La notte del 3 novembre un incendio ha gravemente colpito il Museo dello Strumento Musicale di Reggio Calabria, una realtà da tempo conosciuta in città e divenuta punto di riferimento per attività ed iniziative non solo legate alla musica, ma anche di tipo culturale e sociale.
Nato nel 1996 all’interno di un ex stazione ferroviaria, a pochi metri dal Lungomare Falcomatà e affacciato sulla Pineta Zerbi, in circa 200 metri quadrati di spazio espositivo ospitava un patrimonio artistico ed etnomusicologico di grande valore, sia per l’importanza dei pezzi, sia per il significato che una tale struttura rappresenta in una città che a stento riesce a ritagliarsi spazi di socialità e cultura svincolati da influenze ed indirizzi politici.
Ideato da Demetrio Spagna, fondatore dell’Associazione che si occupava della gestione degli spazi oltre che della raccolta e catalogazione degli strumenti provenienti da tutto il mondo, il Museo vantava pezzi vari ed interessanti, tra cui circa 800 esemplari di chitarre bruciate dal rogo, come altri strumenti di cui non è rimasto praticamente nulla se non il ricordo.
Il Museo promuoveva anche la ricerca e la conservazione di strumenti popolari della tradizione calabrese.
L’incendio ha totalmente distrutto la biblioteca che ospitava testi e pubblicazioni antiche e di valore oltre ad una preziosa collezione di spartiti musicali in copia unica. Distrutta dal fuoco anche l’area degli uffici e gran parte dell’area espositiva.
Sin dal primo sopralluogo non è stata esclusa l’eventualità di incendio doloso, ipotesi che, se confermata, rappresenterebbe l’ennesimo desolante caso di intimidazione per mezzo del fuoco nei confronti di spazi che promuovono cultura e socialità nella città di Reggio. Questo dato dovrebbe invitare alla riflessione.
Risale al 15 maggio 2012, infatti, l’incendio al Centro Sociale A.Cartella, anch’esso importante simbolo di promozione sociale e culturale che sorge presso un parco costruito con danaro pubblico e subito dopo abbandonato.
L’incendio del Museo dello Strumento musicale, dunque, potrebbe inserirsi in quello che in parecchi vedono ormai come un modus operandi perverso perpetrato da una minoranza deviata della città che, nel perseguire fini prettamente e banalmente economici e di “controllo”, non indugia a far letteralmente terra bruciata pur di creare le condizioni per l’appropriazione di aree, spazi, strutture.
Centinaia di amici, simpatizzanti, collaboratori e semplici cittadini si sono recati sul posto sin dalle prime ore del mattino, mentre da subito su internet e tramite passaparola si è riusciti ad organizzare un incontro, proprio fuori dal Museo, nel pomeriggio. Incontro che, dagli stessi responsabili del Museo, è stato definito come una “festa”, durante il quale parecchi esponenti di associazioni e movimenti ma anche comuni cittadini hanno espresso la loro solidarietà ed hanno garantito la loro totale disponibilità per la ricostruzione (e non solo della struttura fisica) che è partita praticamente da subito. All’insegna della festa saranno anche le jam session di musicisti, i concerti e le altre iniziative che già si è deciso di organizzare per mantenere vivo quello spazio e per rispondere con la cultura, con la musica e con la socialità al fuoco, strumento di devastazione e sopraffazione che però, occorre ricordarlo, può bruciare le cose e gli oggetti ma non le idee.
In attesa che venga fatta piena chiarezza sull’accaduto e sulle cause dell’incendio, la Reggio positiva, quella che cammina a testa alta e che non cede né si adegua alle imperanti logiche perverse ed all’appiattimento umano e culturale, si dice pronta a fare resistenza.
Nicola Casile
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