“Sta per piovere”, i nuovi italiani nel film di Haider Rashid

di Arbër Agalliu

Il tema delle Seconde Generazioni riguarda oggigiorno almeno un milione di giovani residenti in Italia. Sono ragazzi nati o cresciuti nel Belpaese che hanno scelto di crearsi una vita e progettare il loro futuro in Italia. Sono gli stessi giovani che vengono rappresentati nel film del regista italoiracheno Haider Rashid. Si tratta di ragazzi che ogni giorno sono costretti a lottare contro le leggi obsolete di questo Paese. Le stesse leggi che non tengono conto del progresso della società e dell’elevato numero degli immigrati in Italia, in particolar modo le leggi sulla cittadinanza le quali non vengono riviste dal 1992.

Permessi di soggiorno, espulsioni e rimpatri, sono i temi principali del film “Sta per piovere” che il 12 febbraio scorso è stato presentato al Teatro Puccini di Firenze, davanti ad almeno seicento fiorentini, figli d’immigrati e non, riscuotendo un grandissimo successo nella città di Dante. A causa del “tutto esaurito”, almeno cinquanta persone sono dovute rimanere al di fuori del teatro non potendo prendere parte alla presentazione della pellicola che uscirà nei grandi schermi a metà aprile. Ad aprire la serata con la presentazione del film, insieme ad altri ospiti, è stato il portavoce delle Seconde Generazioni Khalid Chaouki, candidato alla Camera dei Deputati, nonché Responsabile Nazionale Nuovi Italiani (PD).

Alla fine del film, durante il rinfresco, abbiamo avuto il piacere di confrontarci con Khalid e Rashid sul tema delle Seconde Generazioni ed abbiamo colto l’occasione per porre loro alcune domande.

Haider Rashid, da chi ha preso spunto per girare il suo nuovo film “Sta per piovere”?

“Dalle storie di tanti ragazzi, i quali subiscono questo diritto negato della cittadinanza. Ci sono molti lati che si possono definire autobiografici,  specialmente dal punto di vista della questione dell’identità”.

Quanto si rispecchia nel protagonista del film?

Per fortuna non ho avuto problemi per i documenti, ma dal punto di vista dell’identità mi rispecchio moltissimo. Esattamente come il protagonista Said, anch’io verso l’adolescenza ho cominciato a chiedermi quale fosse casa mia?! Poi crescendo, diventava sempre più difficile trovare una risposta a questa domanda, finché ho capito di far parte di due culture trasmesse dai miei genitori, le quali mi hanno arricchito parecchio”.

Nel film si parla di ragazzi di Seconda Generazione, in  questo Paese attualmente ci sono circa un milione di giovani stranieri, secondo lei l’Italia è pronta a riconoscerli come nuovi italiani o verranno considerati immigrati ancora per molto?

“L’Italia deve essere pronta, questo è fondamentale per il rinnovamento culturale che deve avvenire in Italia, il quale lo aspettiamo da anni. Le Seconde Generazioni possono portare una ventata di aria fresca, non solo dal punto di vista culturale, ma anche per quanto riguarda la visione del mondo, perché essere di due culture significa avere qualcosa in più non in meno”.

Si sarebbe aspettato una sala stracolma come quella di stasera per la presentazione del suo film?

“Beh gioco in casa. Ci speravamo perché abbiamo lavorato tanto per far si che quest’anteprima  procedesse nel migliore dei modi. Siamo riusciti a riempire il Teatro Puccini qua a Firenze, ma speriamo di fare altrettanto nelle sale  nazionali quando uscirà il film ad aprile, sarebbe un ottimo risultato ed un ottimo segnale per quanto riguarda l’argomento trattato ne film”.

Si aspetta un qualche cambiamento dopo l’uscita di “Sta per piovere”? O come spesso succede in questo Paese, gli argomenti delicati vengono accantonati?

“Qualche mese fa avrei pensato che questo argomento sarebbe stato accantonato. Oggigiorno non si parla più di immigrazione giusto per racimolare qualche voto in qua e là come è sempre stato fatto fino ad ora, adesso invece si parla di Seconde Generazioni perché abbiamo capito che è un cambiamento fondamentale per la nostra società. Credo che questo film possa servire a contribuire a questo cambiamento”.

Khalid Chaouki, lei da anni rappresenta la voce dei ragazzi di Seconda Generazione, l’Italia secondo lei è pronta a riconoscere questi giovani come suoi futuri cittadini?

“L’Italia sicuramente non è tutta pronta oggi, ma deve trovare le forze per poterlo fare il più presto possibile, perché la realtà dei nuovi italiani ormai è talmente diffusa nella società che non è accettabile negare il problema e credo sinceramente che ci troviamo ad un buon punto rispetto al passato. Oggi bisogna fare assolutamente la riforma della legge, affinché si possa sbloccare di fatto una serie di discriminazioni per dare la possibilità anche ai figli degli immigrati, di potersi finalmente misurarsi alla pari con i loro coetanei, questo aiuterebbe anche molti italiani a rendersi conto di quanto ormai l’Italia è cambiata, vedendosi appunto di fronte un giornalista, piuttosto che un avvocato, un medico e tante altre professioni che oggi vengono negate ai figli degli immigrati in particolare”.

Questo film può essere uno spunto per far riflettere la società in cui viviamo e la classe politica sul tema delle Seconde Generazioni?

“Non basta la legge, il film è fondamentale. Servirà un affiancamento a livello culturale, bisogna far ragionare le persone attraverso la musica, il cinema, attraverso l’arte, per far capire all’Italia che è giunta l’ora per guardarsi dentro affinché si possa guardare al futuro, per essere alla pari di quelle che sono le realtà normali in Europa o negli Stati Uniti. Quindi il film può essere un ottimo stimolo per ragionare su questa nuova Italia”.

Dopo gli attacchi di stampo razziale che ha subito nei vari social network, si sente più forte nella lotta per quanto riguarda i diritti delle G2?

“Sicuramente mi sento molto più forte ma nello stesso tempo mi sento anche un po’ sconsolato, perché in tutti questi anni non pensavo si potesse arrivare addirittura a questa cattiveria e a questo odio espresso, secondo me è un campanello d’allarme che deve farci riflettere e deve far riflettere l’Italia che ad oggi ha catalogato troppo spesso atti di razzismo e di discriminazione come semplici atti di bullismo. Bisogna essere più severi nella lotta alle discriminazioni e soprattutto avere una legislazione che punisca fino in fondo chi oggi compie questi atti”.

Durante la sua campagna elettorale, ha mai subito attacchi di stampo razziale?O questo fenomeno si è manifestato solamente in rete sui social network?

“Ci sono stati alcuni episodi di confronti duri, anche se devo ammettere che pubblicamente, “vis a vis”, non c’è tutto questo coraggio e quindi si tende a trovare argomentazioni, si tende a protestare in modo generico, non c’è la possibilità di un confronto reale sui temi.

Nel mio partito c’è più consapevolezza rispetto al passato e questo fa sì che il cerchio di chi sostiene questa battaglia si allarghi piano piano. Non devono essere solo gli immigrati o i figli degli immigrati che si battono per questi diritti, ma devono essere sempre una fascia più ampia d’italiani, speriamo sia così anche nel futuro Parlamento”.


Profilo dell'autore

Arber Agalliu
Odio ripetere il mio nome due volte quando mi presento agli altri, come odio rispondere a chi mi domandano se mi trovo meglio in Italia o in Albania. Io mi sento un italiano albanese a Firenze, ed un albanese italiano a Tirana.

Tra le varie collaborazioni in Italia ed in Albania c'è anche quella con ToscanaTv. All'interno del programma "Toscana senza frontiere" riporto la bella faccia dell'immigrazione, attraverso reportage e interviste da me realizzate.

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