La giornalista bosniaca Lejla Zviždić ha riportato alla luce il tragico destino e la forte speranza dello scrittore Fahrudin Kučuk, l’uomo che nel ’92 perse la figlia Aida, cinque anni: prima vittima dell’assedio di Sarajevo.
Fahrudin Kučuk è un uomo determinato, con i capelli bianchi e gli occhi curiosi. Forse è stata proprio la curiosità che gli ha salvato la vita e gli ha dato la forza di continuare ad andare avanti dopo la morte della moglie, che morì per problemi di salute prima della guerra in Bosnia, e poi, qualche anno dopo, la perdita della figlia Aida, che è stata uccisa sotto le prime bombe che sono cadute a Sarajevo. Il documentario che racconta la vita di questo grande uomo, che oggi è uno degli scrittori per bambini più noti di Bosnia, s’intitola Lakonoga (la gamba leggera). Il film è stato presentato lo scorso settembre, in anteprima all’Al Jazeera Doc Film festival di Sarajevo.
Lejla Zviždić, la tragedia personale di Fahrudin Kučuk è anche la tragedia di un’intera epoca. Attraverso questa storia personale, intendeva raccontare anche la guerra in Bosnia?
Grazie alle storie personali degli altri, capiamo meglio gli eventi passati. Attraverso la vita di Fahrudin Kučuk, in qualche modo ci connettiamo con tutti i bambini uccisi a Sarajevo durante la guerra. Ma non solo, anche con tutti gli altri bambini vittime delle guerre. Purtroppo, attraverso questa storia di un’infanzia interrotta si può costruire un quadro di guerre inutili che ci sono nel mondo. Si può capire meglio l’inutilità delle uccisioni. Le case demolite, le facciate rovinate, le strade distrutte, tutto si può ricostruire tranne le vite umane.
Un mio amico ha notato una cosa durante la proiezione del film. “Sai Lejla”, mi ha detto “durante la guerra ogni giorno ascoltavamo le notizie sul numero delle vittime, tra le quali c’erano anche molti bambini. Grazie per aver rianimato uno di quei bambini, grazie per averci mostrato che quel bambino era un essere umano, e non solo un numero, e che avrebbe avuto un futuro se non fosse stato ucciso”.
È stato molto importante raccontare che la data del 2 maggio, che è passata alla storia come il giorno della difesa di Sarajevo e della Bosnia ed Erzegovina, è anche stata purtroppo anche la data in cui non siamo riusciti a difendere la vita di un bambino. Con questo film vorrei che ogni 2 maggio si ricordasse la piccola Aida Kučuk, così come tutti gli altri bambini uccisi.
Il protagonista del suo film, Fahrudin Kučuk ha perso prima la moglie e poi la figlia. La sua forza si trova nel fatto che, nonostante tutto, è riuscito a continuare ad amare la vita. Anche lei ha vissuto la guerra, perché ha deciso di raccontare questa storia?
Mi sono sentita in dovere di parlare e di documentare questa storia, soprattutto perché anch’io sono figlia di Sarajevo. Al posto di Aida ci sarei potuta essere io. Il fatto che non sono stata io, mi ha obbligato a memorizzare, ricordare e documentare. Innanzitutto, per far sapere questa storia alle nuove generazioni.
Nelle molte interviste che ha rilasciato recentemente, lei ha affermato che Lakonoga è stata una delle imprese più difficili in tutta la sua carriera. Quanto è stato difficile fare le riprese con Kučuk?
È stato molto pesante e toccante. Parlare con lui della tragedia più grande della sua vita, tornare sui periodi più dolorosi, è stato qualcosa che mi ha anche messo di fronte a un dilemma morale: è legittimo e umano scavare nella sua anima? D’altra parte sapevamo entrambi che nonostante fosse difficile, era molto importante parlarne e raccontarlo.
A volte abbiamo dovuto interrompere le riprese perché ero io a non riuscire continuare l’intervista. Il mio ruolo di giornalista e autrice spesso si scontrava con il ruolo di madre di due bambini, Mona di 12 anni e Amar di 7. La parte più triste è il racconto di quando ha dovuto riconoscere il corpo di sua figlia. Decisamente il compito più difficile nei miei ventitré anni di carriera.
Crede che il suo film potrebbe aiutare le persone che non sono riuscite ancora, dopo tanti anni, ad affrontare il passato?
Una delle condizioni fondamentali per girare questo film era che Fahrudin accettasse di rendere la sua tragedia un esempio che potrebbe servire a tutti coloro che non sono riusciti ad affrontare il dolore. Per me, personalmente, è importante che questa e altre storie simili arrivino alle persone che, nella loro retorica politica, usano spesso le armi e la guerra per manipolare il popolo. Nessuno vuole che suo figlio venga ucciso, nessuno vuole mandare i propri figli in guerra. Questo è il messaggio del film.
Oggi Fahrudin Kučuk è uno dei più famosi scrittori bosniaci per bambini, vincitore di numerosi premi e organizza un festival d’arte per bambini molto noto. Il contrasto tra la sua carriera di scrittore e la tragedia personale è il filo conduttore del film?
Sì, ho conosciuto Fahrudin grazie al suo lavoro creativo, ma per molti anni non sapevo del peso che portava. Molti dei suoi sogni furono uccisi, eppure non ha mai smesso di sognare. Ha trasformato il suo trauma in amore, con la missione di rendere felici i bambini. Lui scrive e vive per i bambini. In questo modo sua figlia continua a vivere. Inoltre, il festival da lui organizzato cade proprio durante l’anniversario della morte della figlia, quando viene consegnato un premio speciale che porta il nome “Aida”.
Perché il film si intitola Lakonoga?
Esiste un’opera teatrale, realizzata a partire dal testo di Fahrudin che si chiama “Lakonoga nella foresta magica”. Il nome iniziale del film era “Aida”, ma quando ho ricevuto la videocassetta del filmato dall’archivio della famiglia, ho cambiato idea. Uno degli ultimi filmati mostrava la piccola Aida mentre canta e balla, muovendosi leggera e allegra. Quando ho visto quel filmato, ho cambiato il nome del film in “Lakonoga”.
Dopo l’Al Jazeera Doc Film Festival di Sarajevo, sta pianificando una proiezione internazionale?
In questi giorni mi sto concentrando sulla distribuzione. Ci sono arrivate molte richieste da diverse città del paese, ma anche da vari paesi europei. Attraverso la storia di una guerra siamo riusciti a realizzare un film contro la guerra, in cui le scene della guerra quasi non si vedono. Lakonoga è un film dove un uomo portatore di una grande tragedia richiede amore e pace, senza alcun accenno all’odio. Sarebbe molto importante che questo film venga visto da molti.
Profilo dell'autore
- Corrispondente dall'Italia per vari media della Serbia degli altri paesi dell'ex Jugoslavia, vive in Italia dal 2006 e da allora ha collaborato con molte riviste di geopolitica italiane e internazionali. Attualmente scrive per Al Jazeera Balkans e per la versione in serbo della BBC. È membro dell'International Federation of Journalist e dal marzo 2020 è il Consigliere Delegato dell'Associazione Stampa Estera Milano
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