Repubblica Centrafricana, intervento dell’UE per fermare il massacro

di Emma Barana Sartori

L’Unione europea ha annunciato il 1 aprile l’avvio di un’operazione militare nella Repubblica Centrafricana. Il contingente sarà composto da 1000 soldati, guidati dal generale francese Philippe Pontiès, che andranno ad aggiungersi agli 8000 già sul luogo da dicembre, inviati dalla Francia e dall’Unione africana.

La Repubblica centrafricana è un paese dilaniato, che ha visto l’alternarsi di golpe e guerre civili sin dall’indipendenza dalla Francia negli anni ’60, tuttavia la violenza scatenatasi nell’ultimo anno è senza precedenti e quello che sta avvenendo è un reale genocidio. La crisi è esplosa nel marzo del 2013, quando la coalizione di ribelli musulmani Seleka (lett.”alleanza”), composta per lo più da mercenari da Ciad e Sudan, ha deposto l’ex presidente François Bozizè e insediato al suo posto il primo presidente musulmano del Paese, Michel Djotodia. I successivi dieci mesi sono stati segnati da gravissime violenze compiute dalle forze seleka nei confronti della popolazione civile, in particolare contro i cristiani, che sono stati saccheggiati, torturati, stuprati e uccisi; interi villaggi sono stati rasi al suolo e decine di migliaia di persone costrette alla fuga.

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 La situazione è cambiata con l’avvio dell’operazione Sangaris, iniziata il 5 dicembre con l’invio di soldati francesi in rinforzo alla Mission internationale de soutien à la Centrafricaine (MISCA), lanciata dall’Unione Africana. Se i francesi pensavano di condurre un’operazione lampo, come quella condotta poco prima in Mali, hanno invece trovato un terreno molto più impervio nell’Africa Centrale, tanto da doversi appellare all’ONU per l’invio di una missione di pace. Infatti la fuga dei mercenari della coalizione Seleka e le dimissioni del presidente Djotodia l’8 gennaio non hanno arginato le violenze né posto fine alla crisi, hanno anzi scatenato le rappresaglie delle milizie anti-balaka (lett. “anti-machete”), gruppi di cristiani armati unitisi in seguito al colpo di Stato e rivoltatisi a questo punto contro i civili musulmani. La vendetta degli anti-balaka per mano di pistole artigianali e coltelli, ha provocato violenze spaventose. Il 13 febbraio l’Agenzia per i rifugiati dell’Onu (UNHCR) definisce la situazione come  “una catastrofe umanitaria di proporzioni indicibili”, e pochi giorni fa, il 1 aprile, si dichiara pronta a procedere con l’evacuazione di oltre 19 mila musulmani, per evitare l’ormai avviato genocidio.

La presidente della Repubblica Centrafricana Catherine Samba Panza, “Madre Coraggio”, in visita all’Eliseo ha lanciato questo appello:

“Abbiamo ricevuto molte promesse, abbiamo ascoltato molti annunci. Crediamo negli impegni presi dai nostri partner, ma semplicemente ci sono delle procedure da rispettare. Tenuto conto della situazione difficile della Repubblica Centrafricana, chiediamo alla comunità internazionale di cercare di snellire queste procedure e di non considerare i problemi della Repubblica Centrafricana come problemi di uno stato normale, ma come problemi di uno stato in crisi”.

In questo clima l’Unione Europea si appresta ad intervenire nell’Africa Centrale. Gli uomini italiani, una quarantina, saranno i primi a partire, in un’operazione di genio militare: si occuperanno di costruire i campi, le strade e di altre attività da compiersi necessariamente prima dell’arrivo del resto del contingente. Il generale Pontiès sostiene la necessità di “una forza imparziale al servizio della sicurezza, una forza credibile con un mandato chiaro, capace di combinare l’azione militare e di polizia”, vista “la situazione umanitaria e le condizioni di sicurezza nel Paese”. Tuttavia è interessante sottolineare che sotto i piedi di una popolazione dilaniata dalle guerre e dalla povertà, si espande un territorio ricchissimo di materie prime, in prevalenza uranio.


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