Così le oligarchie hanno lasciato marcire Haiti

Da mesi Haiti vive una crisi economica e sociale che ha complicato una situazione già estremamente grave. Intense proteste contro il governo di Jovenel Moïse sono accompagnate da durissime repressioni, dal collasso energetico e da squadroni iper-violenti che tengono sotto giogo la popolazione. Da Port-au-Prince, Patrick Etienne, vicepresidente dell’Institute de la Nouvelle Haïti, ci consegna una testimonianza preziosissima per capire cosa sta succedendo nello stato caraibico.

di Patrick Etienne

Un caro amico con cui stavo condividendo i miei pensieri sull’attuale situazione del Paese mi ha suggerito di scrivere un articolo che raccontasse l’esperienza vissuta dall’haitiano medio in questa crisi. Ho accolto con favore l’idea, perché scrivere sull’argomento sarebbe stato un bagliore di libertà dalla mia inattività forzata. E mi avrebbe dato la sensazione, benché rinchiuso, di essere parte nel mondo.

Il lettore che non ha familiarità con il contesto haitiano potrebbe supporre che basti mettersi al computer e iniziare a digitare parole. Beh, non è così. Un calo di corrente mi ha lasciato senza elettricità per quasi un mese. Nel frigo il cibo è marcito da tempo, le notti sono buie e l’elettricità non può essere ripristinata perché le strade sono barricate. Non potendo alimentare il mio computer a casa, sono dovuto andare altrove per farlo, a 10 minuti a piedi. Lì il servizio elettrico, sebbene irregolare, non è stato interrotto. Per arrivarci ho attraversato barricate, a volte in fiamme, e rischiato di essere attaccato da teppisti (i sedicenti militanti) armati di pietre e bottiglie. Potrebbero avvicinarsi in qualsiasi momento e provare a prendermi computer e telefono.

Niente è stato semplice da quando il movimento del “péyi lok” (“paese bloccato”, in creolo haitiano) ha bloccato il Paese. 

Conseguenze del “péyi lok”

Nel “péyi lok” sono coinvolti gruppi che terrorizzano la popolazione con sparatorie, lanciando pietre e bottiglie e costruendo barricate – infuocate e praticamente invalicabili – per paralizzare il traffico e tutte le attività produttive. Molti haitiani credono che i gruppi siano uno strumento dell’oligarchia.

Le conseguenze degli oltre due mesi di blocco nazionale sono drammatiche e rappresentano un disastro umanitario. L’economia, già colpita dai recenti eventi climatici, è ormai in ginocchio. Le entrate statali da imposte e dazi doganali sono ridotte, presto sarà difficile pagare i dipendenti pubblici. Aggiungete a tutto ciò che la maggior parte della forza lavoro del paese è costituita da lavoratori a giornata, e ogni giorno di inattività ha un impatto negativo sui bilanci familiari. In altri settori, le aziende sono costrette a chiudere, lasciando i dipendenti senza lavoro. Con le strade bloccate, i contadini non possono trasportare il loro cibo nelle città e i loro prodotti deperibili marciscono sul posto. La conseguente scarsità di cibo ha fatto salire i prezzi alle stelle. Si sta già avvertendo una carestia e gli aiuti umanitari forniti da USA e Nazioni Unite saranno palliativi che non rinvigoriranno l’economia. Un’altra sfortunata conseguenza del “péyi lok” è la chiusura delle scuole e la perdita di posti di lavoro nell’istruzione. La situazione è tremenda anche nel settore sanitario: i medici non riescono ad andare sul posto di lavoro, i pazienti (tra cui donne in gravidanza) non possono essere ricoverati e gli ospedali non ricevono più né farmaci né le attrezzature di cui hanno bisogno. 

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René Garcia Préval, ex Presidente e Primo Ministro della Repubblica di Haiti.

Come si è arrivati fin qui? Un po’ di storia

Nel 1804 neri e mulatti si liberarono insieme dal giogo coloniale francese. Dalla fondazione della nazione haitiana i mulatti ne uscirono più privilegiati dei neri, avendo ricevuto un’istruzione maggiore e possedendo più risorse. Nel corso del tempo hanno formato un’oligarchia, custodendo la propria ricchezza e garantendosi il controllo dell’apparato statale.

Più recentemente, questa oligarchia si è diversificata integrando facoltosi membri neri e dal Medio Oriente. In un paese con risorse economiche limitate, l’oligarchia è diventata nel tempo sempre più protettiva e vorace.

L’avvento nel 2006 della presidenza di René Préval (che è rimasto presidente fino al 2011) è stato, per gli oligarchi, un’opportunità per ristrutturare le imprese statali attraverso liquidazioni, furti e azioni di sabotaggio, tra cui il rapimento di direttori di agenzie statali. Le imprese, così svalutate, furono vendute a beneficio dell’oligarchia.

Jocelerme Privert, che ha supervisionato una transizione presidenziale, ha ad esempio permesso che ben 3 miliardi di dollari in appalti – tra cui quelli relativi alla sorveglianza delle frontiere – fluissero nelle tasche dell’oligarchia. I confini e le acque territoriali di Haiti sono quindi diventati, per vari gruppi criminali, canali per il contrabbando di uomini, armi e droga.

Va sottolineato che lo strumento statale storicamente incaricato di pattugliare il confine, l’esercito haitiano, è stato sciolto nel 1994 dal presidente Jean-Bertrand Aristide, predecessore di Préval. 

Un’immagine artefatta

È questo il contesto in cui, nel 2017, è apparso l’attuale presidente di Haiti, Jovenel Moïse. Da candidato era stato sostenuto da grossi dirigenti aziendali e da specialisti delle pubbliche relazioni, che lo hanno dipinto come un imprenditore di successo facendo leva sulla sua attività di esportazione di banane. Scherzosamente chiamato Neg bannan la (l’uomo delle banane) dai suoi avversari, Moïse adottò questa nomea a suo vantaggio. Quando l’uragano Matthew ha colpito Haiti nel 2017, devastando il sud del Paese, il candidato Moïse ha fornito aiuti alimentari e logistici che hanno giocato a favore della sua elezione. In cambio, i suoi finanziatori si aspettavano nuovi privilegi, anche se forse non avevano previsto lo scandalo PetroCaribe, esploso nel 2018. 

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 Il PetroCaribe, i PetroChallengers e il “péyi lok”

 Lo scandalo PetroCaribe – cioè la svendita di imprese statali e gli appalti aggiudicati da Privert – rappresenta il più grande caso di corruzione nel governo haitiano nel 21esimo secolo. Il caso deve essere ancora esaminato nei tribunali haitiani, ma la maggior parte degli esperti di Haiti e dello stesso popolo haitiano concorda sul fatto che l’affare PetroCaribe coinvolga tre presidenze: quelle di René Préval, Michel Martelly e Jocelerme Privert.

In base a un accordo chiamato PetroCaribe, lo stato venezuelano ha fornito petrolio ai paesi dell’America latina e dei Caraibi a condizioni preferenziali, con pagamenti da differire e con tassi di interesse favorevoli, se non insignificanti. I paesi dovevano investire in progetti rurali i risparmi che derivavano dall’accordo e avevano la possibilità di rimborsare i loro prestiti con prodotti agricoli.

Prendendo come pretesto il devastante terremoto del 2010 e i conseguenti cicloni abbattutisi su Haiti, i governi di Préval, Martelly e Privert hanno dichiarando lo stato di emergenza aggirando così gli organi di controllo dello stato. Pertanto, i 3 miliardi di dollari del PetroCaribe sono stati inghiottiti in contratti irregolari, fasulli o gonfiati. Politici di spicco – tra cui ministri, parlamentari, alti funzionari statali e uomini d’affari – sono diventati più ricchi, approfittando di questi proventi inattesi.

Corteo del Primo Maggio 2019 a Port-au-Prince. I cartelli riportano, in creolo, la scritta “Dove sono i soldi del Petro-Caribe?”. (AP Photo/Dieu Nalio Chery)

I cittadini haitiani hanno chiesto di sapere dove fossero andati i fondi e hanno lanciato una campagna sui social media. Nel 2018 è nato il movimento dei cosiddetti PetroChallengers, ampiamente supportato dai giovani, che ha richiesto la responsabilità e il recupero dei fondi mancanti.

Di fronte a questo scandalo, il neoeletto presidente ha assunto una posizione ambigua, affermando che non avrebbe consentito che il caso PetroCaribe venisse strumentalizzato per condurre persecuzioni politiche. Era una strategia o intendeva proteggere i suoi finanziatori e amici politici? Inoltre la Agritrans – la sua stessa società di esportazione di banane – è stata implicata per aver beneficiato di un appalto irregolare e a condizioni sospettosamente vantaggiose prima che Moïse diventasse presidente. Gli organi di controllo statale della Corte dei conti e del Contenzioso amministrativo hanno svolto un’indagine senza però sentire il diretto interessato, inficiando dunque il proprio verdetto.

Il movimento PetroChallenge si è compromesso quando si sono infiltrati politici e uomini d’affari concentrandone l’attenzione sulle dimissioni del presidente, deviandola dalle richieste iniziali. Sebbene potrebbe apparire che PetroChallenge si sia trasformato nel movimento del “péyi lok”, i pacifici PetroChallengers non dovrebbero essere confusi con i vandali del gruppo “péyi lok”. Al momento della stesura di questo articolo, il Presidente rimane saldamente al suo posto.

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Jovenel Moïse, attuale presidente di Haiti

La reazione del Presidente

 Jovenel Moïse è riluttante a reprimere le bande che paralizzano le attività del Paese, pur avendo il sostegno delle potenze statunitensi ed europee. È chiaro che esiste una frattura tra il presidente e l’oligarchia; è complesso definire esattamente quando si sia sviluppata, ma all’inizio del suo mandato Moïse scelse di sostituire il sistema elettrico con fonti di energia rinnovabile, senza il sostegno dell’oligarchia.

Di fronte ai recenti tentativi di rovesciarlo, il Presidente ha contrattaccato risolvendo i contratti di elettricità privata e assumendo studi legali per recuperare somme accumulate fraudolentemente. Ha anche posto fine alle indennità doganali di cui godono gli imprenditori.

Il presidente ha recentemente dichiarato di essere aperto a trattare per risolvere la crisi del “péyi lok”. I suoi oppositori hanno replicato dicendosi pronti a dialogare con tutti, tranne che con lo stesso Moïse. Una recente visita di un inviato di Trump sembra aver spostato i giocatori a favore di questo dialogo. Il risultato arriverà presto?

Quali sono le prospettive?

Si sarebbe tentati di ritenere queste manovre politiche null’altro che un triste teatrino, se non ci fosse di mezzo un intero paese sull’orlo del tracollo. Di fronte a questa immagine angosciante, è ancora possibile nutrire speranze?

Gli haitiani desiderano essere felici e meritano di meglio che essere guidati da uomini corrotti e incompetenti. È indispensabile che questa classe politica e questi uomini d’affari vengano sostituiti con nuovi leader.

Il Paese e, soprattutto, la diaspora hanno un bacino di persone istruite che, unendosi, dovrebbero accettare di essere coinvolte nel lavoro civile di ricostruzione della nazione su nuove fondamenta. La salvezza arriverà con l’avvento di un governo solido e onesto, che sappia apportare i cambiamenti necessari e che sia supportato dalla sua popolazione così come dagli amici di Haiti in tutto il mondo.


Traduzione di Valerio Evangelistaleggi la versione in inglese e francese

In copertina: Una manifestante urla slogan antigovernativi durante una protesta a Port-au-Prince, Haiti. (DIEU NALIO CHERY / AP)


Profilo dell'autore

Patrick Etienne

Patrick Etienne
Patrick Etienne è vicepresidente dell'Institute de la Nouvelle Haïti / New Haiti Institute, un think tank sul coinvolgimento della società civile nel quadro più ampio di un approccio pluridimensionale ai problemi che riguardano Haiti.
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