Dal 15 maggio 1948 la popolazione palestinese ha subito un esodo senza precedenti, a seguito della dichiarazione di indipendenza dello Stato di Israele (nato all'indomani della fine del mandato britannico sulla Palestina). Questo evento viene rievocato annualmente nel ricordo della "Nakba", in arabo "catastrofe". Gli arabi espulsi dalle proprie terre sono stati oltre 700mila. Ai discendenti viene negato ancora oggi il diritto al ritorno: circa 4.250.000 persone non possono mettere piede sulla terra dei propri padri. Ma com'era la vita nella Palestina prima della Nakba? Vi proponiamo una gallery (le cui foto sono state prese principalmente, ma non solo, da questa pagina). LEGGI ANCHE: Le bugie più diffuse sulla “questione palestinese”
Molti degli ‘attivisti’ che sono arrivati a Gaza di recente sono alla loro prima esperienza di attivismo e molto spesso sono addirittura al loro primo viaggio all’estero. Non sanno cosa voglia dire lavorare in gruppo, né cosa voglia dire rispettare le culture locali. La frase da imparare a memoria per qualsiasi attivista dovrebbe essere: la Palestina è sempre esistita e continuerà ad esistere anche senza di te. Nessuno è indispensabile. di Roberta Verde Pito è un attivista italiano che attualmente vive a Gaza. È stato nei Territori Occupati nel 2012 con l’International Solidarity Movement e fa parte della Rete Italiana ISM (il gruppo italiano di supporto all’International Solidarity Movement). Il suo percorso ricalca quello di molti altri attivisti: l’adesione a progetti di cooperazione internazionale in altri paesi del mondo, nel suo caso il Nicaragua e l’Ecuador, e poi un graduale avvicinamento…
“I coloni israeliani non ci rubano solo la terra, ma pure il nome del villaggio, la dignità e la vita.” Samir Shtaiwi e Murad Shtaiwi, rispettivamente sindaco e coordinatore dei comitati di resistenza non violenta in Palestina, dal villaggio di Kafr Qaddum. Intervista di Franca Bastianello (Presidente Associazione Restiamo Umani con Vik - Assopace Palestina Venezia) Kafr Qaddum è un villaggio palestinese nella Cisgiordania settentrionale, a 13 chilometri a ovest di Nablus e 17 chilometri a est di Qalqilya; da anni sta lottando per la possibilità di accesso alla strada principale che porta gli abitanti a Nablus. La strada attraversa da sempre i terreni agricoli palestinesi e congiunge il vicino villaggio di Jit (1 km e mezzo) e ovviamente la città palestinese più vicina ed importante Nablus (13 km), ma è…
Siamo a Beita, un villaggio palestinese vicino a Nablus. Il 16 agosto 2013, alle 10 del mattino, le forze di occupazione israeliane lo invadono, bloccandone ogni via di uscita fino alle 19. Con l'uso di proiettili d'acciaio rivestiti di gomma e lacrimogeni, le truppe hanno obbligato gli abitanti ad evacuare il Paese per poter razziare all'interno delle loro abitazioni. Un ragazzino di quattordici anni è stato gravemente ferito ad una gamba, ma gli è stato impedito il trasporto in ospedale. Soccorso dal medico del villaggio, per altro senza mezzi a disposizione, sta rischiando l'amputazione dell'arto. Al suo arrivo in ospedale, in tarda notte, l'infezione si era già diffusa. I genitori non hanno voluto darci il suo nome, ma ci hanno detto che ringraziano Dio che almeno il loro figlio è vivo.…
Muhammad è un ragazzino palestinese. Si trovava al checkpoint di al-Hamra - a est di Nablus - quando è stato morso da un serpente, perdendo i sensi. Il padre, Tareq Abu Aoun, ha chiesto ai soldati il permesso di lasciarlo passare e di chiamare un'ambulanza. I militari, sostenendo che stessero ostacolando il passaggio, si sono rifiutati di farli andare oltre e li hanno scacciati dalla fila. Lo ha riportato l'agenzia palestinese Ma'an News. Un'ambulanza della Mezzaluna Rossa Palestinese, dopo ben un'ora e mezza di attesa, è riuscita a raggiungere l'area e a trasportare il ragazzino all'ospedale di Rafida. Tra le sonore risate dei militari, stando alla testimonianza del padre. Ora Muhammad è in condizioni critiche; il padre ha ucciso il serpente e lo ha portato in ospedale, in modo che i…