Kosovo, verità e giustizia per i quattordici giornalisti scomparsi

Durante la guerra in Kosovo nel ’96-’99, sono stati sequestrati ed uccisi quattordici giornalisti e operatori di nazionalità serba ed albanese. I loro sequestratori e assassini non sono stati mai trovati o indagati, ed oggi probabilmente sono in libertà. Molti dei giornalisti sono stati rapiti dopo l’arrivo delle forze NATO nel 1999, e dopo l’avvio di missioni internazionali in Kosovo (quali EULEX, UNMIK e KFOR) per ristabilire ordine, pace e legge nello stato, che poco dopo la guerra ha proclamato l’indipendenza.

Dopo un’approfondita ricerca, la giornalista serba Jelena Petkovic in collaborazione con l’Associazione dei giornalisti della Serbia (UNS) ha trovato nuovi indizi, notando il modo in cui le indagini sono state ostacolate, ed evidenziando omissioni e ponendo alle autorità una serie di domande. Da un mese e mezzo, da quando cioè l’associazione ha pubblicato i nuovi risultati, il numero ufficiale delle indagini aperte sugli omicidi e sui sequestri di giornalisti in Kosovo, è aumentato da due a sette. Però, ci sono altri sette casi ancora chiusi.

Le inchieste riaperte

Krist Gegaj, commentatore ed editore del programma in lingua albanese per RTV Pristina, è stato ucciso nel settembre 1999, dopo l’arrivo delle forze NATO in Kosovo. Ancora oggi non si sa chi l’abbia ucciso e perché. Il suo corpo fu trovato il giorno dopo la scomparsa; benché la sua famiglia abbia dichiarato di aver denunciato l’omicidio alla KFOR (La Kosovo Force guidata dalla NATO), i responsabili della KFOR stessa oggi dicono di non sapere niente di questo caso. Mentre la missione EULEX (European Union Rule of Law Mission in Kosovo) ha appreso e subito ha chiuso il caso dei giornalisti serbi Ranko Perenic e Đuro Slavuj, di Radio Pristina, sequestrati da parte dai membri dell’UCK (Esercito di liberazione del Kosovo) il 21 agosto del 1998. Snezana Perenic è stata recentemente informata che suo marito “è stato intercettato sulla strada da un gruppo armato di persone che portavano il marchio dell’UCK, minacciato con le armi e poi portato in una direzione sconosciuta“.

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L’ex capo della missione diplomatica degli osservatori del Kosovo degli Stati Uniti (KDOM), Shaun Byrnes, ha dichiarato recentemente che all’epoca, nella regione in cui sono stati sequestrati i giornalisti Perenic e Slavuj, Fatmir Limaj aveva un forte potere. Limaj, ex militare e politico albanese, è noto per essere stato il braccio destro di Hashim Thaci, ex lider dell’UCK e dal 2016 presidente dal Kosovo.

Per quanto riguarda questo caso, l’EULEX ha chiuso l’indagine quattro anni fa. Ma grazie al dossier dell’Associazione dei giornalisti della Serbia (UNS), l’inchiesta è stata riaperta nel novembre 2017 ed è stata rilevata dalla procura speciale del Kosovo.

I documenti perduti

Con le missioni internazionali, l’Unione Europea intendeva aiutare le autorità in Kosovo a costruire uno stato di diritto. Per molti dei casi dei giornalisti uccisi o sequestrati, i responsabili dell’EULEX affermano che non hanno avuto le informazioni adeguate e che non tutti i familiari dei giornalisti scomparsi hanno dato i loro campioni del DNA. La giornalista Petkovic che lavora su questa inchiesta ha scoperto che nel database della Commissione Internazionale per le persone scomparse (ICMP) che conserva il materiale del DNA dai familiari dei dispersi, per esempio i campioni dei parenti del giornalista scomparso Djuro Slavuj, sono registrati con il cognome sbagliato.

Anche se la missione EULEX, sin dalla sua fondazione, afferma che non ci siano i documenti sui sequestri del giornalista di “Jedinstvo” e “Politika”, Ljubomir Knezevic, rapito il 6 maggio del 1999 e del dipendente di RTV Pristina, Milo Buljevic, rapito il 25 giugno del 1999, dopo che l’Associazione UNS, l’anno scorso aveva presentato i risultati dell’inchiesta al capo della missione EULEX, Alexandra Papadopoulous, alcuni documenti sulle indagini di questi due casi sono stati subito dopo trovati.

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Durante i diversi mandati dei responsabili delle missioni internazionali in Kosovo sono stati perduti molti dei documenti che riguardano i quattordici giornalisti. La riduzione dei dipendenti nelle missioni ha portato inoltre a non sapere dove cercare i documenti delle indagini.
I responsabili di queste tre missioni si incolpano tra di loro e non sono molto disposti a collaborare. “I responsabili dell’UNMIK (l’amministrazione provvisoria da parte dell’ONU in Kosovo) hanno ufficialmente spiegato che, per qualche ragione, quelli che all’epoca erano responsabili di questa missione non hanno fatto un buon lavoro e che non sanno perché è cosi” – spiega la giornalista Petkovic.

Sono passati più di 18 anni, e non è stato ancora risolto nessuno dei quattordici casi. I familiari ed i colleghi dei giornalisti uccisi o scomparsi non accettano questo come risposta, e chiedono verità e giustizia per le persone che sono state uccise solo perché facevano il proprio lavoro.


Vi proponiamo un documentario di Brankica Stankovic, per Insajder, sul caso dei 14 giornalisti (il filmato è in serbo e inglese).


Profilo dell'autore

Tatjana Đorđević Simic

Tatjana Đorđević Simic
Corrispondente dall'Italia per vari media della Serbia degli altri paesi dell'ex Jugoslavia, vive in Italia dal 2006 e da allora ha collaborato con molte riviste di geopolitica italiane e internazionali. Attualmente scrive per Al Jazeera Balkans e per la versione in serbo della BBC. È membro dell'International Federation of Journalist e dal marzo 2020 è il Consigliere Delegato dell'Associazione Stampa Estera Milano
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