Egitto alle urne per eleggere il successore di Morsi

di Maddalena Goi

Il 26-27 maggio, l’Egitto, è chiamato alle urne per eleggere il futuro successore di Morsi. Mentre le elezioni 2012 hanno visto cinque candidati contendersi la presidenza, oggi sono solo due i candidati presenti sul palcoscenico presidenziale dell’Egitto, da una parte l’ex comandante delle forze armate egiziane Abdel Fattah al-Sisi e dall’altra il politico egiziano Hamden Sabahi di orientamento socialista. Quest’ultimo si era già candidato per le presidenziali del 2012 ottenendo il terzo posto col 20,7% di voti.

Ma il candidato favorito resta solo uno – considerato un eroe nazionale, il “leone”, colui che ha sconfitto il terrorismo e salvato il paese dalla violenza e dalla minaccia islamista rappresentata dai Fratelli Musulmani. Al-Sisi, 59 anni, ufficiale militare, ex capo dell’Intelligence, presidente del Consiglio Supremo delle Forze Armate (SCAF), il 26 marzo 2014 ha dato le sue dimissioni al ruolo di Ministro della Difesa per candidarsi alla presidenza e affrontare la campagna elettorale. Il futuro faraone d’Egitto ha accresciuto la sua popolarità dopo aver guidato il colpo di stato contro il deposto presidente Mohammed Morsi e, in seguito alla caduta di quest’ultimo, al-Sisi chiese agli egiziani di radunarsi per le strade in opposizione ai sostenitori di Morsi che affollavano le proteste al Cairo.

Il tramonto dell’opposizione islamista – permette ad al-Sisi di concorrere senza alcun rivale in campo. I Fratelli Musulmani sono stati messi al bando, definiti un’organizzazione terroristica. Il governo ad interim, installato da al-Sisi dopo il colpo si stato, ha portato avanti una dura e violenta repressione contro qualsiasi appartenente o simpatizzante con l’organizzazione islamica e i sostenitori di Morsi. Abusi, sequestri, arresti, torture e sentenze di morte sono diventate la prassi comuneL’ultima condanna a morte risale al 28 aprile scorso e ha visto coinvolti 683 attivisti della Fratellanza, un maxi processo che ha suscitato critiche e condanne a livello internazionale. Secondo le organizzazioni in difesa dei diritti umani, più di 15mila sostenitori sono stati arrestati finora. Misure atte ad eliminare e calpestare il movimento islamista. In una più recente intervista, il generale al-Sisi ha dichiarato “finito” il gruppo dei Fratelli Musulmani. “Non ci sarà nulla chiamato Fratellanza musulmana durante il mio mandato”. Mentre l’ala salafita è divisa tra coloro che supportano l’ex comandante e coloro che boicotteranno le elezioni.

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L’apoteosi del feticismo – subito dopo il golpe militare, la popolarità di al-Sisi non ha smesso di crescere. Bandiere, cioccolatini, tazze, mutande, lattine di olio, magliette e una serie infinita di altri gadget ritraggono tutti l’immagine del generale. Un vero e proprio culto della personalità alimentato dalla fitta propaganda di stato. Una precisa strategia di marketing politico che sveste piazza Tahrir dei simboli della rivoluzione per sostituirli con l’effige del generale, elevato a icona nazionale. Negozi, bar e chioschi tappezzati da manifesti e foto del candidato presidente. Una contaminazione su scala nazionale. Sono diventate celebri anche le immagini pubblicate su alcuni giornali egiziani, di un noto fumettista egiziano, Mostafa Hussein, una delle quali ritrae al-Sisi vestito da Superman che vola mentre tiene in mano una donna che ha appena tratto in salvo, la donna è l’allegoria dell’Egitto e la didascalia sotto recita: “Questo è al-Sisi Man che sta salvando l’Egitto prima che cada.”

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Gli obiettivi di al-Sisi – sembrano risuonare nelle parole di patriottismo, democrazia, lotta al terrorismo, sicurezza e rilancio dell’economia. Ma il generale non è uno che compare spesso in pubblico, a differenza dell’immagine del suo viso che spunta ovunque per le strade del Cairo, al-Sisi ha delegato alcuni dei suoi dirigenti per gestire le conferenze stampa o i dibattiti televisivi e il suo programma politico è rimasto avvolto in una cornice dai contorni non completamente chiari e definiti.

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Definisce il ruolo dei militari essenziale per garantire la protezione della nazione. Ha dichiarato inoltre che lo stato, con tutte le sue istituzioni religiose ed educative, ha un ruolo chiave nel diffondere un discorso che sia più tollerante nei confronti delle minoranze religiose e del mondo. Parla della democrazia come di un obiettivo che dev’essere raggiunto gradualmente, in un dossier intitolato “La democrazia nel Medio Oriente”, ha mosso delle critiche contro i metodi usati dagli americani per diffondere il discorso democratico in Iraq e Afghanistan; secondo le idee del generale “E’ importante che i paesi del Medio Oriente si muovano verso la democrazia in modo logico, continuo e sicuro, secondo i loro tempi”, aggiungendo che “Il ruolo dell’occidente non dev’essere meno importante, anzi, il sostegno verso riforme in materia di economia, istruzione, media e il ruolo della religione nel paese costituiscono un importante contributo nel spianare la strada verso la democrazia”.

Al-Sisi ha promesso che non ci sarà un ritorno al regime di Mubarak. Ma il suo supporto alle riforme democratiche nel paese stride con la controversa legge sulle proteste approvata dal governo a interim per cui sono vietate manifestazioni non organizzate. Ha chiesto agli attivisti di essere pazienti e di “rispettarla”.

Per quanto riguarda il progetto sull’economia e la sicurezza, ha insistito sulla sua battaglia al terrorismo, sottolineando come il Medio Oriente stia vivendo un’escalation di violenze e instabilità in molti paesi, in particolare Siria e Libia. E richiede il supporto globale per combattere questa lotta. Sisi riceve aiuti finanziari dalle monarchie del Golfo, Arabia Saudita, EAU e Kuwait. Al centro della sua sfida economica c’è il piano infrastrutture come fonte di nuovi e futuri progetti di sviluppo. Vorrebbe investire in ogni provincia dell’Egitto lavorando su progetti agricoli e industriali in collaborazione col settore privato, i militari e le società di stato.

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Ala al-Aswani, lo scrittore intellettuale caro all’Egitto, autore di “Palazzo Yacoubian”, si dissocia dal candidato generale e ha dichiarato che voterà a favore della rivoluzione, a favore di Tahrir, a favore del popolo egiziano. Il suo voto sarà dunque a sostegno del candidato Hamden Sabahi.

Il popolo egiziano tra pochi giorni tornerà alle urne per la sesta volta in poco meno di tre anni. Cosa ne sarà del paese dagli antichi fasti nazionalistici e dal glorioso passato faraonico lo scopriremo tra pochi giorni.


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