Firmeresti per salvare la vita di un amico?

“Immagina che un tuo amico venga imprigionato, che subisca violenza per aver fatto qualcosa di assolutamente comune, solo per aver preteso i suoi diritti. Cosa faresti per salvarlo?”

È questo il messaggio che Amnesty International porterà nelle piazze italiane e sul sitowww.firmaperunamico.it, invitando chiunque abbia a cuore i diritti umani a firmare gli appelli proprio come se lo si stesse facendo per un’amica imprigionata ingiustamente, per un amico gay o per un familiare ‘colpevole’ di aver espresso senza paura le proprie critiche al Governo o la propria opinione. Per l’edizione 2013 di “Write for Rights” l’ong invita tutto il mondo a unirsi alla battaglia per restituire libertà e giustizia a Miriam Lopez, Jabeur Mejri, Eskinder Nega, Yorm Bopha e Ihar Tsikhanyuk:

  • Jabeur Mejri, tunisino, è un blogger che non ha paura di esprimere pubblicamente le sue opinioni sulla religione. Per aver pubblicato su Facebook articoli e una vignetta giudicati “offensivi per l’Islam e i musulmani”, è stato condannato a sette anni e mezzo di carcere: una pena pesante inflittagli solo per aver espresso le sue idee e una condanna inaccettabile.
  • Ihar Tsikhanyuk, attivista bielorusso per i diritti umani delle persone gay, lesbiche, bisessuali, transgender e intersessuate,  è stato perseguitato, minacciato e picchiato dalla polizia solo perché gay;
  • Eskinder Nega, giornalista etiope, è stato condannato nel luglio 2012 a 18 anni di carcere per “terrorismo”, solo per aver criticato il Governo in articoli e discorsi pubblici. Già in passato era stato arrestato e processato insieme alla moglie per aver chiesto la libertà d’espressione in Etiopia, tant’è che suo figlio Nafkot è nato in prigione. Nel suo Paese, dunque, esprimere un’opinione può essere molto pericoloso.
  • Yorm Bopha, attivista cambogiana per il diritto all’alloggio adeguato, nel 2010 aveva aderito a un movimento contro gli sgomberi di massa di 20.000 persone nell’area del lago Boeung Kak, i cui terreni furono ceduti a un’azienda senza nemmeno informare gli abitanti. Per aver preso le difese di una comunità sgomberata con la forza, è stata condannata a tre anni di carcere; rilasciata su cauzione il 22 novembre, ha mandato un messaggio di ringraziamento ai sostenitori di Amnesty International, invitati a continuare a far pressione sul Governo cambogiano perché il suo caso sia definitivamente chiuso.
  • Miriam López, messicana, aveva appena lasciato i figli a scuola quando, in un lunedì del 2011, due militari in passamontagna l’hanno fermata, bendata e portata in caserma. Falsamente implicata in reati di droga, è stata torturata e violentata dai militari. Dopo sette mesi di carcere, è stata rilasciata senza accuse e oggi è in attesa di giustizia: infatti, nonostante abbia denunciato la tortura e lo stupro, identificato responsabili e complici, nessuno è stato portato davanti alla giustizia.

L’obiettivo della campagna è raccogliere firme per ciascuno di loro, sensibilizzando gli utenti mediante l’accostamento tra le vittime delle violenze e i familiari o gli amici cui ognuno è legato: “Immagina che un tuo amico venga imprigionato, che subisca violenza per aver fatto qualcosa di assolutamente comune, solo per aver preteso i suoi diritti. Cosa faresti per salvarlo?”

In Italia sono tante le piazze che ospitano fino al 22 dicembre la raccolta firme di Amnesty nell’ambito della maratona per i diritti umani “Write for Rights”. Nel 2012 le firme raccolte nel nostro Paese sono state 82mila in due settimane (un milione e mezzo nel mondo) e, ad oggi, buona parte degli appelli ha avuto esito positivo o è ancora in via di risoluzione.


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