Libia, se il voto di Tobruk vale un’autonomia d’azione

di Alessandro Pagano Dritto

(Twitter: @paganodritto)

 

(*Immagine di copertina: parlamentari della HOR di Tobruk al voto il 25 gennaio 2016. Fonte: www.en.libyaschannel.com)

 

Le votazioni di gennaio potrebbero aver espresso la volontà di Tobruk di attuare una politica attiva – seppur sempre di collaborazione – nei confronti delle Nazioni Unite, dal canto loro forse più interessate a una pronta reazione allo Stato Islamico che a preservare un identificabile spazio di azione della HOR. Domina dunque la questione del Generale Khalifa Hafter, alla base delle riserve espresse dalla Camera sull’articolo 8 dell’accordo di Skhirat.  

 

Il 25 e il 26 gennaio 2016 il parlamento della Libia orientale – House of Representatives (Casa dei Rappresentanti, HOR) – ha votato su alcuni aspetti fondamentali del processo di unificazione politica condotto dalle Nazioni Unite: la ratifica dell’accordo siglato dalle commissioni parlamentari lo scorso 17 dicembre nella cittadina marocchina di Skhirat e la proposta di esecutivo inoltrata dal Consiglio Presidenziale unitario il 19 gennaio 2016.

 

[Per approfondire sulla nomina dei ministri da parte del Consiglio Presidenziale e sul modo in cui si è arrivati al voto della HOR: Cronache libiche, Le diverse criticità sulla via dell’unità, 25 gennaio 2016]

 

Il voto della HOR: l’espressione di una propria personalità?

Le votazioni, avvenute dopo numerose sessioni andate a vuoto per l’impossibilità di raggiungere un numero sufficiente di votanti, hanno visto il ritorno in parlamento di buona parte dei boicottatori – pare 18 su 25 complessivi – e il raggiungimento di un quorum di 104 votanti. Il risultato sembra essere stato ambiguo nei confronti tanto delle Nazioni Unite quanto dell’operato del Primo Ministro da queste nominato a capo del Consiglio Presidenziale, Fayez Serraj: né il voto sul testo né quello sull’esecutivo sono infatti andati del tutto a buon fine, visto che nel primo caso la HOR ha ritenuto di dover porre in dubbio l’articolo 8 delle Additional Provisions, mentre nel secondo le 32 nomine sono state rifiutate perché giudicate un numero eccessivo. Al Consiglio è stato dunque chiesto di proporre un gabinetto più ridotto entro dieci giorni: presumibilmente, entro il 4 febbraio.

Anche se l’Inviato speciale del Ministro degli Esteri italiano Giorgio Starace ha voluto evidenziare nello specifico la prima occasione di dialettica tra le ancora embrionali strutture unitarie e quella che dovrà essere la prima camera di queste stesse strutture, sottolinenado quindi questo aspetto positivo piuttosto che la parzialità del risultato raggiunto dal punto di vista della comunità internazionale, bisogna comunque evidenziare che gli esiti raggiunti al parlamento orientale potrebbero portare delle complicazioni nei rapporti dello stesso con le Nazioni Unite. A parere di chi scrive, infatti, queste votazioni potrebbero essere interpretabili come l’espressione del desiderio, da parte della maggioranza della HOR, di non sottostare passivamente all’accettazione – pure di per sé mai messa in dubbio e, anzi, ora ratificata – della presenza mediatrice delle Nazioni Unite e degli organismi da queste nominati, ma anzi di partecipare al progetto unitario con una propria identificabile personalità.

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Non che la comunità internazionale abbia mai esplicitamente negato questo diritto alla partecipazione attiva, ma è noto che la maggiore preoccupazione dei partner stranieri della Libia e di Tobruk sia quella di intervenire – in una qualche forma e misura, ma comunque in tempi rapidi – contro lo Stato Islamico che sta da tempo assestandosi nel paese e di poter dunque a questo fine interagire con un unico interlocutore ufficiale quale sarebbe, una volta formatosi, il governo Serraj: difficilmente, pare di poter dire, questi alleati accetteranno di buon grado di rallentare i propri obiettivi preoccupandosi del potere di contrattazione interno della HOR.

 

HOR e UNSMIL: due accenti diversi.

 

 

Voci propositive non hanno mancato di alzarsi infatti dalla Camera subito dopo il risultato delle votazioni: un

Martin Kobler, presidente dell'UNSMIL. Dopo il voto ha chiarito che il testo dell'accordo di Skhirat è emendabile, ma solo per iniziativa congiunta della HOR e di un ancora inesistente State Counsil, come si chiamerà il GNC dopo l'ingresso nelle strutture unitarie. (Fonte: www.reuters.com, foto di repertorio)
Martin Kobler, presidente dell’UNSMIL. Dopo il voto ha chiarito che il testo dell’accordo di Skhirat è emendabile, ma solo per iniziativa congiunta della HOR e di un ancora inesistente State Counsil, come si chiamerà il GNC dopo l’ingresso nelle strutture unitarie. (Fonte: www.reuters.com, foto di repertorio)

parlamentare ex componente della delegazione a Skhirat ai tempi di Bernardino Leon, Abu Bakr Buera, ha dichiarato al giornalista dell’Associated Press Rami Musa che il Consiglio Presidenziale potrebbe essere dissolto – ma non si capisce bene da chi e come – nel caso non riuscisse a presentare un nuovo gabinetto nel tempo stabilito, mentre un suo collega sottolineava la possibilità di cambiare l’articolo 8 dell’accordo in virtù di altri cambiamenti già avvenuti in passato. In realtà una conferenza stampa del presidente della United Nations Support Mission in Libya (Missione di Supporto delle Nazioni Unite in Libia, UNSMIL) Martin Kobler potrebbe aver smorzato i toni: Kobler ha infatti chiarito che esistono sì dei meccanismi di modifica previsti dallo stesso accordo di Skhirat, ma che questi meccanismi non prevedono che la sola HOR possa al momento occuparsi, in questa situazione unitaria ancora embrionale, di tali modifiche. In filigrana, dunque, le parole di Kobler potrebbero essere lette come una frustrazione almeno parziale delle volontà di azione autonoma espresse dalla Camera orientale: se modifiche ci saranno, queste potranno essere solo in un secondo tempo, a strutture unitarie ormai consolidatesi.

 

 

È possibile che il parlamentare della HOR, di cui prima, si riferisse alla modifica del numero dei componenti del Consiglio Presidenziale, che erano inizialmente stati previsti dall’accordo di Skhirat in numero minore rispetto agli attuali nove: ma in tal caso la modifica fu poi condotta in più fasi dalla stessa UNSMIL e non votata dalla Camera orientale, motivo per cui appare difficile citare l’episodio come un vero e proprio antecedente utile al parlamento orientale.

 

[Per approfondire sulle modifiche apportate dall’UNSMIL all’accordo prima della sua ratifica e già ai tempi della presidenza di Bernardino Leon: Cronache libiche, Controversie per un accordo, 17 ottobre 2015]

 

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Perché l’articolo 8: la complicata questione di Khalifa Hafter.

Per quanto riguarda il contenuto l’articolo 8 oggetto di questioni da parte della HOR, tradotto in italiano da chi

Il Generale Khalifa Hafter, Capo delle Forze armate orientali. La sua eventuale presenza nelle strutture militari unitarie è uno dei punti caldi del dibattito politico libico e le riserve espresse dalla HOR sull'articolo 8 dell'accordo di Skhirat potrebbe essere una manovra in suo favore. Sembra che la questione verrà affidata a una rinnovata commissione parlamantare che rimpiazzerà quella deputata al dialogo con le Nazioni Unite. (Fonte: AFP, foto di Khalil Mazraawi)
Il Generale Khalifa Hafter, Capo delle Forze armate orientali. La sua eventuale presenza nelle strutture militari unitarie è uno dei punti caldi del dibattito politico libico e le riserve espresse dalla HOR sull’articolo 8 dell’accordo di Skhirat potrebbero essere una manovra in suo favore. Sembra che la questione verrà affidata a una rinnovata commissione parlamantare che rimpiazzerà quella deputata al dialogo con le Nazioni Unite. (Fonte: AFP, foto di Khalil Mazraawi)

scrive, recita così come segue: «Tutti i poteri delle alte cariche militari, civili e della sicurezza stipulati nelle legislazioni e nelle leggi libiche in forza dovranno essere trasferiti al Consiglio Presidenziale e al Consiglio dei Ministri immediatamente alla segnatura di questo accordo. Il Consiglio Presidenziale dovrà prendere una decisione su coloro che detengono queste cariche entro un periodo di non oltre 20 giorni. Nel caso in cui in questo periodo non si pervenga a una decisione, il Consiglio Presidenziale dovrà decidere nuove nomine in un massimo di 30 giorni e in accordo con la legislazione in vigore».

Dire «cariche militari» in Libia, e soprattutto nella Libia orientale, vuol dire coinvolgere di fatto il Generale Khalifa Hafter, colui che dal maggio 2014 conduce l’operazione militare antiislamista nella città di Bengasi e che dal marzo 2015 è stato ufficialmente accettato dalle autorità libiche internazionalmente riconosciute con la sua nomina a Capo delle Forze armate. Adesso, nel 2016, la sua figura è al centro di un dibattito tra chi lo vorrebbe a capo anche delle forze armate unitarie e chi invece vorrebbe fosse messo da parte. In quest’ultimo gruppo ci sono naturalmente tutte le autorità di Tripoli, che sembra vedano in questo accantonamento del Generale una prerogativa ineludibile per la loro partecipazione alle strutture unitarie: autorità di Tripoli, ma anche di Misurata, dal momento che il concetto di islamismo utilizzato da Hafter è sembrato sempre molto ampio e la sua lotta coinvolge come nemici alla stessa stregua i gruppi islamisti internazionalmente riconosciuti come terroristi così come quelli più o meno affiliati alle autorità della Libia occidentale. Non mancano comunque anche oppositori di Hafter all’interno della stessa HOR.

 

[Per approfondire sulla figura del Generale Khalifa Hafter oggi e prima del suo ritorno in Libia nel 2011: Rim Taher, Libya Army Chief Hafter: Hero Or Hindrance?, AFP, 26 gennaio 2016]

 

Secondo alcune voci interne alla HOR riferite a Mohamed Ali Harissi della Agence France Press, una delle decisioni prese dalla Camera in questi due giorni di votazioni, ovvero la dissoluzione dell’esistente commissione parlamentare al dialogo e la ricostituzione della stessa con nuovi membri, potrebbe essere collegata proprio alla questione di Hafter e dell’articolo 8: naturalmente il compito della commissione non sarebbe più quello di concordare l’adesione all’accordo con le Nazioni Unite, qual era invece un tempo, ma appunto quello di intendersi su una parte del suo contenuto.

Nel Consiglio Presidenziale uno dei due componenti che si erano sospesi nei giorni precedenti alla nomina dei ministri, Ali Gatrani, è spesso indicato dalla stampa libica come un uomo di Hafter, e pare ora aver accettato la richiesta della HOR di ricongiungersi al Consiglio stesso. Dal punto di vista di Hafter e degli hafteriani è ben possibile che l’organismo presieduto da Fayez Serraj, che secondo l’articolo 8 dovrebbe assumere i poteri militari in attesa di trasferirli a una terza persona di sua scelta, non abbia agito in modo troppo favorevole al Generale, nominando a capo della commissione sicurezza un ex comandante della coalizione militare di Tripoli e Misurata, Abdul Rahman al Taweel, e alla Difesa uno dei militari di Tobruk a quanto pare meno vicini al suo Capo delle Forze armate, Mahdi al Barghati. Quest’ultima nomina – per il momento rigettata dalla HOR insieme a tutte le altre, ma comunque ripresentabile – potrebbe dimostrare la volontà, da parte del Consiglio Presidenziale, di coinvolgere sia Misurata che Tobruk nella gestione del potere militare, ma allo stesso tempo di ridurre l’influenza di Khalifa Hafter sulla stessa.

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I possibili riflessi della questione Hafter.

Il motivo di questa eventuale scelta potrebbe essere semplice: con Hafter ufficialmente presente e preponderante nelle strutture militari unitarie il General National Council (Consiglio Generale Nazionale, GNC) di Tripoli accetterebbe molto difficilmente di unirsi a Tobruk e di dar vita quindi allo State Council, la seconda Camera prevista dall’accordo di Skhirat. E senza questa Camera, per altro, la HOR non avrebbe potere di modificare nessun altro punto dell’accordo che in futuro dovesse rivelarsi inadatto alle esigenze, come ha chiarito Martin Kobler in conferenza stampa dopo il voto. Insomma, è possibile che l’aggregazione di Hafter e il conseguente, prevedibile, allontanamento di una Tripoli già lontana – e critica, non per niente, dell’esito delle votazioni della Camera orientale – porti ad una immobilità burocratica dell’impianto unitario che solo una decisione dall’alto delle Nazioni Unite potrebbe risolvere: in questo sì che la questione del numero dei componenti del Consiglio Presidenziale potrebbe costituire un importante precedente.

La HOR cerca dunque forse un proprio spazio di autonomia, ma all’intervento esterno delle Nazioni Unite potrebbe rimanere sempre l’ultima parola.


Profilo dell'autore

Alessandro Pagano Dritto
Il primo amore è stato la letteratura, leggo e scrivo da che ne ho memoria. Poi sono arrivati la storia e il mondo, con la loro infinita varietà e con le loro infinite diversità. Gli eventi del 2011 mi lasciano innamorato della Libia: da allora ne seguo il dopoguerra e le persone che lo vivono, cercando di capire questo Paese e la sua strada.

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