“Non suonate in Israele, verrete sfruttati dalla propaganda di governo”. A lanciare l’appello ai Rolling Stones è stato lo storico leader dei Pink Floyd, Roger Waters, in vista del concerto che si terrà a Tel Aviv il 4 giugno prossimo.
Il musicista ha esplicitamente chiesto di non suonare in Israele perché farlo sarebbe l’equivalente morale di esibirsi con ‘Sun City’ nel culmine degli anni dell’apartheid in Sudafrica. Il brano tirato in ballo è una canzone di protesta scritta nel 1985, incisa da ‘Artists United Against Apartheid’, gruppo formatosi grazie a Steven Van Zandt, artista e attivista sudafricano, per denunciare il razzismo e la condizione a cui l’apartheid costringeva i neri nel Paese.
Secondo il leader della storica band, inoltre, il concerto dei colleghi – il primo in territorio israeliano – verrebbe sfruttato dalla propaganda del governo nel tentativo di abbellire la politica di un regime razzista e ingiusto.
Non è la prima volta che il frontman dei Pink Floyd incita i suoi colleghi a non esibirsi in Israele, riscuotendo in alcune circostanze feedback positivi, come l’annullamento dei due concerti di Elvis Costello nel 2010. In realtà Waters questa volta ha raccolto l’invito della poetessa Rafael Ziadah, attivista da sempre impegnata nella difesa dei diritti del popolo palestinese, lanciato qualche giorno fa in vista del concerto della band britannica: “Li invitiamo ad astenersi dall’esibirsi in uno stato che promuove l’apartheid, e a non condonare le violazioni della legge internazionale e dei diritti umani contro i palestinesi“.
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