Il presidente colombiano Iván Duque ha annunciato un nuovo statuto di protezione temporanea per il milione di migranti venezuelani irregolari residenti nel paese, costretti a vivere come fantasmi e a subire campagne xenofobe alimentate dalle dichiarazioni di alcuni politici locali.
Testo di Marco Dalla Stella, foto in copertina via gov.co
Sono trascorsi due anni da quando Winston Vásquez, 23 anni, ha lasciato il Venezuela per la Colombia. Ha attraversato il confine di nascosto passando per Paraguachón, una piccola cittadina nel dipartimento settentrionale de La Guajira, dove la linea che separa i due paesi è soltanto immaginaria e attraversa una fitta foresta pluviale.
“Qui ci sono case con la cucina in Colombia e il bagno in Venezuela”, mi ha detto Vásquez.
In quanto migrante irregolare, Vásquez ha dovuto accettare diversi lavori sottopagati, facendo però attenzione a non ammalarsi. Gli ospedali infatti non lo avrebbero curato.
Da quando è arrivata la pandemia, Vásquez ha perso il suo lavoro in un autolavaggio e ha iniziato a lavorare da casa, vendendo panini che pubblicizza attraverso gruppi su WhatsApp. “Ma ora vedo la luce alla fine del tunnel”, mi ha detto Vásquez.
Lo scorso febbraio, il presidente colombiano Iván Duque ha annunciato un nuovo statuto di protezione temporanea per i migranti venezuelani. Circa un milione di migranti irregolari ora vede l’opportunità di accedere a servizi di base – come assistenza sanitaria, istruzione e case – e di integrarsi nel mercato lavorativo. L’iniziativa di Duque è la prima a riconoscere il perdurare della crisi venezuelana e permetterà ai migranti del paese confinante di risiedere in Colombia per un periodo di dieci anni.
Tra speranza e scetticismo
Nonostante le reazioni positive della comunità migrante, alcuni osservatori hanno però sollevato dubbi sull’efficacia di questa iniziativa sul cui funzionamento esistono ancora numerosi interrogativi. Non è poi chiaro come sarà recepita dai colombiani, tra i quali è sempre più comune il sentimento anti-venezuelano.
Dal 2015, una combinazione di cattiva amministrazione, corruzione, crollo del prezzo del petrolio e sanzioni internazionali ha provocato una delle crisi più gravi nella storia del Venezuela. Iper inflazione, scarsità di alimenti e insicurezza hanno concorso a provocare un movimento di persone che l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati stima in cinque milioni. Un numero che rappresenta il 15% della popolazione totale. Se un fenomeno simile accadesse in Italia, quella percentuale includerebbe l’intera popolazione della Lombardia.
Circa 1,7 milioni di migranti venezuelani risiedono in Colombia, secondo i dati dell’agenzia di immigrazione nazionale colombiana. Negli anni, il governo ha affrontato questo fenomeno con misure di breve termine, confidando che la crisi venezuelana sarebbe terminata in breve tempo.
“Questo è il primo strumento concepito per funzionare per un periodo esteso di tempo,” mi ha detto Ronal Rodríguez, direttore dell’osservatorio per la migrazione venezuelana all’Università Del Rosario.
Rodríguez considera lo statuto di protezione temporanea un passo fondamentale verso l’integrazione della comunità migrante. Ma precisa che è ancora troppo presto per sapere se riuscirà a dare i risultati sperati. Molto dipenderà dall’approccio che i funzionari adotteranno.
“A seconda di come lo applicheranno, potrebbe perfino diventare uno strumento per bloccare l’integrazione venezuelana,” mi ha detto Rodríguez.
Lo statuto di protezione temporanea si applicherà a tutti quei cittadini venezuelani entrati in territorio colombiano prima del 31 gennaio 2021, indipendentemente se regolari o no. Ma mentre quelli che sono entrati legalmente non avranno problemi a dimostrare la loro data di ingresso, quelli che hanno attraversato illegalmente il confine – come Vásquez – potrebbero incontrare delle difficoltà a produrre la documentazione richiesta.
Il timore è che se le autorità adotteranno un approccio rigido, in migliaia potrebbero non riuscire ad accedere allo statuto, mentre un approccio inclusivo potrebbe aumentare il numero di richieste e incentivare l’arrivo dei migranti. Il sistema finirebbe così sotto notevole pressione.
“Da quando Duque ha fatto il suo annuncio, arrivano autobus con 350 persone ogni giorno,” mi ha detto Andrés Boscán, presidente di un’associazione di supporto ai migranti alla frontiera, nel dipartimento di La Guajira. Boscán teme che molte persone stiano entrando in Colombia con lo scopo di fare richiesta di protezione, producendo falsa documentazione. “Questo creerà notevole confusione. Come pensano di poterlo gestire?”
“I migranti arriveranno, che lo vogliamo o no”
Le autorità colombiane sperano di disincentivare l’attraversamento illegale del confine estendendo la protezione a tutti i venezuelani che durante i prossimi due anni entreranno nel paese legalmente, ma la chiusura del confine, imposta a marzo 2020 per contenere la diffusione del COVID-19, è stata di recente estesa fino a giugno.
A seconda di quanti migranti riusciranno ad accedere a servizi basici come salute e istruzione, gli economisti si aspettano un aumento della spesa pubblica che è difficile da quantificare.
“Nel breve termine, lo statuto potrebbe far aumentare i costi per la collettività”, mi ha detto Mauricio Reina, un ricercatore di Fedesarrollo, un think-thank colombiano specializzato in politiche economiche. “Ma nel medio termine, i benefici supereranno i costi nel momento in cui molte più persone entreranno a far parte del mercato lavorativo legale”.
Secondo Reina, la regolarizzazione dei migranti avrà l’effetto di diminuire la manodopera sottopagata che i lavoratori colombiani percepiscono come concorrenza sleale. Inoltre, i cittadini venezuelani potranno trovare lavoro nel loro campo professionale di loro competenza, contribuendo con tasse e competenze allo sviluppo nazionale.
“I migranti arriveranno, che lo vogliamo o no”, mi ha detto Reina. “Una volta che sono qui, ci sono solo due cose che puoi fare: ignorarli o regolamentarli”.
Nuovi sentimenti xenofobi
Ma il più grande ostacolo per l’integrazione dei migranti potrebbe non dipendere dal contesto legale in cui questa avviene. Dopo l’annuncio di Duque, nei social network i messaggi di ostilità verso i cittadini venezuelani sono aumentati del 1.552%, secondo i dati raccolti da Barometro Xenofobia, un progetto che studia contenuti discriminatori nelle piattaforme sociali. Inoltre, un sondaggio condotto da Invamer ha rilevato che il 66% dei colombiani è contrario allo statuto di protezione.
Per membri della comunità migrante, questi numeri non sono una totale sorpresa. Negli ultimi anni, diverse associazioni hanno denunciato un aumento degli episodi di discriminazione verso cittadini venezuelani.
“La situazione oggi è molto, molto peggiorata”, mi ha detto Rogélio Yerena, vicepresidente di Asovenecol, un’associazione di migranti venezuelani con base a Bogotà. Yerena ha vissuto in Colombia durante gli ultimi undici anni e ha visto il sentimento xenofobo crescere attorno a episodi di violenza che hanno coinvolto suoi connazionali. “Il male di pochi è molto più visibile del bene di tanti”.
Lo scorso marzo il poliziotto Edwin Caro, 24 anni, è morto a Bogotà dopo che due persone di nazionalità venezuelana gli hanno sparato durante un controllo. L’omicidio ha avuto l’effetto di aumentare il sentimento anti-venezuelano tra la popolazione, alimentato anche dalle dichiarazioni della sindaca di Bogotà, Claudia López Hernández.
“Prima uccidono, poi rubano,” ha detto la sindaca a favore di telecamere, riferendosi alla popolazione migrante venezuelana e chiedendo controlli più stringenti.
Vásquez, il migrante venezuelano che sopravvive vendendo panini dalla sua cucina a La Guajira, mi ha menzionato diversi casi in cui gli è stata rifiutata una stanza o un lavoro a causa della sua nazionalità. Ma questi pensieri non lo disturbano più. Oggi la sua attenzione è tutta focalizzata nella raccolta dei documenti di cui ha bisogno per fare richiesta di protezione non appena sarà possibile.
Prima di lasciare il Venezuela, Vásquez studiava scienze della comunicazione all’Università Deportiva del Sur, un istituto educativo pubblico nel dipartimento di Cojedes in Venezuela. La crisi lo ha obbligato a lasciare gli studi. “O mangiavi, o studiavi,” mi ha detto.
Appena avrà messo i suoi documenti in regola, la sua intenzione è quella di iscriversi all’Università in Colombia e completare i suoi studi. “Voglio diventare un giornalista,” mi ha detto al telefono. “Proprio come te”.
Profilo dell'autore
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è un giornalista freelance di base a New York, dove ha da poco completato il master in giornalismo della Columbia University.
Approdato al giornalismo dopo un percorso nel volontariato e nella cooperazione allo sviluppo, si interessa di migrazioni, diritti umani e movimenti sociali. Nel curriculum ha un master in studi interculturali, una laurea magistrale in relazioni internazionali e una triennale in traduzione e interpretariato. Oltre al veneto parla cinque lingue, gli piace fare sub e il mojito lo preferisce con l’angostura.