Noi iracheni, l’ISIS e i complici del massacro

Jadoa è un giovane medico di Baghdad. Ci ha raccontato le paure del suo popolo e gli interessi in gioco dopo l’avanzata qaedista verso il sud del Paese.

Miliziani dell’ISIS

Due giorni fa le brigate dell’ISIS hanno occupato al-Mawsil (Mosul). Come hanno dato la notizia i media iracheni?
Ho saputo dalla radio dell’occupazione della seconda città dell’Iraq. I media non sanno cosa dire. Per alcuni questi combattenti sono ribelli, ma ribelli non sono. Per altri si tratta invece di “milizie islamiche”: non chiamiateli musulmani, ma non c’è niente di più lontano dall’Islam. Altri media diffondono l’idea che il premier al-Maliki sia in pieno controllo della situazione, cosa assolutamente non vera.

Una piccola sfollata di Mosul. Sono 500mila i cittadini che sono dovuti fuggire

Tu sei a 352 km da Mosul. Qual è l’atmosfera che percepisci tra gli abitanti di Baghdad?
In città siamo abituati ad attacchi suicidi con frequenza quasi quotidiana, vivevamo nella paura già prima dell’avanzata di questi fanatici. Quanto avvenuto nei giorni scorsi ha causato mezzo milione di sfollati e i miei concittadini hanno ormai superato la soglia del terrore. È addirittura iniziata la corsa ai supermercati per prepararsi al peggio. Ma la caduta di Mosul non ha segnato l’inizio di un nuovo, devastante, periodo. È parte dei giochi tra potenze.

Cosa intendi?
Molti di questi miliziani – che in nessun modo rappresentano l’Islam né i musulmani – sono al soldo delle potenze straniere. E faranno i loro interessi. Solo una piccola parte è composta da locali che, pensando di proteggere la zona in cui vivono, finiscono inconsapevolmente per lottare contro i propri interessi. È un “gioco” tra Iran e Usa; in mezzo c’è al-Maliki, che trarrà beneficio da tutto questo guadagnando consensi tra la popolazione sciita. In alcune zone il governo di al-Maliki ha permesso che questi estremisti facessero il proprio comodo, ma altrove la situazione è sfuggita di mano e il governo ha effettivamente perso il controllo del territorio.

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La presenza di ISIS tra Siria e Iraq

Il premier al-Maliki ha dichiarato di voler combattere il terrorismo con ogni metodo. Anche fornendo armi a ‘volontari’.
Al-Maliki darà armi ai civili e ci sarà spargimento di sangue. Ovunque. E lui, emanando leggi di emergenza, avrà la possibilità di avere nuovamente tutta la nazione sotto il suo controllo. Nessuno pensa a proteggere i civili, né al-Maliki né tantomeno l’ISIS. A volte è persino accaduto che l’esercito e l’ISIS abbiano collaborato apertamente. Ciò che interessa a loro è realizzare i piani iraniani e statunitensi, nulla di più. Che Dio ci aiuti.

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Profilo dell'autore

Valerio Evangelista
Valerio Evangelista
Dal suo Abruzzo ha ereditato la giusta unione tra indole marinara e spirito montanaro. Su Frontiere, di cui è co-fondatore, scrive di diritti umani e religioni.
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