamenti in mezzo alla strada, alle palpatine, fino ad arrivare talvolta anche ad aggressioni fisiche e stupri, le donne egiziane ogni giorno devono far fronte alla pesante ed insostenibile routine delle molestie. «Si iniziava dalla mattina quando andavo in università – dice Sama – e prendevo l’autobus; venivo molestata praticamente ogni giorno». La molestia può arrivare dovunque e da chiunque, come ci dice Iman «a volte sono anche bambini di circa 10 anni, che magari subito dopo si scusano, ma – continua – possono arrivare anche da trentenni o sessantenni, senza alcuna differenza». Dando una rapida occhiata alla mappa offerta da Harass Map (sito tramite il quale le donne egiziane possono segnalare le molestie subite), salta subito all’occhio che la maggior parte dei casi avviene nella capitale, come ci conferma anche Maha E. K.: «Essendo una ragazza nata e cresciuta in un villaggio, non ero abituata alle molestie, poiché piuttosto rare. Infatti quando ho iniziato ad andare al Cairo sono rimasta davvero scioccata».

“COLPEVOLIZZATE PER TUTTO” – Secondo un rapporto del 2012 elaborato dal Centro Egiziano per i Diritti delle Donne (ECWR), l’Egitto è secondo solo all’Afghanistan per quanto riguarda il numero di casi di molestie sessuali. E tale questione assume delle sfumature ancor più drammatiche se consideriamo che moltissimi casi non vengono nemmeno denunciati. Dal rapporto delle NU emerge che soltanto l’1,7% delle donne si rivolge a un membro della famiglia o ad un amico dopo aver subito una molestia e che soltanto l’1,1% chiede aiuto alla polizia. Più di un terzo delle donne non si rivolge alle forze dell’ordine per paura che ciò possa intaccare la propria reputazione e questo dato trova la propria ragion d’essere nelle parole di M. A.: «Viviamo in una società dove noi donne siamo colpevolizzate per tutto. Se un uomo molesta una donna, si dice che non era vestita in modo appropriato e se molesta una ragazza velata, allora, ci viene detto di non denunciarlo o rovineremo il suo futuro! E il nostro futuro? Perché la nostra prospettiva non viene considerata, ma bisogna sempre ascoltare la versione maschile dei fatti?».

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LA VOCE DELLE DONNE EGIZIANE – Di fronte al dirompente dilagare di una piaga di tale portata, la società civile egiziana, però, non sta in silenzio. Nonostante il timore di parlare e di denunciare gli abusi, le donne egiziane hanno deciso di far sentire la loro voce tramite cortei, manifestazioni, ma anche nella quotidianità delle loro esperienze. Maha E. K. ci rivela che dopo uno shock inziale, tale condizione le è servita da sprono per reagire ed interessarsi di femminismo: «Ho partecipato a diversi seminari riguardanti il femminismo e ho letto molti articoli e libri a riguardo; in più, sono diventata membro di diverse associazioni femministe. Inoltre – continua a raccontarci entusiasta e decisa – non ho più paura di reagire a chi mi molesta e se vedo una ragazza vittima di un abuso, corro a darle il mio supporto». Tuttavia, non è scontato trovare il sostegno dei passanti, e a tale proposito Sama condivide la sua esperienza: «Inizialmente la mia reazione era il silenzio per poi tornare a casa e piangere. La prima vola che reagì – continua il suo racconto – fu al terzo anno di università, quando ero sull’autobus ed urlai violentemente al mio aggressore, lo spinsi contro il sediolino e, sì, gli sono saltata addosso numerose volte fino a quando non ha iniziato ad urlare. Tre giorni dopo ho dovuto affrontare una situazione analoga nello stesso luogo, quando un uomo seduto dietro di me ha infilato il suo dito tra le due parti del sediolino. A quel punto, mi sono voltata di scatto afferrando il suo dito e, sì, gliel’ho rotto tra le due parti della sedia. Si mise ad urlare in maniera disumana tanto che l’autista fermò l’autobus e corse verso di noi. Dopo che gli spiegai le motivazioni del mio gesto, disse che la mia reazione fu comunque esagerata e sbagliata ed ottenne l’appoggio di tutti i passeggeri. Mi sentivo frustrata. Ho maledetto l’autista e i passeggeri e sono scesa dall’autobus». È chiaro, dunque, che uno dei punti più critici delle molestie sessuali nel contesto egiziano è che siano socialmente accettate e quindi raramente la condanna morale si applica all’aggressore. Proprio per tale motivo una lotta efficiente alle molestie sessuali va innanzitutto operata dal punto di vista della percezione della società, per sperare infine in un cambiamento effettivo delle drammatiche statistiche riportate dalle varie associazioni.

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“QAHERA”, SUPEREROINA IN HIJAB – Una delle voci più interessanti e originali che si sono levate contro questo cancro sociale è quella di Deena Mohamed, creatrice del web-comic “Qahera”. Qahera è un’eroina in hijab che combatte principalmente misoginia e islamofobia. Una forma di difesa che arriva dall’interno del genere femminile stesso, e senza nemmeno l’esigenza di far riferimento a categorie esterne ed estranee alla cultura locale. Per esser chiari, le donne egiziane non hanno bisogno di chiedere aiuto a nessun uomo in calzamaglia, preferendo, invece, una rivalsa al femminile e culturalmente connotata. Qahera è una donna forte e determinata e il suo nome la dice lunga sulle sue caratteristiche: in arabo “qahera” vuole infatti dire “vincitrice”, “trionfante”, “soggiogatrice”. Ma la supereroina egiziana non si limita a combattere i molestatori, bensì anche la misoginia in senso lato, ed è infatti indicativa la vignetta che vede Qahera intervenire contro il predicatore musulmano che vuole relegare la donna entro il perimetro domestico. Un altro aspetto singolare di questo nuovo personaggio, è il suo rapporto piuttosto negativo con le FEMEN. L’autrice si è dilungata nella spiegazione della sua opinione riguardante il movimento, ma il punto più interessante di questa prospettiva è la volontà di applicare una visione islamica alla lotta femminista e la visibile incongruenza del sistema di lotta delle FEMEN con la cultura araba ed islamica. Citando Deena Mohamed: «il mio problema con le FEMEN è che de-umanizzano, stereotipano ed escludono le donne musulmane dalla loro visione di femminismo e liberazione». Ma ad ogni modo Qahera sembra più interessata a risolvere i problemi quotidiani delle donne egiziane e ad opporsi principalmente alle molestie che subiscono, proponendosi anche di dare loro coraggio, come accade con la vittima Layla Magdy, e suggerendo che la reazione può -e deve- partire da loro stesse, senza bisogno di essere delle supereroine come lei. Qahera non rappresenta, comunque, un caso isolato, ma si inserisce in un nutrito gruppo emergente di supereroine velate (tra le quali ricordiamo Burka Avenger) che, oltre ad impartire una lezione ai cattivi di turno, la impartiscono anche ai tanti occidentali che ancora vedono nel velo e nell’islam un segno di sottomissione della donna rispetto all’uomo.


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