di Alessandro Pagano Dritto
#Breaking#Libya‘s HoR has just voted to extend its mandate by 6 months. The move won’t be a welcome development on many levels.. #Libya
— Mohamed Eljarh (@Eljarh) 5 Ottobre 2015
Il 5 ottobre 2015, mentre continuavano i colloqui con le Nazioni Unite e si concordava un nuovo incontro nell’ormai tradizionale sede della città marocchina di Skhirat, il parlamento internazionalmente riconosciuto della Libia orientale (House of Representatives, Casa dei Rappresentanti, HOR) votava per il prolungamento del proprio mandato.
La dinamica della votazione non è ancora chiara, anche perché lo stesso portavoce della HOR Faraj Buhashim, citato in un articolo non firmato del locale Libya Herald, si è rifiutato di dare i dettagli della stessa adducendo a riguardo motivi di sicurezza. Pare comunque che la seduta sia stata piuttosto affollata, che alcune personalità siano state appositamente richiamate dall’estero, particolarmente dall’Egitto, e che su un totale di 131 membri – riporta Rami Musa per la Associated Press – 129 abbiano votato a favore dell’estensione.
Il contesto del prolungamento.
Ufficialmente il gesto della HOR è stato spiegato come – riporta sempre la Associated Press citando il portavoce
ufficiale – «una misura precauzionale nel caso falliscano i colloqui politici, per evitare di lasciare un vuoto politico» dopo la conclusione del mandato dello stesso parlamento, che scadrà il prossimo 20 agosto: non è però ancora chiaro se l’estensione, che avverrà in seguito ad un emendamento costituzionale, varrà per i prossimi sei mesi, come riportato dal Libya Herald, o non avrà invece un tempo determinato che non sia la formazione di un nuovo governo come potrebbe esserlo quello unitario risultato dalla conclusione del dialogo mediato dalle Nazioni Unite.
In ogni caso, la decisione rimane non priva di possibili conseguenze problematiche. Le Nazioni Unite si sono infatti date come scadenza massima del dialogo proprio quel 20 ottobre per evitare vuoti di potere che potrebbero essere colmati dai vertici militari dell’Est, la cui personalità più nota rimane il Generale Khalifa Hafter, ma la mossa della HOR potrebbe fornire una nuova preoccupazione: il parlamento dovrebbe garantire tanto alle autorità ostili di Tripoli quanto alle stesse Nazioni Unite che il prolungamento del proprio mandato cadrebbe automaticamente in caso di successo del dialogo entro la data prevista.
Ma il dialogo stesso non naviga in acque placide e l’ultima manovra della HOR va a creare onde più alte in un mare già mosso, piuttosto che a increspare acque prima tranquille.
Dopo aver assicurato infatti che il testo dell’accordo dello scorso 11 luglio, rifiutato da Tripoli, non sarebbe stato ulteriormente emendato e si sarebbe invece proceduto direttamente alla nomina delle personalità che avrebbero fatto parte del governo, in settembre il rappresentante locale delle Nazioni Unite Bernardino Leon vi aveva invece rimesso mano per venire incontro ad alcune richieste mosse dal parlamento non riconosciuto della Capitale (General National Council, Consiglio Generale Nazionale, GNC), riuscendo comunque a mantenere entrambe le parti all’interno della mediazione.
Da questo punto di vista, con i tempi che, ai primi di ottobre, si ritrovano ad essere strettissimi, la domanda posta su Twitter dalla giornalista della BBC Rana Jawad appare condivisibile: come si potrà coniugare l’accordo condiviso su un nuovo testo – anticipato ufficiosamente il 4 ottobre ancora dal Libya Herald – e l’assenso per un nuovo governo dal momento che – si aggiunge qua – la formula fino ad oggi intesa ed usata era stata quella che il governo nascesse proprio sulla premessa di un documento d’accordo? Alla giornalista ha risposto il componente della delegazione orientale Taher el Sonni, che sul social network sembra aver suggerito che entrambi, accordo e governo, verranno approvati in un unico momento.
How can new gov. potentially b announced when neither HoR nor GNC have even voted on/signed draft agreement? #Libya https://t.co/qSSzFWZj4K — Rana Jawad (@Rana_J01) 6 Ottobre 2015
@Rana_J01 the Gov names are in annex 1 of the main agreement, the full package will be then sent for final endorsement by both parties.
— Taher El-Sonni (@TaherSonni) 6 Ottobre 2015
Una manovra a sorpresa. Possibili accoglienze.
A quasi 24 ore dalla manovra, potenzialmente destabilizzante, della HOR, non molto più del silenzio si può registrare
da parte degli attori coinvolti nel dialogo e nello scenario libico: a rigore la pagina Facebook della delegazione europea in Libia riporta un comunicato nel complesso non troppo eloquente, ma che contiene almeno una frase di sicuro intendimento quando dice che «ogni passo che mette a repentaglio questo accordo è inutile».
Joint Statement Skhirat, Morocco, 06 Oct 2015 “The ambassadors and special envoys of the countries listed below,… http://t.co/KeMPJwu7p2
— EU DEL to LIBYA (@EUDELtoLibya) 6 Ottobre 2015
Dal GNC compare esclusivamente una timida voce di dubbio, che però chiede alla Reuters di rimanere anonima in vista di una prossima riunione ufficiale sulla questione. Sembra facile intuire che la risposta del parlamento tripolino sarà una condanna del gesto, benché a suo tempo anche il GNC, allora parlamento unico, non abbia mancato di prolungare il proprio mandato oltre i termini previsti nel febbraio 2014.
Una voce importantissima sarà quella delle Nazioni Unite, che con molta probabilità si esprimeranno per mezzo del loro rappresentante Bernardino Leon: anche lui non troppo lontano dalla scadenza del proprio mandato e già a conoscenza del suo probabile sostituto, che la stampa ha da qualche tempo indicato nel tedesco Martin Kobler, attualmente impegnato nella Repubblica Democratica del Congo, Leon ha fortemente insistito sulla data di scadenza del 20 ottobre e sembra naturale che aspiri a concludere in modo positivo il proprio incarico come delegato delle Nazioni Unite in Libia conciliando le due principali parti in lotta, ottenendo da queste la firma del tanto agognato – e rimandato – accordo conclusivo e riuscendo nella creazione di un governo unitario.
Non sembra intanto improbabile interpretare questo temporaneo silenzio come la possibile volontà – non certo nuova in casi di gesti apparentemente estremi e potenzialmente destabilizzanti, si veda la cauta reazione internazionale alla dichiarazione pro Tripoli da parte della Corte Suprema libica del 6 novembre 2014 – di chiarire la questione con la stessa HOR e di tenerla comunque inclusa nel dialogo dietro opportune garanzie: a questo punto degli eventi e dei tempi, un’esclusione del parlamento orientale – ma anche di quello occidentale – dallo stesso costituirebbe il naufragio irrimediabile di un anno di continuo lavoro.
Una manovra a sorpresa. Come interpretarla?
Rimane da capire, allora, il perché di questo gesto, che si presta a diverse interpretazioni: quella ufficiale rimane,
come detto, la volontà di evitare un vuoto di potere.
Già in occasione del suo intervento alle Nazioni Unite alla fine di settembre, il presidente della HOR Ageela Saleh aveva paventato la possibilità di prolungare il dialogo oltre il 20 ottobre, ma non è obiettivamente facile capirne il motivo, soprattutto quando – seppur col senno di poi – si dispone già di una bozza d’accordo datata 21 settembre e non è stata preventivata alcuna possibilità di rinvio dopo la data fatidica.
È possibile allora pensare che la HOR abbia motivi di credere che il tempo rimasto non sia sufficiente per un accordo, forse per le sue stesse scarse convinzioni a riguardo: il che può essere, visto che la nuova bozza incontra notoriamente le richieste di Tripoli più di quanto non facesse quella approvata dell’11 luglio.
Ma è anche possibile che la scelta di prolungare il proprio mandato derivi dal timore, da parte almeno di una componente del parlamento tripolino, che il vuoto di potere sia occupato – come anche alcuni analisti hanno recentemente dato per possibile da una forma di governo militare: cosa non da escludersi a priori, visti i rapporti non sempre distesi che si sono avuti, in un anno e poco più di storia comune, tra la componente civile delle autorità orientali e quella militare. È vero che gli ultimissimi segnali sembrerebbero indicare una distensione di questi rapporti, ma è anche vero che gli ultimi segnali non possono cancellare d’un colpo diversi precedenti di segno contrario.
Sarà interessante in questo senso, ma anche in caso di mancanza di dissenso tra le citate componenti delle autorità orientali, attendere la risposta di Hafter e dei suoi ufficiali sulla questione e sapere se questi si dimostreranno favorevoli o no al prolungamento del mandato parlamentare e perché.
Infine c’è, secondo chi scrive, un’ultima possibilità da valutare, ovvero che il prolungamento del mandato possa essere un messaggio rivolto, sì, ai militari, ma parallelamente anche alle Nazioni Unite: le istituzioni civili – messaggio ai militari – e internazionalmente riconosciute – messaggio alle Nazioni Unite – della HOR si impongono come garanti del restante processo di transizione. Naturalmente la HOR non ha interesse a escludersi dal dialogo mediato dalle Nazioni Unite – con le quali rimane pendente l’importantissima questione del rifornimento di armi, illegale al di fuori del permesso del Palazzo di Vetro, ma fino ad ora mai concesso dallo stesso – e quindi è obbligata a dire, come dice infatti la spiegazione ufficiale, che il suo nuovo mandato durerà fino alla nascita di un nuovo governo unitario; ma far scadere la data estrema prevista da Leon e imporsi come garante della continuità istituzionale fino ad accordo avvenuto non potrebbe non potenziare la propria legittimità agli occhi della comunità internazionale e a svantaggio della rivale Tripoli, sottolineando che le autorità di Tobruk sono le uniche a poter proteggere la Libia dai problemi dell’incertezza politica evitandole al contempo sia la mancanza di potere che l’eccesso dello stesso.
Ovviamente queste sono tutte interpretazioni e nulla di certo può essere detto fino a che, in tempi più tranquilli di questi, non sarà possibile sapere in modo sereno e trasparente chi il 5 ottobre 2015 ha votato cosa e perché. Ma a questo punto, forse, la parola passerà agli storici.
Profilo dell'autore
- Il primo amore è stato la letteratura, leggo e scrivo da che ne ho memoria. Poi sono arrivati la storia e il mondo, con la loro infinita varietà e con le loro infinite diversità. Gli eventi del 2011 mi lasciano innamorato della Libia: da allora ne seguo il dopoguerra e le persone che lo vivono, cercando di capire questo Paese e la sua strada.
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