di Elisa Mele
Mi è stato chiesto di votare la donna australiana che durante il 2015 mi ha inspirata maggiormente e in questa occasione son venuta a conoscenza dell’impegno sociale di Donna Jenny Munro. Con traduzione interpretativa la chiamo Donna in quanto gli aborigeni si rivolgono agli anziani e capi gruppo con Zio e Zia (ricordandomi fortemente la stessa usanza in segno di rispetto che abbiamo in Sardegna).
Quella di Donna Jenny è una dedizione iniziata quarant’anni fa e che la vede in prima linea per ristabilire i diritti fondamentali degli aborigeni. La storia australiana degli ultimi 200 anni mi mette una sensazione di sconforto addosso e non so mai da dove iniziare a parlare degli eventi che hanno violentato un territorio così vasto, lontano dagli occhi e dai media, commettendo indisturbati un genocidio vergognoso ancora taciuto. Non se ne parla nemmeno oggi, il discorso viene deviato e lasciato passare inosservato. Ho provato a chiedermi più volte del perché di questa censura istituzionalizzata; ho trovato poche risposte ma avendo studiato Diritti umani e relazioni Internazionali mi rammarica l’ignoranza e la totale assenza di cenni a quanto accaduto e ancora accade.
Donna Jenny Munro è nata lo stesso anno di mia mamma, il 1956, e aveva 16 anni quando ha iniziato la lotta per ridare alla sua gente e alla sua terra quanto brutalmente rubato. Una donna orgogliosa e fiera della sua terra che instancabilmente mette le sue energie per riottenere la sovranità territoriale. All’età di 17 anni ha iniziato a collaborare con l’Ambasciata degli aborigeni creata dagli stessi e nonostante il successivo trasferimento a Sydney in cerca di un’occupazione lavorativa non ha mai abbandonato la traiettoria politica. Donna Jenny denuncia i fallimenti dei bianchi laddove hanno sbandierato tentativi di riparazione agli errori e negazioni perpetrati. Dalle interviste emerge una donna pacata, cosciente e consapevole dello stato dei diritti umani della sua gente, della storia del suo country. Eppure a volte le viene difficile reprimere lo sgomento verso i continui insulti alla comunità aborigena da parte dei “nuovi” australiani bianchi.
Come darle torto? Come far cambiare idea a Donna Jenny quando la festa nazionale dell’Australia Day non è altro che l’anniversario dello sbarco dell’invasore colonizzatore il 26 gennaio 1788? Con quali argomentazioni si puó chiedere agli aborigeni sopravvissuti e figli delle generazioni rubate di passarci sopra? In fondo è solo un giorno in cui gli australiani bianchi si ubriacano, tappezzano il paese con la bandiera degli invasori e cercano di appigliarsi a un orgoglio nazionale e a un patriottismo costruito a tavolino. In fondo, ci sarebbe solo da riflettere, ammettere, riconoscere ed educare.
Dopo varie lotte e dimostrazioni nel corso degli ultimi 30 anni piccoli passi son stati fatti, come la legislazione sui diritti di suolo e sulla protezione dell’eredità, ma Donna Jenny spiega che i bianchi figli degli invasori hanno scritto le legislazioni, continuando ad escludere gli indigeni aborigeni dal controllo del suolo e dal processo di stesura delle regolamentazioni. Come possono i bianchi cercare di ricompensare quando non capiscono cosa hanno tolto? L’opinione pubblica – quando c’è – è indottrinata dai politici bianchi e dunque fuorviante, spiega Donna Jenny. Son stati fatti interventi a livello locale ma manca a quanto pare un coordinamento sui tre livelli locale – regionale – nazionale. “It’s like the branch telling the tree what the tree is” un po’ come avere il ramo che cerca di dire all’albero che albero è. E con un’attenta analisi Donna Jenny spiega che anche gli accademici bianchi hanno solo aggiunto maggiore confusione e disgregazione tra gli antichi abitanti dell’ Australia.
Oggi Donna Jenny non crede più ai bianchi, non si fida in quanto non ne sanno abbastanza e non sono stati qui da abbastanza tempo per capire di cosa stiano parlando. La cosa di cui è certa è che gli occupanti sono approdati, hanno dichiarato che l’Australia era terra nullius di nessuno quando poi dopo 150 anni hanno aperto una riconciliazione hanno solo aggiunto problemi e imposto una direzione sbagliata. I nuovi confini laddove ristabiliti sono contentini che hanno creato disgregazione e malcontenti tra le impotenti comunità aborigene. La Costituzione del Commonwealth è stata redatta nel 1901 e ha ovviamente escluso la popolazione sopravvissuta al massacro. Basti ricordare che fino agli anni ’70, ben vent’anni dopo la stesura della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, i certificati di nascita degli aborigeni riportavano la dicitura “ not human being”: non essere umano. Di recente si è iniziato a parlare di apportare importanti modifiche alla Costituzione ma nel frattempo si continua a perpetrare un incessante effetto discriminatorio giustificato e interiorizzato.
“This Country was founded on our blood and white lies” l’Australia di oggi sbandierata come Paese migliore al mondo è stata fondata sullo spargimento del sangue aborigeno e sulle menzogne dei bianchi.
Profilo dell'autore
- Da bambina trascorrevo ore a tenere in mano un piccolo salvadanaio a forma di Mondo e già sognavo di camminarci intorno. Sono pigra nella lettura perché amo troppo ascoltare e poi scrivere. La sfida più bella che mi son regalata a 28 anni è stata l’Australia e il salto di vita al di là delle frontiere della mia mente. Troppo curiosa per non andare a cercare le risposte e troppo appassionata per non condividerle. Sociologa e scienziata politologa, innamorata delle culture e della natura, vivo ora a 300m dall’oceano squaloso e sotto un cielo meno alto. Dalla Sardegna all’Australia, due isole magiche senza dubbio. L’Australia é una terra unica ma la sua storia non é stata ancora detta propriamente, vi invito a viaggiare con me attraversando le contraddizioni di un posto che a detta dai suoi abitanti é più vicino al paradiso.