Se Cameron leggesse Omero capirebbe la guerra in Siria

di Elton Barker, docente di Studi classici alla Open University

Quando mercoledì il primo ministro del Regno Unito, David Cameron, si è alzato per parlare davanti ai colleghi del parlamento britannico a favore degli attacchi aerei sulla Siria, stava iniziando una attività politica – il dibattito – che è familiare a tutte le società democratiche. Si stava inoltre avviando verso un ruolo che ci riporta ad Achille, l’eroe del poema epico di Omero, l’Iliade.

In un passaggio critico dell’epica, l’eroe di Omero “richiama gli Achei in assemblea” per trovare una via d’uscita da una crisi che sta inghiottendo l’esercito greco a Troia. Una soluzione viene trovata (devono fare sacrificio agli dei), mentre scoppia un’altra crisi (Achille si ritira dai combattimenti). Da allora letteratura e politica non sono state più le stesse.

Se Cameron e compagni avessero realizzato che in realtà stavano prendendo le orme di Achille, quali lezioni avrebbero carpito da Omero?

Beh, prima di tutto, che la guerra è brutale. Come Simone Weil ha fortemente riconosciuto, l’interrogazione della Iliade sul conflitto si estende ben oltre la guerra di Troia per comprendere tutte le possibili guerre. La raffigurazione omerica dell’Achille infuria attraverso i dettagli della battaglia, gli effetti personali, la brutalità, il trauma e la perdita vissuta da aggressore e vittime.

Infatti, Achille è in ultima analisi distrutto dai colpi crudeli della guerra, dal momento che dalle manovre politiche iniziali è partita una catena di eventi che coinvolgono la vita del suo amico, Patroclo, e, infine, la sua stessa vita. La guerra ha il dono di sfuggire dai tentativi di controllarla o limitarla: come dirà più avanti un altro autore, Tucidide, “la guerra è un insegnante violenta”.

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A Cameron non è passato neanche nell’anticamera del cervello l’idea che, per il semplice fatto di creare un dibattito, stesse agendo come nella antica tradizione degli eroi; soprattutto considerando che ha ammesso di aver presentato la mozione alla Camera perché certo di avere la maggioranza.

All’inizio dell’Iliade, la guerra di Troia è già in corso da nove lunghi anni. Non si apre con una scena di battaglia contro i Troiani, ma con un incontro improvvisato tra i Greci; e non con la voce di un eroe importante, ma con quella di un vecchio sacerdote di una comunità vicina disperato per il ritorno di sua figlia prigioniera.

Quando Agamennone, il leader greco, respinge il vecchio e con lui la fantasia del consenso politico (“perché tutti gli Achei avevano gridato il loro assenso”), il dio Apollo invia una piaga nel campo dei soldati greci.

Questo è il contesto nel quale Achille convoca l’assemblea, il luogo dove si affrontano le questioni fondamentali per le quali esiste il dibattito politico. Egli invita a parlare chiunque conosca ciò che affligge la comunità promettendo loro sostegno se minacciati con la violenza, proprio come si chiede ora a Jeremy Corbyn verso i parlamentari che affrontano il bullismo on-line per le proprie decisioni.

Non solo Achille sancisce il principio della libertà di parola un millennio e mezzo prima della Magna Carta, in modo critico pesa anche il valore del dissenso e i limiti di tale valore.

Qui, Omero non offre risposte facili. Nella successiva assemblea, il “maestro politico” Ulisse monitora con veemenza chi ha il diritto di parlare, arrivando addirittura a picchiare l’eterno dissidente Tersite. Ma se lo fa perché è un uomo dei beni comuni o perché non prende abbastanza sul serio il dissenso non è chiaro. Per come la vede Omero, ci devono essere dei limiti al dibattito, così come ci devono essere dei limiti alla libertà di parola, se deve significare qualcosa.

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Questo si intona fin troppo bene con una critica perenne alla politica contemporanea: che non si impegna per le preoccupazioni dei cittadini, nonostante il dibattito politico si svolga in tutto il mondo, non da ultimo on line.

Come si rappresenta questa diversità di opinioni in una istituzione come la Camera dei Comuni, che ha un modo di discutere sancito (e limitato) da una struttura contraddittoria? E dove si disegnano i confini del dibattito online, per evitare che chi sta ai margini confonda e annebbi il messaggio?

Noi e loro

Cameron non ha aiutato la discussione, inquadrando coloro che si oppongono agli attacchi aerei come “simpatizzanti del terrorismo“, che fin troppo ricorda il “con-noi-o-contro-noi” che George W. Bush ha abbracciato nella sua “guerra al terrore”. Lì, il confronto con l’Iliade è poco lusinghiero davvero: rinfacciare ad Achille, dissenziente, di essere tornato a casa. Allo stesso modo, Agamennone sostiene di avere altri che lo seguiranno.

Se l’Achille di Omero ha qualcosa da insegnare ai parlamentari del Regno Unito è di resistere a tali stravaganti strategie di polarizzazione e di pensare molto più intensamente a come gestire il dissenso – una preoccupazione particolare per l’agguerrito leader del partito laburista, il dissidente seriale Jeremy Corbyn. Ci sono state testimonianze secondo le quali lui stesse lottando per contenere il dissenso nelle sue file, confermate quando 66 dei suoi 231 deputati hanno votato a favore degli attacchi aerei. Primo fra tutti è stata il suo stesso ministro ombra agli Esteri, Hilary Benn, il cui trascinante discorso a favore di un intervento ha dominato le “autopsie politiche” del dibattito.

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Sarebbe facile liquidare questa divisione come un fallimento nella corsa a fare buona politica; eppure, così potrebbe vederla Omero, forse non dovrebbe essere così da condannare. La valutazione e la critica che Omero fa al dissenso sono una sfida per il “feticcio del consenso totale” che politici e media hanno, puntando piuttosto a un compromesso ragionevole e ragionato nel disaccordo.

Dimostrando crudamente, come fa lui, l’importanza ma anche la difficoltà della libertà di parola e del dibattito, Omero chiarisce che vede il dissenso istituzionale non come un ostacolo, ma come un mezzo per facilitare la partecipazione politica, che è fondamentale per la salvezza del suo popolo.

Capendo altrettanto chiaramente che l’imperativo politico sarebbe sopravvissuto a lungo oltre l’età degli eroi.


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