Za’atari è un campo profughi, il più grande della Giordania. Ospita circa 160mila anime, profughi siriani che fuggono dalla guerra. Aperto nel luglio 2012, venne costruito su una zona desertica di 5 chilometri quadrati, con una capienza massima di 6mila persone. I documenti stilati dalle ostetriche dimostrano che ogni giorno 13-15 bambini vengono alla luce nell’unica sala parto disponibile.
“Il mondo non immagina la disperazione che regna in questo inferno”, ha confidato una volontaria giordana, che preferisce, per motivi di sicurezza, mantenere l’anonimato. “È un vero girone infernale per dirla con il vostro poeta Alighieri. Non ci sono bagni sufficienti, manca acqua, gli scarichi delle acque nere perdono il contenuto che si spande in superficie. Tutto tace intorno a questo campo profughi, penso che la maggior parte della gente non ne conosca l’esistenza, i media non ne danno notizia. I bambini nati qui non hanno identità, non hanno riconoscimento anagrafico, spesso non hanno nemmeno un padre in quanto nati dalla violenza subita dalle loro madri.”
L’allucinante testimonianza fatta da questa volontaria è una delle tante destinate a restare nell’oblio del raziocinio umano. Qui i rifugiati dipendono da assistenza sanitaria e altri vari servizi, forniti dalle organizzazioni umanitarie. Grande preoccupazione nel campo è data dalla mancanza di sicurezza; l’UNHCR ha dichiarato che “persone potenti e bande organizzate hanno imposto la loro volontà attraverso la minaccia di togliere l’assistenza.”
L’aggressione sessuale è il crimine più temuto dalle donne che vivono nel campo tanto da indurle a non usare i servizi igienici dal tramonto in avanti, essendo questi al buio, lo dimostra l’alto numero di patologie alle vie urinarie diagnosticate ogni giorno. Vengono denunciate circa dieci violenze sessuali al mese, secondo Waddah Hmud, capo del Dipartimento per i rifugiati siriani al Ministero dell’Interno Giordano, ma chissà quante non vengono denunciate per paura o vergogna. La JWU ( Jordanian Women’s Union), fornisce gratuitamente appoggio psicologico e legale a tutte le donne nel campo con lo scopo di individuare gravidanze tenute nascoste. Dall’estate passata, un paio di feti partoriti e poi sotterrati sono stati rinvenuti nelle vicinanze del campo, le indagini della polizia dicono che, probabilmente, donne in giovane età violentate e ingravidate, hanno deciso, con l’aiuto dei famigliari e della malavita di disfarsi del neonato. Amnesty International sta tentando di portare alla luce questa situazione attraverso l’appello mondiale Fermiamo la violenza sessuale nel campo Za’atari.
Profilo dell'autore
- Dal 2011 raccontiamo il mondo dal punto di vista degli ultimi.
Dello stesso autore
- Americhe20 Dicembre 2024Usare l’AI per ridare un’identità a 10 milioni di schiavi afroamericani
- Centro e Sud America20 Dicembre 2024Capoeira, la ‘danza’ che preparava gli schiavi alla libertà
- Nord America19 Dicembre 2024La vita straordinaria di Elizabeth Miller, da Vogue a reporter di guerra
- Europa19 Dicembre 2024La doppia vita di Solomon Perel, nella Hitlerjugend per sopravvivere all’Olocausto