di Alessandro Pagano Dritto
(Twitter: @paganodritto)
L’aprile appena trascorso ha visto numerosi mutamenti nel panorama geopolitico libico, sia in quello interno che in quello esterno che alla Libia fa riferimento: dal punto di vista economico, a dominare pare essere il Consiglio Presidenziale, che probabilmente riuscirà a portare a casa, alla fine, anche la partita politica. Il piano di scontro maggiore rimane allora quello militare e il primo scacchiere potrebbe essere in questo senso la battaglia che si prepara contro lo Stato Islamico a Sirte.
Con l’arrivo del Consiglio Presidenziale guidato da Fayez Serraj il 30 marzo e la sua installazione in una base portuale della Capitale, con la sostanziale dissoluzione del governo di Tripoli dopo due anni di reggenza, la temuta triplicazione del panorama politico libico non è alla fine avvenuta: ma è rimasto, con la sostituzione di un attore ad un altro, il duplice scenario ed è rimasta l’opposizione tra Tripoli e Tobruk.
[Per approfondire sull’arrivo del Consiglio Presidenziale a Tripoli: Cronache libiche, I primi giorni di Serraj, 3 aprile 2016]
Cambia l’asse dei rapporti internazionali: da Tobruk a Tripoli.
È un’opposizione però diversa, però, da quella passata, dal momento che l’asse dei rapporti politici
tra la Libia e la comunità internazionale si è spostata da oriente a occidente: gli ambienti politici di Tobruk hanno perso la superiorità che, nella precedente opposizione, avevano sempre conservato nei confronti del governo della Capitale. La comunità internazionale non mostra più alcuna considerazione politica per l’esecutivo retto da Abdallah al Thanni, mentre per quanto riguarda la sua componente legislativa – la House of Representatives, (Casa dei Rappresentanti, HOR) – sta aspettando da mesi che questa voti la fiducia alla proposta governativa di Serraj affinché i proposti ministri che gravitano attorno a Tripoli diventino Ministri a tutti gli effetti. Ma anche in questo caso, si tratterebbe certamente di un passaggio importante ai fini della legittimazione e del rispetto degli accordi di Skhirat dai quali il Consiglio Presidenziale stesso deriva la propria autorità, non però di un cambiamento concreto e sostanziale: e questo dal momento che paesi come l’Italia hanno già accolto rappresentanti del futuro gabinetto unitario con il titolo di Ministri e trattandoli da tali a tutti gli effetti. Quella che la HOR è chiamata a fare appare a tutti gli effetti una scelta obbligata, alla quale di fatto la comunità internazionale e le Nazioni Unite non vedono e non prevedono alternativa alcuna.
[Per approfondire sui rapporti politici tra la HOR e la comunità internazionale: Cronache libiche, Il parlamento tra pressione internazionale e legittimità interna, 25 aprile 2016]
HoR member Mohamed Raidh: Preparations are underway to hold an #HoR session in #Ghadames at the end of the week to swear in #GNA#Newsroom
— Libyaschannel EN (@LibyaschannelEN) 25 aprile 2016
Al momento di scrivere, la parte della HOR più vicina al Consiglio Presidenziale ha deciso di ritrovarsi nella cittadina occidentale di Ghadames – la stessa nella quale esordì, nella seconda metà del 2014, il Dialogo Nazionale mediato dalle Nazioni Unite – al fine di poter votare la fiducia mai ottenuta in una serie di precedenti riunioni che all’ombra di Tobruk si erano rivelate fallimentari.
Anche dal punto di vista economico le autorità orientali hanno potuto constatare di recente la loro impotenza nei confronti della volontà internazionale: quando, cioè, il 30 aprile una nave battente bandiera indiana che era arrivata nelle coste orientali, parrebbe, per conto di una sigla commerciale degli Emirati Arabi Uniti, ha dovuto approdare nella cittadina occidentale di Zawiya dopo 72 ore passate in mare aperto perché nessun paese dell’area mediterranea accettava di farla attraccare in transito col suo carico di 650.000 barili di greggio cedutogli dal governo di Tobruk.
L’episodio ha messo in luce tanto la già nota vicinanza a Tobruk di alcuni paesi delle Nazioni Unite – nel caso specifico gli Emirati Arabi Uniti – quanto la sostanziale immobilità cui i progetti economici orientali sono tenuti e probabilmente anche destinati.
Tiene banco la questione militare, l’unica che Tobruk conduce ancora in piena autonomia da Tripoli.
[Per approfondire sulle origini della questione del voto della HOR: Cronache libiche, Se il voto di Tobruk vale un’autonomia d’azione, 28 gennaio 2016]
Se dal punto di vista politico ed economico, dunque, Tobruk sembra ormai aver perso ogni autonomia, l’unica carta che rimane da giocare è quella militare, forte per altro di alcuni recenti successi: il confino delle milizie ribelli nei quartieri meridionali della città di Bengasi e la sottrazione, in unione alle locali milizie del Derna Mujahiddeen Shura Council (Consiglio della Shura dei Mujahiddeen di Derna, DMSC), della città di Derna e dei territori circostanti allo Stato Islamico.
Se non che quest’ambito è proprio il più delicato, vista la scintilla mai scoppiata tra il Capo delle Forze Armate orientali – il Generale Khalifa Hafter – e il dialogo mediato dalle Nazioni Unite. Non è un caso che il punto principale sul quale per mesi si è arenata l’approvazione della proposta governativa da parte del parlamento di Tobruk, la HOR, è stata proprio l’approvazione del punto 8 della sezione aggiuntiva degli accordi di Skhirat, che prevede la possibilità, da parte del governo unitario, di sostituire i vertici dell’esercito. Fino ad aprile il dibattito all’interno del parlamento era tra chi chiedeva l’approvazione della proposta e del testo di Skhirat così com’erano e chi invece, prima di approvare ne chiedeva un emendamento. Adesso anche la sezione parlamentare più vicina a Tripoli e al Consiglio Presidenziale ha ceduto sul capitolo 8 e ne richiede l’emendamento; ma questo non sembra aver del tutto eliminato la questione Hafter, che alla prova dei fatti e in attesa del voto di Ghadames, resiste ancora.
Dopo l’estromissione dello Stato Islamico da Derna, infatti, l’esercito orientale ha dichiarato di mirare alla sua sconfitta anche a Sirte, città che dagli inizi del 2015 rappresenta la sua più salda roccaforte in Libia. Se non che Sirte si trova nel territorio controllato dal Consiglio Presidenziale e, soprattutto, dalle milizie della città di Misurata che del Consiglio Presidenziale costituiscono, dopo il 30 marzo, l’esercito di fatto.
[Per approfondire sull’opposizione militare di Misurata allo Stato Islamico di Sirte dai primi mesi del 2015: Nancy Porsia, Death of Young Fighters Congeals Libyan Resolve vs. ISIS, The Media Line, 22 marzo 2015]
Per buona parte del 2015 Misurata, situata tra Sirte e Tripoli, si è impegnata in prima linea nel
contenimento delle milizie nere, in qualche modo riuscendo a evitare lo sconfinamento di queste verso occidente. Invece a oriente o in quella parte, piuttosto, di Libia centro orientale in cui sono posizionate importanti installazioni petrolifere il fronte è stato tenuto dalle Petroleum Facilities’ Guards (Guardie delle Strutture Petrolifere, PFG) di Ibrahim Jathran; il quale, pur avendo nel 2015 sostenuto alcuni scontri con le milizie misuratine, nel 2016 ha sostenuto una serie di contrasti diretti con lo Stato Islamico e denunciato la mancanza di supporto di Hafter col quale ha dunque rotto. Una volta Jathran ha persino dichiarato che Hafter e lo Stato Islamico altro non fossero che due facce della stessa medaglia. Attualmente Jathran supporta il Consiglio Presidenziale, ulteriore motivo di distanza dal Generale di Tobruk e un incontro tra diversi comandanti militari nella cittadina di Ras Lanuf lo scorso 27 aprile si sarebbe concluso affermando la necessità di rapportarsi con Jathran e i suoi ufficiali per ogni milizia che passasse dal loro territorio.
Mtg in #RasLanuf yday btwn Jadhran (#PFG),Budhafira (#Ajdabiya border guard commander)& 30 field commanders to discuss army attack on #Sirte
— Libyaschannel EN (@LibyaschannelEN) 27 aprile 2016
Mtg under auspices of Magharba tribe elders.Participants: any mil. force passing through #OilCrescent must coordinate w/ Jadhran & Budhafira
— Libyaschannel EN (@LibyaschannelEN) 27 aprile 2016
[Per approfondire sulla crisi tra Ibrahim Jathran e Khalifa Hafter, un tempo entrambi antitripolini: Cronache libiche, Milizie orientali contengono lo Stato Islamico, ma la coalizione militare sembra a rischio, 6 gennaio 2016]
Sirte rischia di diventare dunque il primo banco di prova per il carattere effettivamente unitario del Consiglio Presidenziale, che infatti ha chiesto che nella città si intervenga sì, ma quando sarà possibile farlo in modo unitario. Il rischio è infatti che sullo Stato Islamico convergano due forze indipendenti e non coordinate, tra loro addirittura ostili: quelle di Misurata, filounitarie, e quelle di Hafter, antiunitarie o meglio ostili al Consiglio Presidenziale. In palio, per Hafter, potrebbe profilarsi nel caso di vittoria il controllo di un avamposto su Misurata, anche se a fare la differenza sarebbe a quel punto il comportamento di Jathran; che al momento sembra ondeggiare tra la neutralità di cui riportano alcune cronache e l’ostilità delle dichiarazioni del fratello Salim, sindaco della cittadina di Ajdabiya feudo delle sue forze. Va da sé, infatti, che le truppe di Hafter incuneate tra Misurata e le forze di Jathran non sarebbero in una posizione necessariamente favorevole e propizia.
Il governo al Thanni ha emanato un ordine di sollevamento dall’incarico per Jathran, ma sembrano esserci davvero poche possibilità che quest’ordine venga nei fatti rispettato: «Riceviamo direttive solo dal Consiglio Presidenziale e dal governo proposto dalle Nazioni Unite», ha dichiarato la massima autorità politica di Ajdabiya.
But InterimGov in Bayda Monday issued decree removing Jadhran,appointing Muftah Magarief as #PFG head 4 Center& East pic.twitter.com/n14jJafJAm
— Libyaschannel EN (@LibyaschannelEN) 27 aprile 2016
(Mappa: Come si vede dalla mappa, Ajdabiya, feudo delle PFG di Ibrahim Jathran, si trova a metà strada tra Tobruk e Sirte. Anche se Hafter riuscisse – ma ad oggi questa è nulla più che un’ipotesi – a prendere il controllo di Sirte in una situazione di permanente ostilità al Consiglio Presidenziale, a Tripoli e a Misurata, il Generale si sarebbe sì avvicinato come non mai prima alla città sua acerrima rivale, ma si troverebbe comunque tra due poli militari a lui ostili. Si noti che già per raggiungere Sirte le truppe orientali di terra dovranno comunque passare attraverso la municipalità controllata da Jathran: da qui il peso che quest’ultimo potrebbe avere in caso si realizzasse la guerra contro la roccaforte dello Stato Islamico).
In copertina: da sinistra in fondo, il Generale Khalifa Hafter e il Presidente Fayez Serraj a colloquio il 30 gennaio 2016. Oggi che Serraj si è collocato a Tripoli con il beneplacito delle Nazioni Unite e il governo della Capitale sembra essersi dissolto, sono loro due a rappresentare maggiormente la rinnovata opposizione tra Tripoli e Tobruk. (Fonte: Twitter)
Profilo dell'autore
- Il primo amore è stato la letteratura, leggo e scrivo da che ne ho memoria. Poi sono arrivati la storia e il mondo, con la loro infinita varietà e con le loro infinite diversità. Gli eventi del 2011 mi lasciano innamorato della Libia: da allora ne seguo il dopoguerra e le persone che lo vivono, cercando di capire questo Paese e la sua strada.
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