Alberto, italiano all’estero giunto da Lecco, ci apre una finestra sulla sua nuova vita, partendo dal cuore della capitale del Paese i cui abitanti si considerano i più felici della Terra: disoccupazione sotto il 5%, reddito di solidarietà, inquinamento pressoché inesistente, servizi via internet che é un piacere, parchi e piste ciclabili per migliaia di chilometri. C’é da credergli.
Il Rathaus (il municipio) ci fa da luogo di incontro, prima di iniziare una piacevole camminata attraverso lo Stroget (la strada pedonale più lunga d’Europa) ed arrivare al quartiere di Nørreport. L’incontro é anche un modo per levarsi qualche sassolino dalle scarpe e per invitare altri giovani ad andare all’estero: se non in modo definitivo, almeno per fare un’esperienza umana e professionale in grado di accrescere il bagaglio culturale. La chiacchierata con Alberto, oltre a raccontarci la sua esperienza di italiano all’estero, ci permette di conoscere anche aspetti della vita politica danese, per certi versi paragonabili a qualcosa di dejà vu in Italia, che magari non ti aspetteresti da queste parti: tempo addietro un importante uomo politico (l’allora astro nascente della sinistra) é stato beccato a letto con una minorenne. Si direbbe: tutto il mondo é paese. Non esattamente. Il Paese della sirenetta ha gestito la questione con effetti rapidi, certi e duraturi (prima fra tutte le immediate dimissioni del politico in questione). Chi sbaglia, paga. E anche subito.
di Alberto Scarsi
Sono di Lecco, dell’83, ed ho studiato ingegneria fisica al Politecnico di Milano. Alla fine dei cinque anni della laurea specialistica ho voluto fare un’esperienza all’estero ed una tesi diversa da quella che mi offrivano al dipartimento e sono venuto qua. Il mio settore di specializzazione sono le micro-nano-tecnologie (ovvero la manipolazione della materia a livello nanometrico, a livello di pochi atomi). Per farti un esempio, un nanometro é un miliardesimo di metro: prendi un metro, lo dividi in un miliardo di parti e quello é un nanometro. Quando la materia diventa in quell’ordine di lunghezze si parla di nano tecnologie.
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Perché qui in Danimarca a Copenhagen e non da un’altra parte?
La risposta é semplice: perché qua mi hanno accettato. Ho fatto domanda in vari posti in Europa e qui mi hanno detto «Vieni». Il dipartimento di fisica del Politecnico di Milano é focalizzato molto alla ricerca di base ed allo studio di materiali innovativi mentre io ero più interessato alle applicazioni delle nano tecnologie, quindi costruire dispositivi che servissero a qualcosa, quindi una fisica applicata. Le tecnologie al dipartimento non c’erano, perché il focus é diverso, e quindi ho cercato in Europa quali fossero i gruppi di ricerca che avevano queste tecnologie ed ho mandato il mio curriculum ed ecco come sono venuto qui. La differenza tra le due realtà é che qui a Copenhagen ho la possibilità di lavorare con macchinari e strutture che a Milano non c’erano. Per costruire gli strumenti ed i laboratori che utilizzo qui, in Italia ci sarebbe bisogno di investimenti importanti e la disponibilità di risorse che c’era in quel momento nel mio dipartimento era molto limitata, per i tipi di ricerca che interessano a me, ed é per questo motivo che ho cercato qualcos’altro.
Una differenza sostanziale, e che credo sia una delle molle che spingono le università a diventare sempre più un’eccellenza ed a migliorarsi, é l’integrazione fra l’industria e l’ università. La ricerca fisica di base si tradurrà in applicazioni per l’industria magari in venti anni pero’ se venti anni prima non si é fatta ricerca, non si va da nessuna parte. Occorre che le industrie italiane capiscano l’importanza della ricerca sia di base sia applicata. Quella applicata creerà un prodotto in cinque anni invece di venti e magari non tutto, magari il 90% di quella ricerca non serve a niente ma quel 10% permetterà una quantità di brevetti e nuovi posti di lavoro che spingeranno il Paese. L’integrazione fra l’università e l’industria deve essere molto più stretta. E l’industria deve finanziare ricercatori che sono a metà fra l’industria e l’università e poi, quando qualcosa funziona, viene brevettato dall’industria.
Ho letto di recente un articolo di un primario che aveva fatto il test d’ammissione dicendo che lui non l’avrebbe passato. La questione é che sarebbe stupido perdere un futuro buon medico per un test non utile allo scopo. Certo, la cultura di base di un medico deve essere buona, su quello siamo d’accordo.
Favorevole o contrario al numero chiuso nella università?
Una cosa che potrebbe essere interessante é non fare il numero chiuso ma fare degli esami estremamente selettivi i primi due anni e poi, per coloro che hanno i voti per andare avanti, si fa un’esame specifico per vedere se questa persona puo’ continuare gli studi. Ritengo sia stupido che dei buoni medici vengano tagliati fuori dall’applicazione del numero chiuso. Certo che ha senso limitare il numero di medici pero’ lo si fa quando si ha un’idea più chiara se questa persona puo’ diventare un buon medico o no.
Finanziamenti alle università private: favorevole o contrario e perché?
Io sono completamente contrario: lo stato della nostra università é ben noto a tutti; nelle prime cento università al mondo non ce n’é una italiana, forse quella di Roma é all’ottantesimo o novantesimo posto. E questo la dice tutta sullo stato delle nostre università. Dei ragazzi che si sono laureati con me in ingegneria fisica con specializzazione in micro nano tecnologie o in tecnologie ottiche avanzate, ce ne sono forse due o tre in Italia che lavorano nel settore per cui abbiamo studiato. Gli altri hanno tutti degli ottimi posti di lavoro ma in altri settori; uno di loro addirittura costruisce ponti dopo aver studiato cose microscopiche! Questo perché sono state create figure professionali che poi non entravano nel sistema industria del milanese o del nord Italia.
La politica ha responsabilità su tutto. Per farti un esempio legato al mio settore, i continui tagli alla ricerca e all’università ovviamente limitano le capacità di creare dei buoni ingegneri, dei buoni fisici. I tagli non solo limitano la possibilità di fare ricerca ma anche la qualità dell’educazione offerta perché se un docente deve insegnare a 3 persone o a 300 c’é una grossa differenza nel modo in cui gli studenti sono seguiti. Qui, al mio dipartimento a Copenhagen, ci sono molti più professori, che cercano studenti per i loro progetti di ricerca, che studenti. Dobbiamo farci la pubblicità, dobbiamo andare ad acchiappare gli studenti nei corridoi per convincerli a fare progetti con noi. E questo perché ci sono molti meno studenti rispetto ai professori; il rapporto é ben diverso. L’università dove faccio ricerca é un’ottima università in varie facoltà e non solo nelle nano tecnologie. Anche il dipartimento di Fisica e il dipartimento di microscopia elettronica sono di alto livello. Ci sono ottime eccellenze e l’educazione é fatta molto bene. Ed é tutta in inglese; non occorre parlare danese.
Qui gli stipendi sono più alti, intorno ai 2000€. Il costo della vita é diverso, pero’ facendo le dovute proporzioni la qualità della vita qui é migliore. Con 900€ a Milano uno si potrebbe permettere una stanza e vivere, forse. Con 2000€ qui ti permettono di avere una casa tua, magari non in centro, pero’ una buona casa, andare in giro, fare cose e mettere via qualcosa.
Parlaci della vita – politica e non – in Italia e Danimarca…
Quello che davvero mette tristezza é che i politici sono diventati una classe completamente autoreferenziale ai quali non gliene frega assolutamente niente dell’Italia ed é sfortunatamente sempre più trasversale al mondo politico. Non dico che siano tutti cosi’ ma questo li ha portati ad una serie di scandali di corruzione uno puù vergognoso dell’altro, non solo di corruzione ma anche di bassezza morale indecorosa in qualunque paese civile.
E mai capitato qui in Danimarca qualcosa che abbia obbligato un ministro o un parlamentare a dimettersi?
Posso raccontarti la storia di qualche anno fa. L’astro nascente della sinistra danese é andato a letto con una minorenne. Non é una storia nuova. Il giorno dopo é stato silurato, dimesso, distrutta la carriera politica. Ha ammesso di averlo fatto e lei ha ammesso che era consenziente. Pero’ era legale, niente di penale; nessuno é andato in carcere, non é successo niente. Questa persona pero’ é stato eliminata dal partito il giorno dopo.
Tantissime cose vengono fatte online e questo tutto. Quando dichiari qualcosa in un ufficio pubblico, ti credono. Un altro aspetto positivo dei danesi é che hanno fiducia impressionante nel prossimo.
La corruzione c’é anche quà, per carita, pero’ é anche uno dei paesi con i livelli di corruzione più bassi d’Europa. Il problema é la quantità. Ci sono scandali di corruzione anche qui: una ministra si era fatta pagare delle notti in albergo con la carta del partito. Si é subito dimessa. Quello é considerato malversamento dei soldi pubblici.
Lo Stato é parte intergrante della società in maniera quasi totalitaria. Le tasse sono senza dubbio molto alte pero’ la gente é contenta di pagarle. Le paga volentieri perché poi sa che i servizi che gli tornano indietro sono validi.
Sei arrivato cinque anni fa ed eravate due ragazzi italiani. Adesso qui a Copenhagen nel tuo dipartimento, quanti siete?
Ho perso il conto. Saremo almeno 25. Io tornerei, a me l’Italia piace. Non sono anti italiano. Pero’ tutto dipende dalle condizioni a cui torno. Che non é solo il salario ma anche avere la possibilità di lavorare con strumentazioni all’avanguardia, in un buon centro di ricerca e sapere che il mio lavoro venga riconosciuto e non sistematicamente martoriato dai tagli ai finanziamenti. Se trovassi una posizione che mi garantisce tutto questo tornerei.
Finito l’incontro ci concediamo una birra ai vicini Torvehallerne; l’elegante mercato coperto in Frederiksborggade. Sono già le sei del pomeriggio e prende il via l’ora dell’aperitivo in versione danese: la nazional-popolare Carlsberg riempie i bicchieroni di birra, accompagnata dagli immancabili smorrebrod. Una chiamata arriva al cellulare di Alberto: é il suo amico che gli ricorda l’appuntamento per giocare a squash. La fidanzata spagnola, che lavora nella vicina città svedese di Malmoe e che raggiunge ogni giorno con 40 minuti di treno attraverso il ponte sull’Oresund, la ritroverà più tardi nella loro casa, poco fuori dal centro. Passano genitori con i bambini, rientrano gli impiegati e i dirigenti verso casa, escono le ragazze con tacchi altissimi: tutti rigorosamente in bicicletta. Un’ultima domanda: ‘Alberto, quando ti rivedremo a fare ricerca in Italia?’ ‘Quando anche i nostri ministri andranno su due ruote!’
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