di Brhan Tesfay
Gentile Ministro Dario Franceschini
Gentile Direttore Rai Antonio Campo Dall’Orto.
Mi chiamo Brhan Tesfay, ho quarantasette anni, sono d’origine eritrea, e vivo in Toscana a Prato da più di trenta anni, sono uno scrittore e dal 2012 anche editore. Mi considero un italiano come tanti che hanno origine altrove.
Ho un problema: non riesco a guardare la televisione, il cinema e la pubblicità con mio figlio Thomas che ha due anni. Questa notte non ho dormito. Questa mattina non sono riuscito a pensare ad altro, perché temo per il suo presente, e futuro. Nella pubblicità non si vedono bambini neri se non per raccolta fondi per bambini africani che muoiono di fame, nei film e nelle fiction il nero, l’arabo, l’asiatico, l’europeo dell’est, il diversamente abile… incarna ruoli stereotipati (spacciatore, prostituta, clandestino, criminale, buttafuori, colf, badante, tribale, selvaggio, terrorista, patetico, il bisognoso), questa è la pappa tossica che viene offerta a mio figlio Thomas. Ma io che cosa posso fare? La televisione è fondamentale anche per l’idea che si fa uno di sé, allora mio figlio che cosa deve pensare di se stesso? Anche se parla poco sta immagazzinando informazione attraverso le immagini, mi chiedo perché stiamo rubando il sogno, la speranza a intere generazioni che definiamo diversamente normali o diversamente italiani?
Non posso stare fermo. Allora devo fare qualcosa. Da dove partire? Da chi si occupa di televisione, di cultura, di cinema. Scrivere alle redazioni di programmi televisivi è inutile. Cerco in internet un numero da contattare al Ministero dei beni e delle attività culturali, trovo il numero, che faccio? Chiamo oppure no? Chiamo. Mi sfogherò con il centralino, è già qualcosa. Lo devo fare per il mio precario equilibrio. Lo faccio per dire a mio figlio: io ci ho provato. Il telefono squilla, chiedo di parlare con chi si occupa di televisione e cinema, e al di là d’ogni mia aspettativa mi passano una signora, di corsa spiego il mio dramma, lei sembra comprenderlo, e sento un sollievo nella sua voce nel darmi una notizia: «stanno modificando la legge». Sbigottito chiedo, «come?». «Stanno modificando la legge 2287 ‘Disciplina del cinema, dell’audiovisivo e dello spettacolo’». Chiudo il telefono, allora mi sento incoraggiato a scrivere una lettera, non più di sfogo ma di incoraggiamento perché venga eliminata la pappa tossica, ma se la firmo da solo finirà nel cesto, allora ecco lo strumento giusto, la petizione. Quindi sappiate che quest’azione parte da un dramma strettamente personale, ma sono certo che la pappa tossica non viene offerta solo a mio figlio.
Allora ecco il mio appello:
la realtà è in movimento, le rappresentazioni della realtà no. Essere nero, essere di un genere, appartenere ad un’etnia, essere diversamente abile, non possono essere continuamente rappresentati come una colpa, e non possono essere chiamati in causa solo per rappresentare stereotipi negativi. Mi chiedo quante sono le registe donne ogni 100 film che vengono prodotti in Italia. Di nuovo mi butto su internet.
Dopo diverse ore ho la certezza che il mio dramma è condiviso da milioni di persone, inoltre vengo a sapere che il Ministero dei beni e delle attività culturali finanzia per circa 400.000 l’anno la cultura e l’industria cinematografica italiana, però, allora siamo anche noi ignorati, esclusi e bastonati che finanziamo la produzione e diffusione degli stereotipi. Ho ascoltato, con emozione, più volte il discorso dell’attore britannico Idris Elba, con determinazione chiarezza mostrava il risultato della pappa tossica: «I talenti artistici sono ovunque, l’opportunità no» e lo sta dicendo al parlamento inglese. Allora la pappa tossica non è offerta solo in Italia.
La petizione è corretta per gridare che tutti ci meritiamo una televisione a colori, che racconti il meraviglioso, e variegato mondo attuale. Quindi chiediamo a chi produce, organizza rappresentazioni (tv, cinema, pubblicità, teatro ecc) di prendere atto della realtà. Di avere fiducia nella passione e nell’intelligenza di tutte le persone che si nutrono delle loro produzioni.
Ai primi due destinatari: il Ministro Dario Franceschini e il direttore RAI Antonio Campo dell’Orto, chiediamo di portare la televisione, il cinema, il teatro nell’era moderna. Siamo passati dal bianco nero al monocolore allora facciamo questa rivoluzione passando al multicolore e multi diversità come sinonimo di normalità. Gentili signori Armatevi di coraggio e fate del disegno di legge N.2287 uno stimolo alla rivoluzione della rappresentazione, un inno alla normalità con tutte le sue sfumature.
Firmando questa petizione si chiede coraggio e fantasia nel fare una legge con norme specifiche in grado di stimolare, verificare il rispetto di una narrazione pluralista e non stereotipata in tutte le fasi della produzione.
Il secondo destinatario sono tutti i soggetti che direttamente o indirettamente incidono sulla produzione e diffusione della cultura in senso ambio (produttori, distributori, registi, sceneggiatori, direttori di rete, scrittori, attori). Firmando si chiede di avere fiducia nella nostra capacità di cittadini, di abbandonare il ragionamento solo per stereotipi, di fare a meno della pigrizia mentale, il resto basta guardare dalla finestra.
Il terzo destinatario sei tu che stai leggendo, firmando dichiari di essere pronto ad una rappresentazione inclusiva e pluralista, dove il genere, il colore, l’etnia, la nazionalità, la religione non siano incarnazione di stereotipi negativi. La tua firma bandirà la pappa tossica, e per questo ti ringrazio e un giorno, forse, potrò guardare la televisione con mio figlio Thomas.
Brhan Tesfay
#PERUNATELEVISIONEACOLORI
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