Si sono tenute presso l’hotel Nazionale di Roma le celebrazioni del ventennale del master “Cooperation and Development” dell’università di Pavia, alla presenza del prof. Gianni Vaggi, direttore generale per la Cooperazione allo sviluppo, dell’ambasciatore Pietro Sebastiani, del dottor Enrico Materia dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, dell’on. Lia Quartapelle Procopio e di molti ex studenti del master provenienti da altri continenti, oggi schierati in prima linea in progetti in Cooperazione allo Sviluppo ed impegnati in ONG ed organizzazioni internazionali.
Al centro dei vari interventi è stata l’importanza di continuare a formare studenti provenienti dai paesi sottosviluppati per garantire un futuro e una prosecuzione dei progetti che le ONG si sono prefissati per aiutare i Paesi in via di sviluppo. L’incontro è stato preceduto da una lettera di Marco Prencipe, ambasciatore dell’Italia in Niger: “Mai come oggi c’è bisogno di professionisti della cooperazione e dello sviluppo, uno sviluppo che sia inclusivo e metta l’uomo e la sua dignità al centro. Il mio percorso professionale mi ha portato a lavorare in diversi Paesi, in Zambia e Ghana con progetti di sviluppo rurale della Banca Mondiale e, nel corso della mia carriera diplomatica, iniziata circa un anno dopo la fine del Master, con assegnazioni presso l’Ambasciata d’Italia a Teheran, alla Rappresentanza italiana presso le Nazioni Unite a Vienna, l’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede e da ultimo, da fine febbraio 2017, come ambasciatore d’Italia a Niamey in Niger.
Gianni Vaggi, che nell’occasione è stato il moderatore dell’incontro insieme a Maura Viezzoli, vice presidente del CISP: “20 anni fa c’erano ragazzi giunti al master dall’Africa Subsahariana e poco altro da altre parti del mondo. La notizia stupefacente è che il gap con gli studenti italiani si è ridotto. Negli ultimi 10 anni la differenza di iscritti tra studenti stranieri e italiani si è praticamente annullata. E le iscrizioni arrivano da più parti del mondo. La quasi totalità degli studenti oggi provenienti da Kenya, Ghana, Etipia, India ecc.. sono tornati a cooperare nei propri Paesi di provenienza. E molti studenti italiani si sono creati un’opportunità lavorativa proprio in questi Paesi in via di sviluppo, aiutando le popolazioni locali a crescere. Questa è una soddisfazione immensa per noi che abbiamo ideato e portato avanti il master dal 1997 ad oggi”.
Jabob Omolo, direttore del dipartimento di Economia Applicata della Kenyatta University e coordinatore del master in Economics (Cooperation and Human Development) di Nairobi: “La cooperazione non ha frontiere. Abbiamo un programma di sviluppo umano a Nairobi che è lo stesso sposato dal master e da altre Nazioni: insegniamo ai nostri studenti l’importanza dello sviluppo economico attraverso la cooperazione internazionale”.
Intervista a Gianni Vaggi, direttore generale per la Cooperazione allo Sviluppo, che da più di 30 anni insegna economia dello Sviluppo e da 25 lavora regolarmente nella cooperazione.
Ha notato dei cambiamenti nella cooperazione internazionale?
“Ne ho trovati tanti e in meglio. I ragazzi nostri e quelli provenienti da altri Paesi in via di sviluppo sono molto più vicini ed è più facile per loro incontrarsi e comunicare. Abbiamo davanti delle prospettive e delle situazioni diverse. Dobbiamo chiederci cosa fare sul serio da qui al 2030 e come prepararci anche dopo. Bisogna sempre avere un occhio più in là per non rimanere mai indietro.
Qual è l’obiettivo per il dopo 2030?
Ci sono delle tappe intermedie prefissate e bisogna sapere che il progresso e lo sviluppo richiedono pazienza, bontà, fedeltà e curiosità. Non bisogna mai pensare che quello che abbiamo capito sia qualcosa di definitivo. Dobbiamo incasellare queste lezioni in un percorso. Alla fine è un modo di essere. I traguardi ci vogliono, ma il compito nostro che lavoriamo nella cooperazione e lo sviluppo è sempre quello di cercare di guardare tutto il percorso.
L’on. Lia Quartapelle Procopio ha fatto un riferimento all’ondata di fango che recentemente è stata gettata sulla cooperazione sulla crisi migratoria. Lei cosa pensa a riguardo?
“Io credo che da un lato c’è un problema di comunicazione per chi l’ha fatto. Anche in passato la cooperazione italiana ha avuto grossi problemi, come i problemi avuti con la Somalia, ad esempio. Se hai un impegno che ha anche una connotazione etica, devi essere tre volte responsabile. Di fronte a un fenomeno, come quello dell’immigrazione, di cui ancora non ci rendiamo totalmente conto, dico: cerchiamo di fare un ragionamento serio e complessivo. Se parlare male di alcune ONG è un modo per iniziare un confronto serio, va bene, ma la sostanza è quello che il fenomeno storico ci sta proponendo. Qualunque cosa tu faccia (tu ONG ndr), se non la inquadri nella prospettiva delle sue cause, crea un problema. A me fa tristezza l’assenza di prospettive realistiche per aiutare i migranti. Cerchiamo di capire e studiamo cosa sta succedendo, perché avremo ancora a che fare con quest’emergenza. Fa tristezza vedere la politica non all’altezza. Il nostro compito è quello di cercare di avere una riflessione su questi temi un po’ di più largo respiro e offrire degli spunti di riflessione e delle proposte di soluzioni attuabili”.
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