Libia. Tobruk e Nazioni Unite, cronaca recente di un dissenso non definitivo

di Alessandro Pagano Dritto.

(Twitter: @paganodritto)

 

Al momento di pubblicare questo articolo, mancano pochissime ore al termine della scadenza imposta dalle Nazioni Unite per l’approvazione delle proposte di accordo e di governo unitario: la mezzanotte del 20 ottobre 2015. Il 19 ottobre il parlamento internazionalmente riconosciuto ha svelato tutta la propria incertezza nei confronti dell’uno e dell’altro.

Nessuna delle due realtà politiche libiche si è ancora espressa ufficialmente e in modo unitario sulle questioni, ma le riserve verso il Palazzo di Vetro sembrano quindi acquisire da ambo le parti sempre maggior peso e visibilità.

 

 

Nella tarda serata del 19 ottobre 2015 la giornalista della BBC Rana Jawad testimoniava la confusione che sembrava pervenire in quei momenti dalla Libia e in particolare da Tobruk – o meglio da al Baida, sede della camera – dove il parlamento internazionalmente riconosciuto della House of Representatives (Casa dei Rappresentanti, HOR) si riuniva per discutere, e – si presupponeva – anche deliberare sul testo dell’accordo e sulle proposte di governo unitario avanzate l’8 ottobre dal rappresentante delle Nazioni Unite in Libia Bernardino Leon.

 

19 ottobre 2015: HOR, una seduta confusa.

In un primo momento si era diffusa in serata la notizia che la camera avesse semplicemente rifiutato entrambe le cose: il testo come le proposte.

 

 

Poi però, man mano che i dettagli trapelavano e i singoli parlamentari della HOR venivano intervistati dai diversi organi di informazione locali e internazionali, il quadro sembrava farsi più sfumato e diverse versioni, forse complementari, venivano proposte all’attenzione del pubblico.

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Poco dopo le 21.00 il parlamentare Fariha Khudhairi sosteneva che non vi fosse stato alcun voto e circa un’ora dopo il collega di camera Ziad Daghim sosteneva che un gruppo di parlamentari si sarebbe «ripetutamente» rifiutato di votare e avrebbe quindi ostacolato la procedura.

 

 

Un articolo del Libya Herald che ricostruisce, aggiornandola, la vicenda, sostiene che un gruppo di 70 deputati su 135 presenti in aula intendano prendere ufficialmente le distanze dall’esito della seduta.

Una versione dei fatti, infine, riguarda anche il presidente della camera Ageela Saleh, il quale avrebbe chiesto un ritorno a una bozza precedente. Secondo quanto raccolto dalla Reuters, l’uomo si sarebbe presentato per leggere un comunicato e poi se ne sarebbe andato; proprio sulla sua proposta sarebbe sorto il rifiuto, secondo quanto detto sopra, di votare. Volendo integrare questa versione con quanto sostenuto dal Ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni – l’Italia è uno dei paesi più attenti alla questione libica -, Ageela Saleh avrebbe invece «deciso di non sottoporre la proposta al voto della Camera dei Rappresentanti», il che avrebbe reso la seduta – pare di poter dedurre – una sorta di consultazione. Nel resoconto dell’agenzia britannica, comunque, il portavoce della camera orientale sostiene che «nella sessione di oggi la maggioranza dei componenti della HOR ha respinto la proposta di governo unitario avanzata dalle Nazioni Unite e ha richiesto che si continui il dialogo di pace».

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Sembra quindi, all’attuale stato delle conoscenze, che si possa affermare che la HOR non avrebbe votato negativamente, ma piuttosto non sarebbe per qualche motivo riuscita a esprimersi in modo definitivo esprimendo comunque un parere in parte negativo.

 

Motivi del dissenso e proposte alternative.

L’articolo del Libya Herald mette bene in evidenza i motivi del dissenso della camera orientale nei confronti delle Nazioni Unite e dell’oggetto di voto: «oltre a cambiare i componenti della delegazione ai negoziati, sembra che la HOR abbia rifiutato i nomi per la Presidenza del Consiglio (il Primo Ministro, i tre vice primi ministri e i due ministri), così come le proposte di Leon secondo cui Abdul Rahman Sewehli presiedesse lo State Council e Fathi Bashagha il Consiglio di Sicurezza. Inoltre dovrebbero esserci due vice primi ministri così come concordato nella bozza dell’11 luglio e non tre, come cambiato da Leon».

Il giornalista dell’Associated Press Rami Musa, che cita a proposito un portavoce del governo, aggiunge anche che uno dei motivi di dissenso di Tobruk risiederebbe nel «rifiuto [delle Nazioni Unite] di escludere gli emendamenti aggiunti dalle autorità islamiste [di Tripoli] senza il suo consenso». Ancora il Libya Herald riportava pochi giorni fa di un gruppo di parlamentari della HOR che non avrebbe accettato la rimozione del Generale Khalifa Hafter, attuale Capo delle Forze armate orientali, per alcun motivo; questo quando invece l’ultima bozza ufficiosamente pubblicata prevede ampi stravolgimenti nei vertici militari del futuro apparato unitario, stravolgimenti che potrebbero facilmente colpire il Generale inviso agli ambienti di Tripoli.

Come già per il General National Council (Consiglio Generale Nazionale, GNC) di Tripoli, la cui Commissione Politica si era espressa il 18 ottobre lasciando capire di opporsi alle richieste di approvazione delle Nazioni Unite, ma non alla necessità di un dialogo mediato dalle stesse, allo stesso modo si è comportata il giorno seguente la HOR. Diversamente dal GNC, però, che citava nell’occasione una risoluzione delle Nazioni Unite, il parlamento orientale sembra aver scelto, come una delle opzioni, un più preciso punto di riferimento: la bozza di accordo da lei siglata a Skhirat l’11 luglio 2015 e mai accettata, invece, dalle autorità di Tripoli. Un’altra opzione potrebbe essere quella di procedere ad ulteriori emendamenti; cosa attualmente esclusa, però, dalle Nazioni Unite.

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Profilo dell'autore

Alessandro Pagano Dritto
Il primo amore è stato la letteratura, leggo e scrivo da che ne ho memoria. Poi sono arrivati la storia e il mondo, con la loro infinita varietà e con le loro infinite diversità. Gli eventi del 2011 mi lasciano innamorato della Libia: da allora ne seguo il dopoguerra e le persone che lo vivono, cercando di capire questo Paese e la sua strada.

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