Il 26 e 27 maggio si sono tenute le elezioni elettorali in Egitto che hanno visto la più che scontata vittoria del generale Abdel Fattah alSisi. Tutti sapevano, tutti erano pronti. Non è servito boicottare il voto o astenersi in segno di protesta. La rabbia dei giovani studenti egiziani non ha prevaricato sul potere militare e non è riuscita a impedire una vittoria che non ha avuto bisogno di molti sondaggi pre-elettorali per stilare il candidato vincente.
Per dare un peso più equo a queste elezioni basti pensare che l’Egitto è un paese di 80 milioni di abitanti e alSisi ha vinto col 93% delle preferenze, senza dubbio una vittoria schiacciante, ma che lascia qualche perplessità. I voti per alSisi corrispondono infatti a 23.461.513 di votanti, mentre il rivale, Sabbahi, avrebbe ottenuto il 3,8% delle preferenze. Dei 54 milioni di elettori aventi diritto al voto, solo 27 milioni si sono presentati alle urne registrando una partecipazione intorno al 46% contro il 52% che partecipò durante le elezioni del 2012 e che hanno visto vincitore Mohammed Morsi. L’obiettivo di alSisi era di portare alle urne almeno 40-50 milioni di elettori per legittimare la sua ascesa al potere. I numeri dell’affluenza hanno smentito le aspettative di voto più rosee, tanto è vero che il governo, guidato da una giunta militare, ha deciso di prolungare l’apertura dei seggi elettorali tenendoli aperti altre 24 ore, mercoledì 28 maggio. Una misura straordinaria che ha sollevato domande circa l’integrità del processo elettorale da parte degli osservatori.Per i risultati ufficiali bisognerà attendere l’annuncio ufficiale settimana prossima.
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Il rivale Sabahi durante una conferenza stampa ha dichiarato: “Io accetto la mia sconfitta e rispetto la volontà degli elettori” ma ha anche aggiunto che ci sono state violazioni durante il processo elettorale e si rifiuta di accettare il 46% di affluenza descrivendo tale partecipazione come “un insulto all’intelligenza degli egiziani”. Ma non è tutto, il team di Sabbahi ha presentato un appello alla commissione elettorale per denunciare la campagna elettorale che è stata portata avanti dai sostenitori di alSisi giunta sino all’interno dei seggi elettorali. I sostenitori di Sabbahi domandano anche l’annullamento dei voti del terzo giorno di scrutinio.
Una messinscena che non convince nessuno – difficile parlare di elezioni corrette e trasparenti quando il dietro alle quinte era già stato preparato da tempo e ordinato nei minimi dettagli per non lasciare spazio a sorprese o inconvenienti. Nessun altro vero rivale a contendersi il trono della presidenza, i principali oppositori messi al bando, la stampa sotto controllo e l’apparato statale al completo servizio del generale. Il nuovo faraone d’Egitto, diventato popolare grazie al colpo di stato con cui ha deposto la Fratellanza Musulmana al potere è stato acclamato e osannato come il “salvatore della nazione”, colui che ha annientato la minaccia islamista. Ma le sue gesta sono andate oltre, dando avvio, subito dopo, a una dura e violenta campagna di repressione contro qualsiasi forma di opposizione all’interno del paese, a cominciare dai fratelli musulmani messi fuori legge e dichiarati un’organizzazione terroristica. Il suo consenso, sempre più sfumato al crescere delle azioni repressive da parte del governo a interim, è andato calando. L’ondata di astensionismo, soprattutto tra i giovani universitari, è un indice di questo calo.
“Ci sentiamo disgustati dall’intero processo” – la fetta più vasta di popolazione che non si è presentata ai seggi elettorali è rappresentata dai giovani, sia appartenenti alla fratellanza musulmana che a gruppi di attivisti politici. Assenteismo e apatia riassumono il sentimento più diffuso, in particolare tra i giovani delle università. Sono proprio questi i luoghi a essere stati protagonisti di scontri tra diversi gruppi di studenti e le forze di polizia nei mesi scorsi. Scontri violenti che hanno portato a ferimenti, arresti e anche uccisioni. Per tale ragioni, molti giovani, in solidarietà e rispetto col ricordo dei loro colleghi universitari, hanno deciso di non votare. Per altri, la scelta di astenersi dalle votazioni trova conferma nel credere che l’idea di proporre delle elezioni di questo genere sia semplicemente una trovata politica per imbrogliare le persone ed eludere il concetto di democrazia facendo credere che questa si applichi solo tramite una scatola elettorale e i suoi risultati. “Ciò che è successo non è altro che una farsa della democrazia. Se la rivoluzione avesse portato ai successi sperati, noi avremmo iniziato con istituzioni neutrali sin dal principio prima di effettuare elezioni presidenziali. Che tipo di democrazia è questa quando tutte le istituzioni partecipanti al processo sono corrotte e non elette?” Afferma un giovane attivista politico. Frustrazione, sconforto e disillusione. I giovani si sentono vuoti così com’era vuota piazza Tahrir all’annuncio della vittoria del generale alSisi. Non esattamente: una grande folla di persone si è riversata nella piazza per festeggiare la vittoria del neo-presidente ma non erano presenti i giovani, solo famiglie con bambini e gruppi di uomini di età diversa. L’anima della Rivoluzione era assente.
Alle celebrazioni di festa per l’elezione di alSisi, si sono contrapposte manifestazioni di protesta in varie città d’Egitto. I manifestanti hanno alzato striscioni con foto del deposto presidente Mohammed Morsi e cantato inni contro il presidente eletto.
Numerose sfide attendono il nuovo presidente – il problema più importante e urgente riguarda l’economia, c’è una forte e giovane crescita della popolazione ma non abbastanza posti di lavoro. Circa il 40% della popolazione vive in povertà e più del 40% degli egiziani più poveri sono analfabeti. Né la sanità né l’istruzione incontrano i bisogni della gente. Non solo, il paese deve affrontare anche i problemi legati alla sicurezza come gli attacchi da parte di estremisti islamici provenienti dalla penisola del Sinai. L’Egitto ha bisogno di soluzioni e di fatti. Gli egiziani hanno ora l’abitudine di protestare e farsi sentire e il 25 gennaio 2011 non è solo storia, non è solo un ricordo del passato.
Farsa elettorale puntata seconda – Non solo Egitto, anche la Siria, a breve, dovrà presentarsi alle urne per eleggere il futuro presidente in una situazione che ha del surreale e dove il risultato elettorale è già scritto. Un paese devastato dalla guerra civile con più di 9milioni di elettori in fuga, rifugiati nei campi profughi o all’estero e un presidente, attuale e futuro, che avanza incurante della tragedia in cui versa il suo paese. Quali elezioni? Quale voto democratico?
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