Fatimah Asghar è una giovane poeta di origini pachistane e del Kashmir, che abita attualmente negli Stati Uniti dove è anche fotografa e performer di fama nazionale. Fa parte del collettivo poetico Dark Noises. Dopo un’infanzia segnata dall’esperienza di essere rimasta orfana di entrambi i genitori a cinque anni, ha iniziato presto a esprimersi tramite la scrittura. Durante il periodo passato in Bosnia Herzegovina come borsista Fullbright per studiare drammaturgia in luoghi che erano stati teatro di violenza e guerra è stata la creatrice di REFLEKS, il primo gruppo di poesia performata in quel paese. Le sue poesie sono a apparse nella rivista POETRY Magazine, The Paris-American, The Margins, and Gulf Coast. La plaquette “After” è di prossima uscita.
Di seguito vi proponiamo la sua poesia Se dovessero venire a prenderci, tradotta da Pina Piccolo (qui l’originale in inglese).
Se dovessero venire a prenderci
questa è la mia gente & e me la ritrovo
per strada & tra le ombre
in qualsiasi luogo selvatico tutta selvaggia
la mia gente la mia gente
una danza di estranei nel mio sangue
il sari di una vecchia che si dissolve in vento
la goccia rossa sulla sua fronte una nuova luna
la rivendico mia parente & cucio
la sua stella sul mio petto
in pasticceria, il bimbo che trabocca dal passeggino
chioma spumeggiante fontana di soffione
pure lui lo rivendico mio
lo zio sikh che lavora alla sicurezza in aeroporto
che si scusa per avermi perquisito
il musulmano che abbandonando
la macchina al semaforo cade
in ginocchio al richiamo del muezzin
come pure il musulmano che sorseggia
del buon whiskey quando inizia la preghiera del tramonto
la solitaria zietta ai giardini
che abbina la tunica ai crocs
è la mia gente la mia gente
non posso perdermi
quando vi vedo la mia bussola
è bruna & dorata & sangue
la mia bussola un adolescente musulmano
che con berretto da baseball & high top adorna
la banchina della metro
mashallah li rivendico tutti miei
il mio paese è fatto
a immagine e somiglianza della mia gente
se vengono a prendere voi vengono
a prendere anche me nel profondo
dell’inverno uno stormo
di ziette si addentra sulla spiaggia
i loro veli si trasformano in oceano
una colonia di zii che strofinano palmi delle mani
& nell’aria si ode il rintocco di migliaia di gelsomini
mia gente vi seguo come costellazioni
sentiamo il vetro frantumarsi in strada
& le notti aprire le proprie tenebre
i nostri nomi la legna di questo paese
carburante per il fuoco mia gente mia gente
i lunghi anni che siamo sopravvissuti i lunghi
anni a venire vi vedo disegnare la mappa
del mio cielo la luce della vostra lanterna proiettata
molto in avanti & la seguo la seguo
Per gentile concessione dell’autrice; poesia apparsa nel numero di marzo 2017 della rivista Poetry nel 6° numero de LA MACCHINA SOGNANTE, una rivista di scritture dal mondo. Ogni settimana Frontiere News pubblica un articolo selezionato dalla redazione de La Macchina sognante.
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