La nuova dittatura egiziana

di Maddalena Goi

Il principio della Carta Costituzionale Egiziana è un affascinante inno all’Egitto. Un tripudio di poesia, che va dal prestigio del passato preislamico, sino alle rivoluzioni contemporanee. Ardore e delizia rifulgono, sin dalle prime righe: “L’Egitto è il dono di Dio per gli Egiziani, e il dono degli Egiziani all’umanità (…); Questo è l’Egitto, una patria immortale per gli egiziani, e un messaggio di pace e di amore per tutti i popoli (…); L’Egitto è La culla della fede e la bandiera della gloria delle Religioni rivelate (…); Questo è l’Egitto, una patria in cui viviamo e che vive nelle nostre anime”.

Le ultime modifiche al testo costituzionale egiziano risalgono a gennaio scorso, dopo che il 95% degli egiziani si è recato alle urne e si è espresso favorevole al cambiamento di alcuni articoli della Carta. Più avanti, l’incipit continua dicendo: “Noi crediamo di essere in grado di usare il passato come fonte di ispirazione, mescolandolo al presente, e creando la nostra strada verso il futuro. Siamo in grado di elevare questa patria e crescere con essa (…); Noi crediamo che ogni cittadino ha il diritto di vivere in questa terra al sicuro e protetto, e che ogni cittadino ha il diritto di vivere nel presente e nel futuro.”

Ma non è questa l’immagine dell’Egitto degli ultimi giorni, non è questo il paese descritto negli slogan di Piazza Tahrir. No, non è questo.

 Non è bastata la sentenza della condanna a morte di 529 membri della Fratellanza musulmana da parte del tribunale di Minya, a marzo scorso. No, pochi giorni fa, lo stesso tribunale, ha condannato a morte altri 683 attivisti dei Fratelli Musulmani. Nella lista è presente anche il leader spirituale della Fratellanza, Mohammed Badie. L’accusa? Uccisione di un poliziotto e assalto a una stazione di polizia nell’agosto 2013.

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 Delle 529 condanne a morte, il tribunale, ne ha convertite 492 in ergastolo. Lo stesso potrebbe succedere per le nuove condanne. Il verdetto ha provocato un’ondata di malcontenti e un’escalation di tensioni e disordini in tutto il paese.  Ma il dolore più intenso e immediato è stato quello delle madri e delle mogli dei condannati a morte radunatesi intorno al tribunale, alcune di loro sono svenute altre hanno lanciato urla e minacce contro la dura sentenza della magistratura.  “Non c’è giustizia, non c’è più un sistema giuridico in Egitto. Le cause legali si sono ora trasformate in battaglie legali. Queste sentenze non hanno alcun valore”, ha dichiarato Gamal Heshmat, membro del Consiglio della Shura dei Fratelli Musulmani, e ha aggiunto: Non ci faremo intimidire. Noi non abbandoneremo la rivoluzione che imperversa nelle strade e che dimostra al mondo intero che non c’è giustizia in Egitto.”

Il maxi-processo per i Fratelli musulmani ha già suscitato le critiche e le rimostranze di numerose organizzazioni internazionali per i diritti umani. Lo stesso Ban Ki-moon, segretario generale ONU, si è detto scosso e preoccupato dalla notizia della condanna a morte che rappresenta una seria minaccia alle prospettive di stabilità nel Paese.

Una giustizia egiziana che stupisce, allibisce e spaventa. Una giustizia che non contempla più alcuna forma di dissenso o critica. Anche il movimento 6 aprile è stato messo al bando. Il gruppo è nato grazie ad alcuni giovani attivisti durante la primavera 2008, in sostegno a un gruppo di lavoratori in sciopero. Movimento leader nella caduta del vecchio regime che non ha alcun legame con la Fratellanza musulmana se non l’opposizione al regime di Mubarack prima e a quello dei militari oggi. L’accusa? Spionaggio e atti che hanno danneggiato l’immagine dello Stato. Il tribunale ha quindi chiesto di vietare qualsiasi attività politica del movimento oltre alla chiusura dei suoi uffici.

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Un altro passo della Costituzione egiziana invita a guardare al futuro e afferma: Noi crediamo nella democrazia come cammino, nel futuro, nel pluralismo politico e nella rotazione pacifica al potere. Affermiamo il diritto delle persone a fare e determinare il loro futuro. Il popolo egiziano è l’unica fonte di autorità. La libertà, la dignità umana e la giustizia sociale sono i diritti di ogni cittadino. Noi e le nostre generazioni future sono padroni in uno stato sovrano che è padrone del suo destino.”

E proprio guardando al futuro, il 26 e il 27 maggio, in Egitto, si vota per le presidenziali e Al-Sisi, ex-comandante Supremo delle Forze Armate, pare essere l’unico candidato favorito alla presidenza.

Sarà capace, l’ex-vicepremier, di ridare vita alle future speranze di un giovane egiziano che come tanti dice: “Sono un giovane Egiziano che ama tanto il proprio paese, non appartengo a nessun partito politico o religioso, ho una voce libera che rappresenta tanti altri giovani, una persona che desidera tanto vedere questo paese come un paese sviluppato, moderno, nel quale l’essere umano viene rispettato. Morsi non è riuscito a raggruppare il popolo anzi ha continuato a dividerlo senza volerlo. Le sue decisioni facevano arrabbiare la gente. I militari hanno sfruttato la rabbia del Popolo, hanno iniziato a far lavorare i media contro il presidente Morsi, tutti parlavano male di lui, parlavano del disguido e dei ‘disastri’ che succedevano. Dopo il Golpe sono state uccise più di 3000 persone a mani fredde e ancora le persone vengono uccise senza nessun rispetto per la vita umana. Due giorni fa sono state condannate a morte 683 persone per aver “ucciso” un poliziotto. Qualsiasi persona che sostiene un’opinione diversa da quella dei militari o viene ucciso o viene arrestato e messo in prigione. Non rispettano le opinioni diverse, non rispettano gli esseri umani, non hanno rispettato la volontà della maggioranza del popolo che aveva scelto un presidente da rappresentare. Sono una persona ottimista più che mai, una persona che crede tanto nel futuro e crede in Dio, crede in un migliore futuro per l’Egitto ma non sotto il potere dei militari perché i militari non accettano una voce diversa dalla loro, ci calpestano con le loro scarpe.

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Sarà capace, l’ex-ministro della difesa, di risvegliare ed elevare il suo popolo ai versi della poesia di Ahmed Fouad Negm quando scrive: “Egitto, i nostri cuori sono colmi di bene e i nostri sogni di rose bagnate di rugiada. Alzati Egitto, tieni duro.”

Sarà capace, il comandante Al-Sisi, di riscattare e medicare le ferite causate a queste parole: “Noi, cittadini, donne e uomini, il popolo egiziano, sovrani in una patria sovrana, questa è la manifestazione della nostra volontà, questa è la Costituzione della nostra Rivoluzione. Questa è la nostra Costituzione.” ?


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