“Mi piace la sensazione del sole e del vento tra i capelli. È questo un grande peccato?”. A chiederselo è una giovane donna iraniana che come tante altre hanno deciso di violare le rigide regole imposte dal proprio governo sul codice di abbigliamento riservato alle donne. Secondo quest’ultimo, le donne iraniane sono tenute a vestirsi “modestamente”, il che include che devono sempre indossare il velo per coprirsi il capo quando escono in pubblico. Se infrangono questa regola, possono incorrere in spiacevoli conseguenze, 70 frustate o 60 giorni di carcere.
Ma queste donne corrono il rischio. E quale miglior mezzo del social network? Si chiama Stealthy freedoms of iranian women la pagina FB nata il 3 maggio 2014, dove giovani donne iraniane sfidano i divieti governativi postando foto che le ritraggono senza velo. Donne in spiaggia, al mare, in montagna, con gli amici, in distese di campi fioriti o in strada. Momenti svelati appunto. Fotogrammi di libertà. Il velo è avvolto intorno al collo, tenuto in aria e sventolato come una bandiera o fatto volare nel cielo. La pagina ha già ottenuto più di 180mila like in pochissimi giorni, e il numero sembra destinato a salire, come anche il numero di foto postate finora.
È stata una giovane giornalista iraniana che ora vive in esilio a Londra, Masih Alinejad, ad aver scatenato il movimento social. “I miei capelli erano come un ostaggio al governo”, afferma Alinejad, “quando ero in Iran, avrei voluto togliermi il velo dalla testa quando mi trovavo fuori, e mi chiedevo quante donne iraniane avrebbero voluto fare lo stesso.” A giudicare dal successo della pagina, molte. L’idea è nata da alcune foto che Alinejad decise di postare sulla sua pagina personale e che la ritraevano senza velo, le foto suscitarono talmente tanto successo nell’universo femminile che altre donne iraniane iniziarono a inviarle foto simili. L’apprezzamento riscosso, la convinsero ad aprire una pagina fb interamente dedicata a queste foto. Il movimento è cresciuto anche su Twitter con l’hashtag #stealthfreedom.
Pensieri di libertà – “Ho sempre tolto il velo ogni volta che potevo perché non è mai stata una mia scelta indossarlo”. Sono diversi i commenti che accompagnano le foto postate dalle utenti ma sembrano tutti parlare un solo linguaggio. “Il velo copre i miei pensieri, le mie parole e le mie azioni, ma non il mio capo”. Un’altra donna scrive: “Il vento che soffia tra i capelli è il sogno di ogni ragazza del mio paese” e ancora: “Libertà segreta significa che solo per pochi secondi, sarò ciò che voglio essere”. Alinejad è conosciuta per essere critica contro il governo in Iran, per questo insiste a specificare che non si tratta di una pagina a sfondo politico, “queste non sono attiviste ma semplici e comuni donne che stanno parlando dai loro cuori”. E soprattutto spiega che lei non si oppone al velo, ma crede che la gente dovrebbe avere la libertà di scegliere: “Voglio vivere in un paese, dove io, che non porto il velo, e mia sorella che lo preferisce, possiamo vivere insieme”.
Una lunga battaglia – Il velo in Iran, chiamato comunemente hijab, è protagonista di numerosi e lunghi dibattiti, storici ma anche presenti. L’amministrazione laica dello Shah di Persia, Mohammad Reza Pahlavi, nel 1936 bandì l’uso del velo perché considerato simbolo di arretratezza. Quando lo Shah fu rovesciato, nel 1979, il governo islamico decise di reintrodurre l’uso del velo per le donne rendendolo obbligatorio. Il codice penale iraniano, all’articolo 638, afferma che le donne che compaiono in pubblico “senza indossare una copertura religiosamente accettabile”, sono punibili con una detenzione compresa tra 10 giorni e due mesi o con una multa. Lo stesso uso di fb può essere illegale e il governo islamico dissuade le donne a farne un uso che infranga il codice etico islamico. Nel 1997, col presidente Khatami, le iraniane sono state vincitrici di alcune importanti riforme che davano loro la possibilità di esporre i capelli sul volto e di indossare soprabiti più attillati al posto del tradizionale chador. Da allora, il velo sciolto è diventato la mise più comune tra le giovani iraniane “liberal”, diventando modello di ispirazione per gli stilisti più creativi e alla moda. Con Rouhani alla presidenza, eletto presidente la scorsa estate, il dibattito politico sul codice d’abbigliamento si è fatto ancora più intenso, soprattutto dopo le promesse di una maggiore apertura culturale.
Una questione controversa – La popolazione femminile è spaccata a metà. Sono molte le donne che rivendicano maggiori diritti, libertà e un cambiamento sull’intransigenza della legge islamica. Altre invece, dalla parte opposta, dichiarano il loro aperto sostegno a indossare l’hijab, considerato come una parte d’abbigliamento fondamentale per la legge islamica. Alle battaglie virtuali del social network si contrappongono quelle dei religiosi più radicali.
Il 7 maggio scorso, infatti, migliaia di persone hanno manifestato nelle strade di Tehran contro quello che è stato chiamato “il disprezzo del codice d’abbigliamento femminile in Iran”. Circa 4000 manifestanti, sia donne che uomini, hanno invitato le autorità e le persone, a prestare attenzione sulla questione dell’hijab e della purezza nella società. “Preservare la castità pubblica, rispettare il velo islamico, e la sicurezza morale, sono questioni essenziali che non dovrebbero essere dimenticate. Ci sono alcune persone che sono completamente incuranti verso l’hijab islamico”, dichiarano i dimostranti.
Una recente campagna pubblicitaria che ricorda alle donne di coprirsi il capo col velo islamico ha suscitato numerose critiche nel paese, diventando oggetto di parodie e derisione sul social network. L’immagine pubblicitaria paragona le donne a essere come cioccolatini o caramelle avvolti in un incarto.
La scelta di Alinejad è stata definita dal giornale iraniano Fars News come sovversiva, definendo la giornalista una “anti-rivoluzionaria”. Alinejad ha dichiarato che: “Nessuna figura politica in Iran chiede una riforma delle leggi sull’hijab. Le iraniane hanno votato in stragrande maggioranza per i candidati più progressisti che promettevano meno restrizioni possibili, ma nella realtà, i cambiamenti sono pochi”.
La questione dell’hijab rimane una sfida ancora aperta nella società iraniana e pochi ne conoscono l’avvenire. Mentre una parte di popolazione si mostra intransigente e contraria a qualsiasi modifica del codice islamico in materia di hijab, l’altra invece, vorrebbe meno imposizioni e una maggior apertura culturale.La campagna di sensibilizzazione sul social network ha riscosso una forte partecipazione da parte del pubblico femminile, sintomo forse di una realtà che sta cambiando, che non si accontenta ma che desidera e ha bisogno di qualcosa di più. Di credere in un sogno forse. Come quello simile alla sensazione del vento o del sole quando ti accarezzano i capelli. Un sogno che ha il profumo di libertà ma che non vuole più essere chiamata sthealty, segreta o furtiva, ma semplicemente freedom.
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