Intervista e foto di Monica Ranieri
Storie di Sud, quel Sud “sempre depredato, sempre derubato, sempre saccheggiato e sempre abbandonato a se stesso”, ma Sud da conoscere e di cui, e in cui, non avere paura. Storie che hanno ispirato l’ultimo progetto artistico di Fiorella Mannoia e che l’hanno portata a conoscere meglio l’ Africa, attraverso una grande passione per la figura del presidente del Burkina Faso Thomas Sankara, e ad impegnarsi nel sostenere, come madrina e parte dell’organizzazione, l’ Undicesima Edizione del Festival Ottobre Africano, che dal 6 al 27 ottobre propone un ricco programma di eventi culturali tra Parma, Reggio Emilia, Milano e Roma. E proprio a Roma Fiorella Mannoia, dopo aver partecipato ieri alla conferenza stampa per la presentazione del Festival, tornerà lunedì 21 ottobre, quando, presso la Casa delle Letterature, parlerà di “Arte come mezzo di cambiamento sociale” insieme a Gabin Dabirè e Odile Sankara.
Se la conoscenza del Sud per Fiorella è partita dallo choc della lettura del libro di Primo Aprile “Terroni”, la vera rivelazione è giunta con la conoscenza della figura di Sankara: “il libro di Aprile mi ha scioccato, mi ha fatto riflettere sulla condizione del sud del mondo in generale, che stranamente condivide lo stesso destino, e i discorsi di Sankara, sapere di un uomo che si è spogliato di ogni avere, che riceveva i capi dei governi stranieri sotto gli alberi perché diceva che quella era la vera Africa e loro quello avrebbero dovuto vedere, sapere che quando è morto ha lasciato una chitarra, due bauli di libri e nient’altro questo ha riacceso in me la passione per la politica”.
Come nasce la tua partecipazione all’Ottobre africano?
Il mio avvicinamento all’Africa viene da questo mio progetto, un disco che si chiama “Sud”, in cui ho raccolto canzoni sul Sud in generale: quando ho deciso di fare questo disco ho chiamato Gabin Dabirè, un musicista africano che vive da quarant’anni nel nostro paese, l’ho contattato per confrontarmi con lui e sapere quali erano i musicisti che secondo lui avrei dovuto chiamare per aiutarmi in questo progetto. Dalle nostre “chiacchiere” è emersa la storia di Sankara, che non conoscevo. Quello è stato il mio primo avvicinamento e i racconti di Gabin hanno modificato la mia visione dell’Africa, anzi, mi hanno aperto le porte dell’Africa.
Quel era invece la visione che ne avevi prima?
La visione che ne hanno tutti, superficiale, non conoscevo niente dell’ Africa in realtà, della sua cultura, non conoscevo Thomas Sankara, conoscevo Nelson Mandela, ma perché è il personaggio più famoso, e notizie superficiali come sono superficiali le notizie che ci arrivano, se non quando sono pilotate. Conoscevo poco e attraverso il racconto di Gabin su Sankara, libri su di lui e ricerche, mi sono talmente appassionata a quest’uomo che ho cominciato a saperne di più sull’Africa in generale: se parti da Sankara, capisci, quando parla di debito, ad esempio, capisci e ti vai a domandare perché il debito, perché ha un debito, a chi lo deve pagare, alla Francia, perché? E allora da lì, dalla parola debito vengono un sacco di diramazioni. E cominci a capire, anche attraverso altre conoscenze. Sempre parlando di Sud, ma del Sudamerica, ho letto un libro straordinario, “Le vene aperte dell’ America Latina” di Eduardo Galeano, che è in questo momento credo il mio scrittore preferito vivente: anche lì si sono aperte le porte della verità, su quello che l’ Occidente ha fatto sia in America Latina che in Africa, l’Europa prima, gli Stati Uniti dopo. Poi quando entri in contatto con la verità i parametri cambiano e gli orizzonti si allargano e a quel punto conosci figure come Saro-Wiwa, assassinato insieme agli altri attivisti per aver contrastato le trivellazioni della Shell, la Shell ha anche patteggiato per cui in parte riconoscendosi responsabile di quelle morti. Poi sono andata in Africa, sono stata insignita dell’onorificenza del Cavaliere del Panafricanismo in Benin proprio per la mia divulgazione per la figura di Sankara, sono andata con Amref in Kenya, sto collaborando ancora con Amref, ormai sono legata a doppio filo.
Come hai vissuto il momento della premiazione in Benin?
Sono stata ad Ouidah, in Benin, purtroppo solo per due giorni, ma ci sarei andata anche se avessi avuto a disposizione solo 24 ore perché ci tenevo molto e ne sono rimasta emozionata. Credo sia stata l’onorificenza più bella che io abbia mai ricevuto perché sapere che quello che hai fatto in un altro paese per un uomo come Sankara è arrivato fino nel Benin dimostra che aveva proprio ragione lui quando diceva che le idee non si uccidono, passano di bocca in bocca e possono arrivare anche da una cantante italiana con i capelli rossi che parla di un presidente africano assassinato.
Come è nata poi la collaborazione con Cleophas Adrien Dioma?
Sempre tramite Gabin lo scorso anno è venuta in Italia la sorella di Sankara, Odile, alla quale hanno raccontato la mia passione, il mio impegno per la divulgazione di questa figura, e ci siamo incontrati in questa occasione. Da quella volta io e Odile siamo diventate amiche, ci chiamiamo sorelle, poi quest’anno è arrivata anche Blandine, l’altra sorella di Sankara, e ho conosciuto anche lei. E Cleo mi ha chiesto se volevo essere madrina di quest’ ottobre africano e mi ha proposto di provare a portarlo a Roma. Quest’anno siamo partiti tardi, però abbiamo gettato le basi, se dovesse arrivare qualche finanziamento il nostro progetto è quello di organizzare per l’anno prossimo almeno una tre giorni di conoscenza qui a Roma, a cui conto di invitare musicisti stranieri, anche l’Orchestra di Piazza Vittorio che è proprio l’esempio più eclatante di come le culture si possono integrare, e poi Gabin, musicisti e ballerini nostri e loro, mi piacerebbe che le due cose potessero unirsi. Mi piacerebbe anche organizzare qualcosa intorno al cibo, con chef africani e italiani di modo che le persone si sentano anche incuriosite nell’assaporare cucine provenienti da paesi che non conoscono, accendere la curiosità. La curiosità di sapere chi è l’ “altro” che ci sta intorno secondo me abbatte anche le paure.
La paura. In conferenza stampa hai parlato della strategia della paura che divide e del ruolo dell’artista nel cercare di andare oltre questa paura.
Credo che la paura sia indotta, avere paura non è un sentimento di cui vergognarsi, io lo capisco, ma è l’alimentare le paure che diventa criminale ed è questo che non perdono ad alcuni esponenti della Lega, perché questo si chiama terrorismo: si fa terrorismo anche con le parole, non solo con le armi, perché poi le parole si tramutano in armi come è successo a Firenze, come è successo ultimamente a Napoli. Le parole sono importanti e fanno male, per cui cavalcare la paura per fini elettorali, quello è criminale. Si approfitta di un momento in cui gli italiani sono preoccupati per il proprio futuro, ed è da capire e non li biasimo, ma non devono prendersela con gli stranieri quanto piuttosto con chi non è stato capace di tirare fuori questo paese dalla corruzione, perché è questo il nostro problema, questo non è un paese in crisi, è un paese corrotto. Allora anziché prendersela con lo straniero dovresti prendertela insieme allo straniero, andare a reclamare i propri diritti uniti, non divisi, perché tanto la società multietnica sarà il nostro futuro, è inutile mettersi di traverso, non porta a niente. Allora quando la gente mi rimprovera di pensare agli africani, e non agli italiani, rispondo che ho il dovere di trasmettere le mie idee, che sono idee di amore e di fratellanza, questo è il mio dovere, ed il dovere, credo, di politici, di sacerdoti, il dovere di tutti quelli che hanno a che fare con il pubblico. Il mio dovere è trasmettere pace. La paura nasce quando tu non capisci e non ti metti nei panni dell’altro, e non riesci a capire, anche a voler capire, il perché sono arrivati qui, perché stanno qui: ma stanno qui per i nostri telefonini, per le nostre scarpe, per il nostro petrolio, per la nostra acqua. Stanno qui per il nostro benessere, perché sono stati sfruttati a casa loro per portare benessere a noi e c’è gente che ancora sta sfruttando indisturbata sotto gli occhi di tutto il mondo, sono là a portargli via sementi e risorse, trivellando, inquinando. Indisturbati perché nessun governo pone un freno. Attraverso la comunicazione ufficiale tutte queste cose non emergono, te le devi andare a cercare. La cosa che può salvarci è la conoscenza, mentre l’ignoranza genera paura, diffidenza.
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